Bergamini: la svolta (di Bruno Palermo)

di Bruno Palermo

Fonte: Tuttosport

COSENZA –Dopo aver escluso l’impossibile ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità” faceva dire Arthur Conan Doyle al suo celeberrimo personaggio, Sherlock Holmes.

Questa massima può trovare ambito di applicazione nel caso dell’omicidio di Donato Bergamini giacché man mano che si è proceduto nelle indagini le asserite ipotesi circolate in questi lunghi anni sulle cause che portarono alla morte del calciatore ferrarese (traffico di sostanze stupefacenti, totonero, l’acquisto di una Maserati) hanno perso consistenza.

“L’evolversi dell’attività di indagine e le risultanze emerse hanno impietosamente fatto emergere come l’omicidio di Donato Bergamini sia maturato nell’ambiente strettamente familiare di Isabella Internò”. Questo mettono nero su bianco gli investigatori della polizia giudiziaria della Procura di Castrovillari nella corposa informativa consegnata al pm titolare delle indagini sulla morte di Donato Denis Bergamini. Indagini chiuse e l’unica indagata resta l’ex fidanzata di Bergamini Isabella Internò. Secondo gli investigatori i responsabili della morte di Denis Bergamini, e non già il suicidio come per anni è stato fatto credere, sono da ricercare “nella sfera famigliare della Internò”.

Nessun tuffo sotto le ruote del tir guidato da Raffaele Pisano, uscito dall’indagine, nessuna volontà del calciatore di farla finita. Bergamini è stato ucciso: narcotizzato e soffocato, forse con una cintura di sicurezza di un’auto, un sacchetto, oppure una sciarpa. Risultato ottenuto dopo l’esame della glicoforina, eseguito sul corpo di Denis nel luglio del 2017. Gli investigatori di pg scrivono: «Dal materiale probatorio acquisito si è avuto modo di riscontrare situazioni e stati di fatto che hanno portato la Internò ad accumulare, dal momento della fine della sua relazione con Donato Bergamini (nella primavera del 1989) emozioni negative quali gelosia, rabbia, frustrazione, risentimento e vendetta che hanno raggiunto il culmine nel mese di novembre del 1989». Sempre nell’informativa è scritto: «Per Isabella Internò, Donato Bergamini doveva essere suo e avrebbe preferito vederlo morto piuttosto che saperlo di un’altra».

Secondo chi ha indagato Internò avrebbe “cercato l’aiuto e l’appoggio della sua famiglia, in primo luogo dei genitori […] e per indurre i genitori ad agire e ad assecondare il suo proposito punitivo nei confronti del calciatore aveva rivelato loro l’episodio dell’aborto del luglio 1987. Per la donna non era stato difficile far credere che Bergamini l’aveva costretta ad abortire al quinto mese e mezzo di gravidanza, portandola a Londra e pagando tutte le spese necessarie”. I genitori di Isabella Internò non sono indagati, così come nessun altro suo congiunto.

Un affronto per la famiglia Internò, secondo l’ipotesi investigativa. «I risultati indiziari emersi nel corso delle indagini, – è scritto ancora – hanno fondatamente portato a ritenere i genitori di Isabella Internò partecipi del piano criminoso della figlia di uccidere Donato Bergamini, contribuendo alle fasi di ideazione e organizzazione». A supporto dell’ipotesi investigativa gli inquirenti riportano il disappunto di un cugino di Internò sulle discordanze tra la deposizione sua e della zia, su dove si trovassero i genitori di Isabella la sera del 18 novembre 1989. Secondo l’informativa alcuni parenti della Internò avrebbero “fattivamente partecipato – come esecutori materiali – all’omicidio di Donato Bergamini”, ma “dalle risultanze sono emersi elementi indiziari non sufficienti, però, ad avere valenza probatoria”. Quasi come a voler significare sappiamo chi è stato, ma non abbiamo le prove.