Oggi tutti gli occhi dei fatidici osservatori (o commentatori, come preferite) della politica e dei media di regime (ché in Calabria lo sapete tutti che non ci sono politici e giornalisti che non facciano parte del regime, a parte qualche mosca bianca) sono puntati sull’iniziativa del Movimento Cinquestelle a Lamezia Terme.
Oggi infatti si svolgerà a Catanzaro il “Meetup Day Calabria”, raduno regionale degli attivisti del Movimento 5 Stelle che precede l’incontro nazionale “Italia 5 Stelle”. Il titolo del “Meetup Day Calabria” e’ “Insieme si puo’: una proposta per rilanciare la nostra Regione”, “uno strumento dei calabresi per la crescita della Calabria. E’ necessario mettersi in discussione, incontrarsi e organizzarsi, trasformando le diversità interpersonali in ricchezza. Il Meetup Day Calabria è un evento che vuole essere occasione di incontro e confronto. Mai come adesso – spiegano gli attivisti dei Meetup regionali – la Calabria è rappresentata da tanti parlamentari. Questo Governo ha istituito un Ministro per il Sud (che sarà invitato a partecipare) dimostrando quindi attenzione verso le problematiche meridionali”. Tra i temi trattati, lotta alla criminalita’, sanita’ e ambiente, trasporti, turismo, lavoro e agricoltura.
Sarà prevista la partecipazione di parlamentari e consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle, sarà presente l’europarlamentare, Rosa D’Amato, e diversi opinionisti provenienti da vari settori, universitario e dell’informazione. Saranno allestiti, per l’occasione, tavoli di confronto tra attivisti e rappresentanti istituzionali del M5S. All’evento hanno dato l’adesione oltre 40 Meetup della Calabria.
La grande attesa per l’evento di oggi ha praticamente “costretto” i grillini a precisare che “non si tratta di un evento promosso dal MoVimento 5 Stelle bensì di una iniziativa spontanea di attivisti di alcuni meet up locali dei quali apprezziamo l’entusiasmo e l’impegno per questa organizzazione e che ringraziamo per aver invitato anche noi Portavoce M5S”.
Ma il chiarimento da fare, visto che in molti temevano che oggi sarebbe stata formalizzata una candidatura “letale” per tutto il sistema della corruzione politica calabrese era (ed è) un altro: “… A tempo debito – è stato affermato nei giorni scorsi – sarà reso noto il percorso che delineerà le consultazioni regionali così come avvenuto nelle altre Regioni, seguendo il metodo e le regole da sempre alla base della partecipazione diretta, elemento fondante del MoVimento 5 Stelle. L’appuntamento di Lamezia non rappresenta dunque una fase preparatoria ad alcuna candidatura nè un evento di presentazione del programma regionale del MoVimento 5 Stelle: intende piuttosto raccogliere proposte che verranno vagliate dal Movimento 5 Stelle unitamente ad altre che arriveranno da associazioni e società civile“.
Fin qui i chiarimenti “ufficiali” del MoVimento 5 Stelle. Ma in Calabria, dove custodire un segreto è praticamente impossibile, tutti sanno che i grillini stanno pensando ad una candidatura di grande spessore per levare la Calabria dai tentacoli di politici come Palla Palla, Nicola Adamo, Madame Fifì, Carlo Guccione, i Cinghiali (al secolo Tonino e Pino Gentile), Mario e Roberto Occhiuto e la “isissina” Santelli, Ennio Morrone, Sergio Abramo, Wanda Ferro, Fausto Orsomarso e compagnia cantante (chiediamo scusa se abbiamo dimenticato qualcuno…). E il candidato in questione è Antonino De Masi, imprenditore etico, da anni impegnato in una grande lotta contro la ‘ndrangheta, nella cui azienda è stato accolto in visita anche il vicepremier Luigi Di Maio.
Nessuno (e finora neanche i media di regime) ha sussurrato la possibilità che sia De Masi il candidato governatore per la Calabria dei Cinquestelle ma la voce dilaga ormai dappertutto ed è verosimile che circoli largamente anche oggi a Lamezia.
Ecco cosa appare sul sito dell’azienda De Masi alla voce “chi siamo”.
Siamo duri a cedere, noi calabresi.
Dodici anni di battaglie contro i crimini dei mafiosi e contro la sopraffazione bancaria non sono riusciti a domarci. Probabilmente perché siamo convinti del valore di quel che facciamo. Il valore aggiunto di aziende che hanno operato nella legalità e nel rispetto di tutti e di tutto. Fin dal 1954. Anno in cui mio padre fondò la prima impresa che portava questo nome: “De Masi”.
O più probabilmente perché siamo persone perbene. Con la dignità e l’orgoglio della gente che lavora. E questo ha valore dappertutto, non solo in Calabria.
Noi De Masi oggi siamo ancora qui, malgrado le traversie.
Con le nostre aziende. Per lavorare. E dare lavoro, e crescita.
E ci saremo anche domani.
CHI E’ NINO DE MASI
di Mario Meliadò
Nino De Masi, 59enne, «re delle macchine agricole», sposato con tre figli, è diventato una sorta di Libero Grassi reggino. Si è ribellato alla legge del pizzo ancor prima dell’eroe civile palermitano, attirandosi l’ira dei clan. Non solo. Ha anche sfidato le grandi banche trascinandole in tribunale con l’accusa di praticare tassi d’interesse da usurai.
