Ad Altomonte, piccolo borgo della Calabria con una bella tradizione di cultura e apertura mentale e con un Festival giunto ormai alla XXXVI (trentaseiesima!!!) edizione, era stato programmato per questa sera lo spettacolo di Vladimir Luxuria. Avrebbe portato in scena la storia vera di Fernanda Farias de Albuquerque (la “Princesa” della canzone di De Andrè).
Il testo di Prinçesa trae ispirazione da una storia realmente accaduta, la vicenda narra della vita di una nota transessuale brasiliana: Fernanda Farias de Albuquerque. De André venne a conoscenza di questa vicenda grazie a Renato Curcio, compagno di cella di Maurizio Jannelli.
La canzone si ispira all’omonimo romanzo scritto proprio dall’ex-brigatista Maurizio Iannelli a partire dal racconto della transgender brasiliana Fernanda Farias de Albuquerque, all’epoca sua compagna di cella nel carcere romano di Rebibbia. Il significato del testo risulta semplice conoscendo questa chiave di lettura: Prinçesa non è altro che il racconto della metamorfosi sia interiore che fisica che Fernandinho percorre per diventare Fernanda. Fernanda venne poi espulsa dall’Italia e rimpatriata in Brasile. Morì suicida nel 2000.
Faber, a proposito di questa canzone scrisse:
Un esempio classico [di minoranze perseguitate] sono gli individui che nascono con caratteristiche esteriori appartenenti a un sesso che non corrisponde alla loro identità più profonda. Ne parlo nella canzone ‘Princesa’ che ho tratto da uno splendido romanzo di Maurizio Iannelli e Fernanda Farias.
Bene, per quanto la storia fosse stata pubblicizzata, alla fine ad Altomonte hanno avuto paura che su quel palco potesse accadere qualcosa di “poco ortodosso” per usare un eufemismo. E ad Altomonte il sindaco si chiama Giampietro Coppola ma il suo indiscusso capo politico è Gianluca Gallo, assessore regionale della giunta Occhiuto formata da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. E in molti, anzi diciamo anche moltissimi, pensano che la decisione di annullare lo spettacolo di Luxuria sia stata una triste e squallida vicenda di discriminazione e omofobia. Con l’aggravante di aver prima pubblicizzato lo spettacolo e poi di essersi “pentiti”: la classica avanzata francese e ritirata spagnola.
La vicenda a molti ha fatto venire in mente la seconda serata del Festival di Sanremo 2022 e la performance di Checco Zalone, che aveva fatto “irruzione” all’Ariston spiazzando tutti con una “scorrettissima” digressione che coinvolgeva anche la Calabria. Impossibile non ricordarla oggi alla luce di quanto accade per Luxuria e la sua Princesa.
Checco Zalone a Sanremo era stato geniale e spiazzante come sempre, anche se “dirottato” in una platea che non gli è proprio congeniale. E aveva scelto di ambientare la prima performance della sua serata in un villaggio della Calabria.
La storia di Zalone era una sorta di remake della vecchia Cenerentola e narrava di un principe 40enne gay che si innamorava di Oreste, un trans brasiliano conosciuto al ballo organizzato dal padre, un re omofobo – ovviamente calabrese – che di notte però mascherato va a trans (lo apprenderemo dopo…) e che intende far maritare il figlio con una donna “vera”.
“I tempi stanno cambiando – aveva detto Zalone rivolgendosi ad Amadeus – certo i pregiudizi non possono essere scrostati via dalle nostre coscienze con un detersivo anche perché mica tutti sono donne… (l’hai pensato, dì la verità…). Possiamo però rivolgerci alle nuove generazioni insegnando loro che l’amore è universale e non è solo tra uomo e donna, Amadeus e altri feticismi…”. E così partiva la fiaba. “Una fiaba narrata in Calabria, piena di luoghi bellissimi e di bella gente, così anche al Sud sono contenti e non si possono offendere… sti terroni”. A questo punto, accompagnato da Amadeus, voce narrante al leggio, Checco racconta la sua storia Lgbtq ambientata in Calabria.
