Si dice dappertutto ma a Cosenza recita così: chini un ci ‘ngappa un ci crida. Vale a dire: fin quando non capita a te stenti a crederci. Mi rendo conto che alcuni, pochissimi in verità, 4 o 5 persone, fanno fatica a credere ad un complotto contro di noi da parte della procura, e ci sta. Perché è difficile pensare ad uomini di giustizia che passano il tempo ad organizzare trappole e imbrogli a danno dei loro nemici, utilizzando la cosa pubblica per fini e scopi del tutto personali. Spesso legati a traffici e giri d’affari tra potenti. Una cordata del malaffare che non ci siamo certo inventati noi. Altrimenti come spiegare la devastante situazione politica, amministrativa, sociale della città?
Eppure è sotto gli occhi di tutti l’abuso di potere da noi subito. Non è difficile da comprendere. Da quando abbiamo aperto il giornale è successo di tutto. Dagli attacchi hacker, ai quali i soliti scettici non credevano, fino all’illegittima chiusura del nostro sito. Passando per minacce, vessazioni e perquisizioni. Nonostante queste evidenti prove, c’è chi ancora, che poi sono coloro i quali devono tutto a questi corrotti, dubita di questo.
Ma chi sono? Alcuni avvocati del foro bruzio. Personaggi senza storia e senza onore, che si vantano, pensa tu che soggetti, di provenire dalla scuola di noti avvocati massoni e intrallazzatori. Vecchi avvocati la cui unica peculiarità era quella di comprarsi le sentenze. Coloro i quali hanno gettato le basi affinchè il tribunale diventasse quello che è oggi: il massimo luogo della corruzione a Cosenza.
Ogni cittadino di questa città può tranquillamente raccontare un aneddoto su di loro. Negativo ovviamente. Dalle valigette piene di guagna portate dalla malavita in quel dello Spirito Santo, fino agli appattamenti tra giudici e mafiosi, mediati sempre da loro. Questa è una verità storica, di cui tutti conoscono i contenuti. Chi nega questo è di sicuro o in malafede, o fa parte della cricca. Vecchi avvocati, che non hanno mai spiegato ai loro clienti piddrizzuni, ad esempio, l’esercizio del gratuito patrocinio, costringendo chi aveva bisogno di loro per necessità a vendersi quel poco che avevano per pagare parcelle spropositate, mai ovviamente registrate e dichiarate al fisco. Cosa ci sia da vantarsi d’aver fatto “tirocinio” con questi proprio non lo capisco. Ma ognuno si vanta ciò che vuole.
Ricordo una frase che un giorno il mio amico Tommaso mi disse: nelle aule del tribunale di Cosenza non conta quanto sei bravo, se conosci il diritto, la capacità oratoria, l’eloquenza, quello che conta è se conosci o meno il giudice. Perché tutti i cosentini sanno che nel tribunale di Cosenza le sentenze si comprano. E le indagini si “indirizzano”. Questo lo sanno anche tutti gli avvocati che in quel luogo lavorano. Dall’ultimo praticante all’avvocatone di grido.
Non avrei voluto raccontare alcune cose, ma mi tocca farlo. Giusto per onorare l’adagio di cui sopra. E per dare ulteriori prove a chi nasconde dietro la maschera dello scetticismo il proprio far parte di questa squallida matassa. Sul tribunale di Cosenza sono stati scritti fiumi d’inchiostro, anche da parte di ispettori ministeriali che dopo aver “visionato” gli uffici concludevano: sono tutti parenti, amici e corrotti. Gli uffici lavorano a seconda degli interessi privati del procuratore. E così può capitare che, prima di una udienza, pm e gip, hanno, magari, passato la giornata insieme. Quale può essere la garanzia di imparzialità per l’imputato in questo caso? Nessuna, se sei nessuno.
Del resto, che il tribunale di Cosenza sia uso a costruire dossier farlocchi è risaputo. Uno su tutti, che poi è quello che mi riguarda, il processo No Global. Dovrei augurare a questi avvocatucci che difendono i corrotti del tribunale, perché la loro carriera dipende da loro, di passare quello che abbiamo passato noi. Trovarsi dalla sera alla mattina in un super carcere, insieme ad ergastolani della camorra, con accuse false, scaturite da un compromesso illecito, da corrotti politici e pm addomesticati. Anche qui, quando raccontavamo di microspie, pedinamenti, abusi, dossier farlocchi, sempre loro rispondevano che non era possibile. Che i giudici di Cosenza non fanno queste cose. Salvo poi prenderne atto, e ritornare nel loro squallido silenzio. E ancora, segnalazioni, libertà vigilata, obbligo di firma.
Tutto sempre, secondo loro, da noi inventato. Senza mai prendere atto che le misure erano vere e concrete. Che la nostra vita passata ai raggi X, è stata totalmente stravolta. Ma forse per loro questo è normale, visto che non sono loro a patire questi abusi. Ma non è finita. Perché ai loro soprusi non c’è mai fine. Nonostante assoluzioni e smentite, ci riprovarono con finte bombe molotov davanti alla questura, accusate a me e ad una nota giornalista cosentina.
La colpa: scrivere su appalti strani e fuori legge. Anche qui, quando raccontavamo di essere pedinati, seguiti, che qualcuno in questura si stava adoperando a costruire il solito dossier farlocco, sempre loro, gli avvocatucci, storcevano il naso, come a dire: il solito vittimismo. Ma dentro gli uffici della digos e nei laboratori della scientifica ci siamo finiti noi. Non loro. Ma questo per gli avvocatucci non vale. Che vuoi che sia. Uno sbaglio. Anche i giudici sono persone e possono sbagliare. Ma guarda il caso sempre su di noi. Non certo su di loro. Potrei continuare ma mi fermo qui, perché questo, visto che è la mia vita, basta e avanza.
A questi avvocatucci dico: vi auguro di non passare mai quello che abbiamo passato noi, e tanti cittadini onesti di Cosenza, che da questi corrotti hanno subito ingiustizie; ma non posso non desiderare, giusto per farli sentire qualche secondo come noi, che se mai dovesse succedervi di patire ingiustizia e prevaricazione, spero proprio che nessuno vi creda.
GdD