Basilicata, il centrodestra a trazione leghista vince con i “Pittella boys”

Le proiezioni (con campione al 41 per cento) stimano che Bardi, un ex generale della Guardia di finanza fortemente voluto da Forza Italia e sostenuto da cinque liste, dovrebbe ottenere il 42,3 per cento dei voti, distanziando il candidato Carlo Trerotola del Pd “nascosto” come in Abruzzo e Sardegna – che aveva l’appoggio di 7 liste – di quasi 10 punti. Con questo risultato il centrosinistra perde la guida della regione dove governava dal 1995.
A seguire, molto distanziati, i Cinquestelle, con Antonio Mattia sotto il 20 per cento. Valerio Tramutoli – professore universitario ecologista e quarto candidato – non dovrebbe arrivare nemmeno al 5% con la lista civica di sinistra “Basilicata possibile”.

 

Matteo Salvini aveva fatto la star nelle piazze del materano e potentino, ma il centrodestra volava nei sondaggi non solo per la presenza insistente del vicepremier leghista. Cinque le liste a sostegno dell’ex generale della Guardia di Finanza Vito Bardi, scelto da Forza Italia: per la prima volta il centrodestra ha fatto le scarpe al centrosinistra in una terra rimasta democristiana da Emilio Colombo in poi. Perché? Molti ‘capibastone’, ex fedelissimi di Marcello Pittella, l’ex governatore indagato nell’inchiesta giudiziaria per le raccomandazioni in sanità, fratello del potentissimo Gianni, per anni deus ex machina del Pd al Parlamento Europeo, hanno traslocato verso il centrodestra già dalle Politiche dello scorso anno, dove Pittella e Speranza erano stati clamorosamente sconfitti. Il bipolarismo lucano è servito, laddove il M5s si prepara al tonfo dalla vetta altissima del 44 per cento raggiunta in regione alle politiche 2018: fu il 51 per cento solo a Matera. Oggi non raggiunge neanche il 20…

Il caso Pittella, esponente della potentissima stirpe di Lauria nel potentino, pesa sul voto ma soprattutto ha pesato sulle liste. Il vento cambia, qui la risolvono cambiando cavallo. Come ha fatto Nicola Benedetto, ex assessore ai Trasporti di Pittella, ora ispiratore della lista a sostegno del candidato presidente Bardi. Oppure Carmine Cicala, fratello di Amedeo, sindaco nel ‘paese del petrolio’ Viggiano, famiglia vicinissima a Pittella: Carmine appunto è stato candidato con la Lega alle regionali. Oppure Franco Cupparo, sindaco di Francavilla, imprenditore candidato nelle liste di Forza Italia eppure uomo di fiducia di Guido Viceconte, che – anche lui – prima era con Silvio Berlusconi, alle ultime politiche candidato col centrosinistra. E ancora: Piergiorgio Quarto, ex presidente della Coldiretti, vicinissimo alla candidatura alla presidenza per il centrosinistra in alternativa a Pittella, ora sta col centrodestra.

Invece, con un brand in affanno, Luigi Di Maio fa quello che può per difendere il suo Antonio Mattia, candidato presidente della lista unica M5s, 47anni potentino, in corsa anche come consigliere. Non è un dettaglio ma un’indicazione di aspettativa. La nuova legge elettorale, approvata l’anno scorso in piena estate e tra mille polemiche dall’amministrazione Pittella, oltre a blindare il candidato presidente eliminando il voto disgiunto, permette solo ai primi due classificati di entrare in consiglio: il presidente eletto e il miglior perdente. Evidentemente il M5s non pensa di arrivare tra i primi due ed è stato proprio così.

Basilicata, terra di petrolio. Già, il petrolio. In media 140-150 milioni di royalties per la regione ogni anno. Poco: non è nemmeno il 15 per cento del costo del sistema sanitario lucano (un miliardo e rotti), ma tant’è. Il petrolio in Val d’Agri, oggetto anche di inchieste della magistratura per 400mila tonnellate di ‘sversamenti’ nell’ambiente dagli impianti lucani, è il convitato di pietra di questa campagna elettorale, tema affrontato ovviamente da pochi.

Basilicata palcoscenico di leader politici come mai prima. Eppure gli aventi diritto al voto sono sulla carta 460mila, cinque anni fa i voti validi furono 250mila, meno degli abitanti della sola Bari. Ma è il terzo test elettorale dell’era del governo giallo verde, dopo Abruzzo e Sardegna. E, ca va sans dire, anche Silvio Berlusconi ci si tuffa, barcamenandosi tra l’attacco al governo e la difesa del ‘sogno’ del centrodestra unito: chi ancora crede in questo esecutivo è un “coglione”, ha sentenziato anche in terra lucana. E il guaio è che ha avuto ragione…