È sempre più Stato di Crisi, le istituzioni non possono ignorarlo. È ora che il Paese reagisca
A dicembre 2025 l’agricoltura italiana è di fronte a una crisi senza precedenti. Non esiste azienda agricola che, guardando i propri conti, possa dire che “va tutto bene”. I prezzi alla produzione di latte, grano, olio, frutta e ortaggi sono ai minimi storici e non coprono più i costi di produzione, mentre politica e media continuano a raccontare valore aggiunto, eccellenze e numeri positivi di export che in realtà non si traducono in reddito reale per chi lavora la terra.
IL COLLASSO DEL LATTE E DELL’OLIO: LA CRUDELTÀ DEI NUMERI
Il settore lattiero-caseario è uno degli esempi più drammatici, certificato dai dati freschissimi. L’ultima rilevazione CLAL del Lunedì 15 Dicembre 2025 mostra il Latte crudo spot nazionale crollare in una settimana con una variazione del -10,4%. Il prezzo minimo è precipitato a 37,50 €/100 kg (ovvero 0,375 €/litro), con un massimo di 40,00 €/100 kg. Questo valore è ben al di sotto di qualsiasi costo di produzione sostenibile per l’allevatore e certifica che ogni litro venduto oggi genera una perdita secca, trasformando l’allevamento in un’attività economicamente insostenibile. Analogamente, il prezzo del suino da macello pesante crolla di oltre il -12% rispetto all’anno precedente, strangolando la liquidità delle aziende di allevamento.
L’Olio Extravergine d’Oliva, fiore all’occhiello del Made in Italy, non è immune. Le ultime quotazioni da Bari (08-12-25) mostrano l’Olio Extravergine (n.s.) e l’Olio DOP “Terra di Bari” entrambi attestarsi a 6,65 €/kg, registrando un calo settimanale del -5,0%. Nonostante la qualità e la reputazione internazionale, il prezzo scende, pressato da importazioni record, aumentate del 78% in un anno, che comprimono i listini e impediscono agli olivicoltori di coprire i costi reali di raccolta, frangitura e certificazione.
CEREALI SOTTO LA SOGLIA DI RESA E RISCHIO STRUTTURALE
Il grano duro, simbolo della pasta italiana, registra quotazioni che restano drammaticamente insufficienti. Aggiornamento mercoledì 10 dicembre 2025 — Borsa Merci di Foggia: il grano duro Fino resta stabile tra 285 e 290 €/t. Rispetto alla stessa data del 2024 il calo è di 32 €/t (-9,94%), rispetto a due anni fa -24,68% (-95 €/t) e rispetto al 2022 la perdita supera il -43,69% (-225 €/t). Questi dati confermano la tendenza drammatica: con i costi di semina, raccolta e logistica che si attestano tra i 303 e i 318 €/t, la filiera cerealicola non garantisce reddito ai produttori. Anche il riso, con varietà diffuse come il Gallo, perde oltre il 5% rispetto a dicembre 2024, confermando l’assenza di redditività.
ORTOFRUTTA E IL DRAMMA DEGLI INDICI NEGATIVI
Anche frutta e ortaggi confermano la drammaticità della situazione. L’indice aggregato degli ortaggi segna un crollo tendenziale del -29,2% su base annua: zucchine, cetrioli e molti prodotti freschi vengono venduti all’origine a prezzi spesso inferiori a 1 €/kg, mentre l’uva da tavola può scendere fino a 0,50-0,60 €/kg. Numeri che non remunerano il lavoro agricolo e che spingono sempre più aziende verso l’abbandono delle colture.
IL NODO DELLA CRISI STRUTTURALE
La causa di questa tragedia è semplice e drammatica: mentre i prezzi alla produzione crollano a causa della concorrenza sleale (Latte a 37,50 €/100 kg, Olio in ribasso del 5,0%), i costi per produrre non scendono. L’indice dei mezzi tecnici agricoli (ISMEA) si mantiene ostinatamente alto a 145,26 (base 2010=100), segnalando che energia, concimi e mangimi continuano a drenare risorse. Il sistema di mercato, sostenuto da importazioni low-cost incontrollate e da filiere che ignorano le norme sul sottocosto, ha smesso di remunerare chi produce il cibo.
Questa non è una fluttuazione stagionale: è una crisi strutturale, sistemica, che mina la sopravvivenza stessa delle aziende agricole italiane.
Non possiamo più tacere. È urgente ribaltare la narrazione ufficiale: l’agricoltura italiana non è in ripresa, è in ginocchio. La dignità dei produttori e il futuro del Made in Italy passano da una sola misura imprescindibile: garantire prezzi alla produzione che coprano i costi reali, permettendo a chi produce di vivere e lavorare senza perdere denaro ogni giorno.









