Anche noi (nel nostro piccolo) siamo stati querelati dalla Meloni

A proposito di querele e censure meloniane. Anche noi, nel nostro piccolo, ci permettiamo di dire che siamo stati querelati da Giorgia Meloni. E lo diciamo con molta umiltà, e senza voglia di protagonismo, spinti solo dall’acceso dibattito nazionale sulle querele presentate dalla Meloni contro autorevoli “liberi pensatori” che hanno osato criticarla. Un modo, umile, per dire che ci siamo anche noi. E non ci siamo fermati alla sola querela della Meloni: siamo stati querelati, sempre nel nostro piccolo, anche da Matteo Salvini, e da decine di senatori e deputati di centrodestra (e centrosinistra), capeggiati dal senatore Mario Occhiuto. Tutti si ritengono diffamati dai nostri articoli.

Certo noi non siamo il filologo Luciano Canfora, lo scrittore Antonio Scurati, o Roberto Saviano, e perciò non pretendiamo di ricevere la stessa “stesa” di solidarietà che loro hanno ricevuto, restiamo umili. In fondo siamo solo un piccolo giornale di provincia che però, e lo dimostrano le querele, gode di una certa attenzione da parte della politica “romana”, e questo, per certi versi, ci gratifica. E ci fa sentire, sempre con profonda umiltà, al pari dei sopracitati. Che hanno scritto, su Giorgia Meloni, le stesse cose, con vocaboli diversi, che abbiamo scritto noi. Anche se noi le abbiamo scritte con umiltà. La sola differenza, a volerne per forza trovarne una, tra noi e loro.

Infatti tra noi e gli autorevoli liberi pensatori, almeno nei motivi della querela, non c’è nessuna differenza. Il filologo Canfora ha definito la Meloni “neonazista nell’animo”. Saviano definì “bastardi” tutti coloro i quali si opponevano, con in testa la Meloni, ai salvataggi in mare dei migranti alla deriva. Lo scrittore Scutari nel suo monologo censurato conclude dicendo: “Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa (ovvero dalla Meloni), lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”. Noi invece, riprendendo l’inchiesta di Report sul padre della Meloni e di molti altri componenti del suo cerchio magico, abbiamo cambiato, nel servizio, il nome di Fratelli d’Italia, in “Fratelli di ‘ndrangheta”, viste le frequentazioni di molti deputati e senatori del partito della Meloni.

Neonazista, bastarda, ‘ndranghetista, sono, senza forzare i termini, sinonimi. Bastardi assassini i nazisti, bastardi assassini gli ‘ndranghetisti. La questione dunque, e vale per tutti, è solo accertare se tali appellativi corrispondono a verità. E per farlo c’è bisogno di un giudice, ma anche della libertà di potersi difendere, continuando a fare il proprio lavoro senza subire intimidazioni e censure. È facile per il Presidente del Consiglio spuntarla nei tribunali, ma non basta, per meglio gestire nel silenzio tutto ciò di losco che il suo governo deve nascondere, è necessario silenziare anche ogni “forma di dissenso mediatico”, comprese le realtà umili e piccole come la nostra. Tribunali e censure, è questo il binomio meloniano contro la libertà di espressione. E questo riguarda tutti: grandi e autorevoli pensatori, così come piccoli e umili pensatori. La censura vale per tutti, ed è ingiusta per tutti. E se è vero che “la storia non si querela, si studia”, è anche vero “che la cronaca non si querela, si racconta”.

P.S.: il 7 ottobre è prevista, presso il porto delle nebbie, l’udienza a nostro carico promossa dalla Meloni che dovrebbe essere presente in aula, perché chiamata a comparire. Mentre, sempre presso il porto delle nebbie, il 18 giugno è prevista una nuova udienza contro di noi promossa da Salvini.