A lungo, De Masi è stato lasciato solo. Ma ormai da qualche anno la società civile si è schierata al suo fianco. Soprattutto dopo l’ultimo schiaffo della criminalità organizzata.
I COLPI DI KALASHNIKOV CONTRO L’AZIENDA. La notte del 12 aprile 2012, ignoti sgherri della ‘ndrangheta hanno esploso 44 colpi di kalashnikov contro il capannone della Global Repair, l’azienda del gruppo De Masi che dal 2010 opera (manutenzione e riparazioni) nel porto di Gioia Tauro, sul quale gli appetiti del crimine organizzato sono insaziabili. «La dinamica chiarisce che l’intimidazione non aveva scopi estorsivi», ha commentato l’imprenditore, subito messo sotto scorta.
Per reagire al blitz contro la Global Repair, il 3 maggio l’Osservatorio sulla ‘ndrangheta e Libera hanno creato una «catena umana» attorno all’azienda. Gli obiettivi erano due: non lasciar soli i De Masi e impedire che il più grande porto-transhipment del Mediterraneo, già crocevia mondiale della cocaina, diventi una «zona franca della ‘ndrangheta».
Imprenditore e inventore senza finanziamenti

Da Rizziconi, dove è nato, Nino De Masi esporta le macchine agricole sue e del padre Giuseppe (che nel 1957 fondò il gruppo di famiglia) dalla Spagna fino in Israele. Negli anni, allo stabilimento storico del piccolo centro della Tirrenica reggina De Masi – che ha rivestito ruoli di responsabilità nella Confindustria regionale – ha affiancato altri siti nell’area retroportuale gioiese, centrando un fatturato globale da 14 milioni di euro nel 2011, per l’80% riconducibile al settore agricoltura.
IL PENDOLO A VENTO. Oltre a essere un imprenditore, De Masi è anche un inventore. L’ultimo suo progetto, al vaglio della Ener-Q di Conegliano Veneto – è il Pendolo a vento per generare energia elettrica dallo stormir delle foglie degli alberi.
LA CABINA ANTI-SISMICA. E non è tutto. È sua l’idea della Safety Cell. A fronte di poche migliaia di euro di costo, questa cabina antisismica può resistere a crolli di tetti, travi o altro sopportando un peso 10 tonnellate. Malgrado un mercato potenzialmente miliardario e la prevista creazione di 1.000 posti di lavoro, la Safety Cell non è mai andata in produzione.
De Masi «non riesce ad avere alcun finanziamento», ha denunciato il numero uno Adusbef ed ex senatore Idv Elio Lannutti, perché le banche gli hanno tagliato le linee di credito come aspra reazione alle sue lotte giudiziarie contro i prestiti a tassi d’usura, facendone una vittima d’«abbandono e isolamento».
IN TRINCEA DAL 1986. Era il 1986 quando Giuseppe De Masi e il figlio Antonino rifiutarono di dare la mazzetta alle ‘ndrine. Uno sganassone alla cultura dell’omertà seguito da avvertimenti vari, fino alla deflagrazione di due bombe sotto casa.
LA BATTAGLIA ALLE BANCHE. Poi, il coraggio di mettersi contro colossi del credito come Capitalia, Bnl e Banca Antonveneta: nel 1996 Nino De Masi lamentò l’indebita sottrazione da parte di queste tre banche di 6 milioni di euro rispetto alle agevolazioni che gli garantiva la legge 108 per l’imprenditoria al Sud. «Verificai che mi applicarono dei tassi del 35,40, 38,27% in funzione dei vari trimestri» ha raccontato De Masi «chiesi conto alla banca e mi disse che ero un pazzo. Su delle linee di credito per circa 12-13 milioni di euro pagai 6 milioni di oneri finanziari».
LA VITTORIA IN TRIBUNALE. Una crociata quasi ventennale. Tutt’altro che fantasie, quelle di De Masi: i giudici gli diedero ragione in primo grado, in appello e in Cassazione, attestando per la prima volta in Italia l’avvenuta usura bancaria. I manager Cesare Geronzi, Luigi Abete e Dino Marchiorello furono regolarmente rinviati a giudizio per usura, ma poi prosciolti per «mancanza di dolo specifico».
Una battaglia che è costata molto a De Masi. Nessuna banca gli fa più credito. «È pura violenza nei confronti di un uomo coraggioso», scrisse l’ex deputato Pd Franco Laratta.
ADDIO MUTUO AGEVOLATO. Il gruppo infatti è andato in apnea: il fatturato è calato da 14 a 10 milioni di euro nel 2012, i dipendenti da 280 sono scesi a 150, di cui 60 ormai in cassa integrazione. E dal 2006 gli viene negato il mutuo agevolato previsto per le vittime di usura e racket, che avrebbe consentito alle sue aziende di risollevarsi.
Così, Nino De Masi ha scritto ai presidenti di Camera e Senato invocando l’istituzione di una commissione parlamentare sul credito e su quella che ha definito «omertosa collaborazione» della Banca d’Italia. «Molte cose io non le ho mai dette», ha sottolineato a Lettera43.it. «Lo farò appena saranno pubblicate le intercettazioni su quanto uno dei capi dei Servizi italiani ha detto e fatto con alcuni banchieri».
E se i governi di regime finora lo hanno sempre ostacolato, ora la speranza è che con i Cinquestelle la musica sarà diversa. Non resta che aspettare.