Se il governo Conte dovesse sopravvivere all’ennesimo “fuoco amico” partito, ancora una volta, dalla trincea di Renzi – e se così sarà lo sapremo nella prossima settimana -, la maggioranza politica che regge il governo potrebbe “allungarsi”, come coalizione, anche alle prossime elezioni sparse in giro per l’Italia, Renzi escluso ovviamente. Pd e Movimento 5 Stelle, lo zoccolo duro di un’alleanza che mira a contrastare un centrodestra, da un po’ di tempo a questa parte, in netto calo di consensi. Pd, 5Stelle e satelliti vari, tutti insieme appassionatamente a bollire in un bel calderone. Un minestrone politico amalgamato più che da una visione condivisa di politiche di sviluppo, dall’opportunità di poter giungere, e quindi di potersela giocare, ad una vittoria elettorale che solo una grande accozzaglia può concedergli. È la legge dei numeri: in Italia non ci sono i numeri per formare un terzo polo competitivo, elettoralmente parlando. E il governo Conte è la prova provata di questa tesi. O stai di qua, o stai di là. Tutto il resto è solo contorno.
Qualora dovesse affermarsi questo scenario, quali sono le ricadute politiche nei territori chiamati al voto?
In Calabria la situazione sia a destra che a sinistra è un totale disastro. Con un distinguo: mentre i panni sporchi della sinistra finiscono sistematicamente per essere lavati in pubblico, quelli della destra, invece, continuano a lavarli in famiglia.
I movimenti della destra, in vista del voto dell’undici aprile, sono già da tempo iniziati con i soliti cambi di casacca. Tra i più interessanti è oramai certo il passaggio dei fratelli Gentile alla Lega. Un passaggio frutto, ovviamente, di un forte accordo politico: si sa che compà Pinuzzu pretende la candidatura della figlia Katia (o chi per lei) alla carica di sindaco della città di Cosenza, e sa bene che senza l’appoggio del suo nemico Occhiuto le possibilità di farcela sono scarse. Ed è qui che si innesta il Cinghiale Tonino che fa agli Occhiuto una proposta che non possono rifiutare: il passaggio nella Lega è funzionale al Cinghiale per far superare a Salvini il veto su Roberto Occhiuto candidato del centrodestra alle prossime regionali. Una candidatura che, se dovesse passare, obbliga di fatto Roberto Occhiuto alle dimissioni da deputato, lasciando spazio, così, al primo non eletto, in questo caso Andrea Gentile figlio del Cinghiale. Un accordo che sta bene a tutti in virtù del patto che tocca a Forza Italia indicare il candidato a presidente. Una carta che Forza Italia e la Lega cinghialesca intendono giocarsi fino in fondo.
A sinistra invece la tempesta non si placa. Il ritorno della paranza di Oliverio, dopo l’assoluzione nel processo Lande Desolate, ha complicato quello che già di per se era complicato: trovare l’unità in vista delle prossime elezioni regionale. Il Pd calabrese è ritornato in mano ai vecchi capibastone guidati dal duo Madame Fifì e Capu i Liuni, che pretendono un risarcimento dal partito: vogliono essere i protagonisti delle prossime elezioni. Un risarcimento che Zingaretti non intende concedergli. Sa bene il segretario nazionale quali complicazioni porterebbe la ricandidatura dei consiglieri uscenti del Pd nelle necessarie alleanze politiche che sarà costretto a stringere, specie con i movimenti civici, in Calabria. Ma a Zingaretti manca la forza per mettere all’angolo la vecchia ma sempre arzilla paranza di Oliverio. E così qualcuno ha trovato la giusta soluzione: nella ripartizione dei territori, così come avviene in tutte le alleanze durante le elezioni, il Pd ha pensato bene do lasciare che ad indicare il candidato alla presidenza sia il Movimento 5 Stelle. Tocca ai 5 Stelle, se l’alleanza ci sarà, indicare il candidato, e visto l’interesse dimostrato da diversi deputati del Movimento con le stelline sulla figura di De Magistris, le possibilità di una sua candidatura sono alte. Una proposta che toccherà ai vertici nazionale del Pd accettare e che accetterà volentieri checché ne dica Oddati, eliminando così definitivamente dalla scena la paranza di Oliverio. E la scusa ci sta tutta: a fare il nome di De Magistris, inviso alla paranza di Oliverio, sono stati quelli dei 5 Stelle e il Pd dovrà rispettare il volere degli alleati.
Se così sarà, ad Oliverio non resterà altro da fare che costruire una propria candidatura in autonomia con un unico scopo: favorire la vittoria della destra togliendo voti a sinistra. Un modo per vendicarsi del partito e una opportunità per stringere nuovi accordi sottobanco con la peggiore destra di sempre. Come ha sempre fatto… perché l’unica cosa che gli interessa è il potere e per ottenerlo è disposto a tutto. Vedremo