Calabria 2025. Occhiuto, il nulla cosmico. Ma con il filtro giusto…

dalla pagina FB di Fruci Antonio

Il volto sorridente, i capelli (quei quattro che gli sono rimasti davanti…) ben pettinati, le bandiere sullo sfondo – quando ci sono se no va bene anche l’auto, naturalmente blu – e una retorica da influencer istituzionale: Roberto Occhiuto, presidente dimissionario della Regione Calabria, ha trasformato l’amministrazione pubblica in una vetrina personale, uno spazio pubblicitario dove conta più l’inquadratura che il contenuto. In questa recita post-politica, il governatore non ha amministrato: ha inscenato.

Ma adesso che le luci dello studio si affievoliscono, resta solo il vuoto di un’azione governativa fallita, avvolta in un silenzio che sa di resa.
Si era presentato come l’uomo del cambiamento, il tecnocrate capace di mettere ordine in una regione complessa. Un moderno Ulisse chiamato a governare una terra difficile, tra burocrazie inceppate, sanità commissariata da decenni e un sistema infrastrutturale da terzo mondo.

Ma invece del timone ha impugnato la fotocamera, invece del governo ha scelto la propaganda. La sua stagione politica si è consumata in conferenze stampa rassicuranti, promesse reiterate e una narrazione distorta che ha tentato – senza successo – di mascherare l’inadeguatezza del centrodestra al governo della Calabria.
La verità è sotto gli occhi di tutti, anche se lui si ostina a negarla: siamo di fronte a un’esperienza amministrativa fallimentare.

Sanità allo sbando, con ospedali chiusi o svuotati, emergenze irrisolte e liste d’attesa da girone dantesco. Il PNRR, che avrebbe dovuto rappresentare l’occasione storica per invertire la rotta, si è incagliato in una gestione inefficiente, con appena il 15% dei fondi realmente spesi, mentre il resto si è perso nei meandri di un’amministrazione ingessata e incapace di agire.

E quando si è trattato di difendere le infrastrutture calabresi, il presidente è scomparso. I 9,4 miliardi di euro destinati all’alta velocità ferroviaria tra Salerno e Reggio Calabria sono stati cancellati con un tratto di penna, dirottati altrove, mentre Occhiuto si preoccupava di mantenere la facciata, evitando accuratamente di alzare la voce. Ha lasciato che il governo Meloni compisse l’ennesimo scippo ai danni del Sud, senza uno straccio di opposizione, senza un gesto di dignità. Il suo silenzio è la firma in calce a un atto di resa.
In compenso, ci ha regalato l’ossessione del ponte sullo Stretto, il grande feticcio del centrodestra: un’opera irrealistica, costosissima, disancorata dalla realtà. Una fantasia ingegneristica che nulla ha a che vedere con le priorità quotidiane dei calabresi. Strade dissestate, ferrovie ferme agli anni ’60, servizi minimi assenti. Ma per il governo regionale di centrodestra, la concretezza è secondaria rispetto all’effetto scenico.

E così, Occhiuto, davanti alle prime difficoltà giudiziarie legate a vicende imprenditoriali pregresse, non ha fatto ciò che avrebbe dovuto: spiegare, chiarire, affrontare. Ha scelto invece di abbandonare. Con un atto unilaterale ha consegnato le chiavi del Palazzo, invocando la paralisi amministrativa come giustificazione. Ma la paralisi, in verità, era cominciata ben prima: quando ha preferito le dirette social alla riforma della sanità, quando ha evitato ogni scontro vero con Roma, quando ha accettato supinamente che il Sud fosse ancora una volta marginalizzato.
La Calabria non ha bisogno di eroi da copertina o di testimonial istituzionali, ma di combattenti capaci di restare. Occhiuto invece ha gettato la spugna, fuggendo dalla complessità che aveva promesso di governare. Ha fatto della politica una scenografia e del governo un set, salvo poi lasciare il palco alla prima crepa nel fondale.

Il centrodestra regionale, a sua volta, ha assistito passivo. Senza visione, senza coraggio, senza alternativa. Prigioniero di una cultura politica improntata alla gestione del potere più che alla trasformazione del reale. Mentre i cittadini attendono treni che non passano, ambulanze che non arrivano e fondi che evaporano.
In fondo, questa è l’amara verità: più che un governatore, Roberto Occhiuto è stato un testimonial del proprio ego. E oggi che se ne va, non lascia eredità, ma soltanto la desolazione di ciò che non è stato fatto. Non un progetto compiuto, non una riforma strutturale, non un’opera simbolica. Solo un vuoto lucido e ben pettinato. Il nulla cosmico. Ma con il filtro giusto.