(Francesco Grignetti – lastampa.it) – Dalla stretta draconiana alle intercettazioni alla separazione delle carriere fino all’animosità di questa maggioranza verso i giudici italiani, secondo l’onorevole Federico Cafiero De Raho, magistrato antimafia prestato al M5s, c’è un filo rosso che lega il tutto. «Quando avranno impedito ai magistrati di fare le indagini, il passo successivo sarà togliere loro la potestà di farle e dare tutto il potere alla polizia, che significa l’esecutivo».
Cominciamo con le intercettazioni. È dunque legge il limite invalicabile di 45 giorni per ascoltare le comunicazioni, salvo mafia e terrorismo.
«Sarà un ostacolo assoluto alle indagini. Detta in maniera facile, una strategia investigativa si fonda sulla ricerca della prova. Pensiamo ad un omicidio: se l’autore non è stato individuato nelle prime 48 ore, è evidente che bisogna iniziare un’attività investigativa calibrata su vari soggetti. Quelli che possono ritenersi essi stessi gli autori. O chi può essere un “veicolo” per arrivare a ricostruire l’omicidio. Ciò comporta l’esigenza di un monitoraggio su questi soggetti e per un periodo rilevante. L’intercettazione serve a ricostruire il quadro, a conoscere i rapporti, a individuare i percorsi, in definitiva a consentire il passo in avanti all’indagine».
Impossibile arrivarci in 45 giorni?
«Ma nemmeno nel mondo dei sogni! Diciamolo: il legislatore ha fatto una legge che non consentirà più le indagini. Vale per l’omicidio, per l’estorsione, per la rapina, per il sequestro di persona, per lo spaccio di stupefacenti, per le armi, persino per le violenze verso gli anziani in una casa di riposo o verso i bambini in un asilo, e per tutti i reati da codice rosso… Tutti reati gravi, peraltro, per i quali è consentita un’indagine di 24 mesi. Siamo all’assurdo che c’è un termine per le indagini di 24 mesi, ma un limite alle intercettazioni di 45 giorni».
Risultato?
«Una disciplina di questo tipo significherà il blocco totale delle indagini».
Come si collega la stretta alle intercettazioni con la separazione delle carriere?
«Guardi, nel momento stesso in cui l’intercettazione si ferma dopo 45 giorni, l’indagine sostanzialmente si conclude lì. E quando le varie indagini si concluderanno nel nulla, si dirà che il pubblico ministero non è capace di arrivare ad un risultato. Perciò si dirà anche che dobbiamo trovare un sistema diverso».
Cioè?
«Prima si indebolisce la figura del pubblico ministero. Quando l’hai separato e l’hai indebolito anche dal punto di vista professionale, portarlo sotto il controllo del ministro della Giustizia sarà un gioco da ragazzi. Sarà la conseguenza logica di quel che stanno creando oggi. Il fine ultimo è togliere gli strumenti di contrasto alla criminalità al pubblico ministero e di assegnare compiti diversi alla polizia. A me pare evidente che il disegno reale di questo ministro della Giustizia e del governo attuale sia di sottrarre al pubblico ministero gli strumenti per le indagini, di separare il pubblico ministero dal giudice, e infine di sottrarre al pubblico ministero la direzione della polizia giudiziaria, ridotto a un passacarte. Non sarà più un magistrato a dirigere le indagini, ma il funzionario di polizia. Il quale gerarchicamente dipende dall’Esecutivo. In sintesi: le indagini non le condurrà più la magistratura, ma il governo».
In effetti Carlo Nordio non perde occasione di dirsi affascinato dal modello britannico. E in Gran Bretagna c’è un rapporto molto diverso rispetto all’Italia tra procuratore e dirigente di polizia. Paritario, non subordinato.
«Noi siamo in Italia. Qui la politica avrà il controllo totale dell’indagine e il ministro della Giustizia sarà il controllore vigilante del pubblico ministero. Così come avviene in tanti Paesi. Il disegno fondamentale è quello del controllo da parte della politica sulla magistratura, sottraendo ad essa l’esercizio obbligatorio dell’azione penale. Il pubblico ministero non sarà più il titolare dell’indagine, che verrà rimessa totalmente alle scelte della polizia. E a loro volta gli organi di polizia, nel momento in cui verranno sganciati dal pubblico ministero, saranno ricollocati nei rispettivi ministeri e seguiranno le indicazioni della politica. In definitiva, questo governo vuole sottrarre totalmente i colletti bianchi e la politica al controllo di legalità».