Scroscio di risate sulle battute fatte in calabrese, un misto tra reggino, vibonese e crotonese. “Figghiu miu… tuo patre si dispera, hai 40 anni e non hai a mugghiera…”; “Papinu beddru, non punirmi con la frusta… non trovai a zita giusta…”. “E tra mille fimmini di Cutro, di Vibo e di Riace non trovasti nu cazzu i ‘sticchiu ca ti piace?“. L’ultima battuta la capiscono in pochi ma tra questi c’è Amadeus che lo guarda e scoppia a ridere e Zalone, quasi trasognato: “Ho esagerato, è troppo?”… Si va avanti, il re adesso sta cercando la “fimmina” da dare al figlio e apre le “selezioni” per il ballo.
“Fimmine calabre di tutto il regno, il re vi dona un sogno al gran ballo tutte v’aspetta, vi raccomando la ceretta”. Oreste do Brazil vorrebbe tanto partecipare al ballo in quel castello ma non è neanche “depilada”. Ed ecco che arriva la svolta da una nuvola argentata. “Sono Fiorenza, la fata di Cosenza. Vengo dai cieli, porto carrozze e tolgo peli”. Ed è proprio la fata di Cosenza che depila completamente Oreste il trans (“così liscia io mai vista ma sei una fata o un’estetista?”) e lo prepara per il ballo, intimandogli di tornare entro mezzanotte se no gli ricrescono i pili e u pomo d’Adamu… Ovviamente Oreste “strega” il principe ma deve andare via: “Sono le 11,58 e non so che accade sotto…”.
E così, quando il re capisce chi è la “prescelta” si incazza (“‘c’ho un figlio pervertito… ma veramente come sposa mi porti questa cosa?”) e fa incazzare anche Oreste, che in realtà lo conosce benissimo: “Re indignato ti ho sgamato, sei un cliente affezionato, che arriva mascherato nella strada fredda e buia e ci piace con la ‘nduja”, per poi correggere il tiro “… arrivi mascherato nella strada dissestata e ci piace ‘a soppressata”.
Fino alla fatidica fine della storia con tanto di proposito suicida del principe finito in burletta con la voce di Oreste… “E’ finita, io mi ammazzo… solamente perché ho il c….”. Il pubblico dell’Ariston applaude e sorride ma il meglio deve ancora venire.
Zalone, dopo la narrazione in prosa, ha cantato la storia Lgbtq tutta calabrese dal pianoforte dell’Ariston sulle note dell’immortale “Almeno tu nell’universo” della calabresissima Mimì Berté (in arte Mia Martini), suscitando questa volta largamente l’ilarità del pubblico con l’intento, del resto già palesato nel prologo, del voler far riflettere sui diversi modi di amare.
IO MO’ SAREI ‘U DIVERSO… CHE IPOCRISIA NELL’UNIVERSO
Sao, c’è gente strana… che vuole a fragola e a banana
viene da me continuamente, poi dopo un po’ si pente e non è più cliente
ma poi torna daccapo… chiediglielo a Lapo…
Sao, la gente è colta e la prima che si volta c’è un professao di storia greca
che la mattina spiega e la sera poi si piega e vuole che gli dico “Sporcaccione, fammi mau…” in greco antico…
Io mo’ sarei ‘u diverso… che ipocrisia nell’universo
di me si sa che io sono metà e metà si è vero ma tu sei un coglione intero e per questo pagherai di più…
Poi il finale. “Qualcuno si sarà offeso e se ci saranno denunce, querele, interrogazioni parlamentari – afferma Zalone – il “foro” di competenza è quello di Amadeus”.
Da calabresi ci siamo sentiti onorati dell’attenzione di Checco Zalone e ancora più onorati dalla splendida rilettura del successo sempreverde della nostra Mimì. Zalone è un comico geniale che sa dove e quando colpire e non è mai banale come tanti altri che vengono considerati molto più di lui. E ci fa piacere che spesso pensi alla Calabria.
Due anni fa commentavamo: “… Chissà che prima o poi qualcuno si decida a liberarci dei sindaci e dei presidenti di Regione berlusconiani e dei capimafia (che poi sono tutti politici “mascherati”) omofobi che la notte vanno a caccia di trans…”. Beh, purtroppo non solo non ce ne siamo liberati, ma continuano a essere ipocriti e grotteschi come nel caso dello spettacolo annullato di Luxuria. Intelligenti pauca.