La vera discussione sul nome del candidato del cosiddetto centrosinistra non sta avvenendo, come tanti calabresi credono, tra i partiti che compongono il “campo largo”, ma nelle segrete stanze dove si incontrano gli Occhiuto e il Pd. Sono loro che decidono il candidato e tutto il resto deve adeguarsi. In primis il Movimento 5 Stelle.
Tra gli Occhiuto e il Pd cosentino, in particolare, esiste da tempo un vero e proprio patto di ferro trasversale, forse il più importante e duraturo di tutti gli altri. Sono decenni che fanno lucrosi affari insieme. Mario e Roberto Occhiuto, Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio sono compari dalla notte dei tempi. E per quanto “Capu i Liuni” sia in rotta con altre componenti del Pd, sull’appoggio incondizionato agli Occhiuto ha trovato, anche questa volta, pieno accordo con tutti, compresi i suoi acerrimi rivali di oggi: Iacucci e Bevacqua, altri due campioni del clientelismo trasversale. Che si sono detti da subito disponibili a trovare un candidato a perdere da contrapporre all’amico di intrallazzi Occhiuto. Del resto, Roberto Occhiuto, per come si sono messe le cose per lui – mollato dal governo e dai suoi alleati – non poteva fare altrimenti se non rivolgersi ai compari di sempre: il Pd, che come tutti dovrebbero sapere non è certo nuovo a giochetti di questo genere, ossia consolidare, con candidature di cartone, gli accordi trasversali tra compari. La politica in tutto questo non c’entra niente. Quello che conta per il Pd e per gli Occhiuto è la continuazione del sistema degli intrallazzi, senza il quale entrambi rischiano l’estinzione.
Se i calabresi avessero un po’ di memoria, e in particolare i cosentini, si ricorderebbero come sono realmente avvenute le due elezioni a sindaco di Cosenza di Mario Occhiuto. Ma purtroppo i calabresi non sono dei Pico della Mirandola, ed è questo che rende forte la banda di marpioni che si appresta di nuovo a mettere le mani sul denaro dei cittadini.
In pochi ricordano lo scherzetto messo in atto dal Pd che prima candidò Lucio Presta, convincendolo sul fatto che da lì a poco Mario Occhiuto sarebbe finito dentro una retata della Dda di Catanzaro, che già aveva effettuato due operazioni a Rende e Castrovillari, con Sandro Principe e Orlandino Greco, sindaci dei due comuni. Al Pd serviva un caggio da mandare allo sbaraglio, proprio come oggi con Tridico, e Presta era il caggio ideale. La proposta del Pd non era altro che uno specchietto per le allodole, per far abboccare Presta all’amo, sapendo che l’arresto di Mario Occhiuto non sarebbe mai avvenuto. E così fu, nonostante le tante chiamate in correità di pentiti, gli stessi che con le loro dichiarazioni permisero l’arresto di Sandro Principe e l’iscrizione nel registro degli indagati di Orlandino Greco. Dichiarazioni che non ebbero lo stesso peso per Mario Occhiuto, difeso in quel periodo proprio da Gratteri, lo stesso che aprì e poi nascose il fascicolo a carico di Roberto Occhiuto sulla “Tenuta del Castello” nel lontano 2021, e ripreso dal nuovo procuratore Curcio nel giugno del 2025.
Nessuno ad oggi ha spiegato perché il fascicolo sia rimasto 4 anni in un cassetto per poi spuntare fuori a giugno 2025 sotto forma di “proroga indagini”. Un’indagine che dura da almeno 4 anni. Non serve una laurea in giurisprudenza per capire che c’è qualcosa che non va. Quella notificata a Roberto Occhiuto è una “proroga” che dura da 4 anni, e questo non è possibile. Ma tant’è.
Ritornando all’elezione di Mario Occhiuto: Presta, in prima battuta, si fece convincere, e una volta capito che quello che gli avevano raccontato Adamo e compari non era vero e che Mario Occhiuto era un intoccabile, con una scusa banale si sfilò, lasciando la palla in mano al Pd, costretto a candidare una figura di cartone come Carlo Guccione, che dovette accettare senza fiatare, perché all’epoca faceva ancora parte del mandamento di Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio. Ovviamente perse miseramente, come previsto.
Stessa cosa contro Paolini, anch’egli chiamato in correità da diversi pentiti sul voto di scambio, e avversario alla carica di sindaco di Mario Occhiuto. Il Pd, dopo averle provate tutte per far recedere Paolini, presentò un suo candidato, Perugini, spaccando il centrosinistra e garantendo così la vittoria a Mario Occhiuto. Per non parlare dello scellerato patto per l’elezione di Franz Caruso, barattato con l’elezione di Roberto Occhiuto alla Regione. Qui parlano i numeri: al ballottaggio i voti degli Occhiuto andarono a Franz Caruso. Al Pd Cosenza, agli Occhiuto la Regione. E gli affari sottobanco continuano.
Ed è quello che sta succedendo anche oggi: il Pd deve aiutare Robertino e la candidatura di Tridico è perfetta per perdere, e magari dare anche la colpa a lui dell’annunciata e scontata sconfitta. Stanno usando tutto il loro armamentario per convincerlo, lo stesso che usarono con Lucio Presta: “Roberto Occhiuto è finito nel tritacarne della giustizia e difficilmente ne uscirà indenne questa volta”. Il che è verosimile, ma non significa la vittoria automatica di Tridico, perché non bisogna dimenticare il fuoco amico, che potrebbe avere un sussulto di orgoglio e piazzare il suo asso all’ultimo momento contro il quale Tridico non avrebbe nessuna possibilità.
Di più: il Pd ha usato, con Tridico, anche l’argomento della collaborazione che il Movimento ha con l’amministrazione Franz Caruso a Cosenza, dove l’assessore alle politiche sociali, Veronica Buffone, è totalmente organica al sistema di intrallazzi di Nicola Adamo. Basta guardare il suo lavoro, chi frequenta il suo ufficio, per capire che è solo una firma per conto di “Capu i Liuni” e che il patrimonio immobiliare comunale è totalmente in mano alla malavita. Cosa di cui la Buffone è stata resa edotta, non solo dall’autorità giudiziaria, ma soprattutto dai cittadini che si sono visti scavalcare nell’assegnazione di un alloggio da personaggi che in città conoscono tutti e sanno essere legati ai clan, senza averne alcun diritto. In nome di questi intrallazzi, a cui la Buffone non partecipa ma che lascia fare, è stato chiesto a Tridico di scendere in campo, anche per salvaguardare tutte le posizioni dei 5 Stelle nelle amministrazioni pubbliche a fianco del Pd.
Insomma, è sempre la stessa storia che si ripete, e ogni volta in forma sempre più farsesca: il Pd deve trovare un candidato a perdere per aiutare Roberto Occhiuto, deve rispettare il patto e non vuole metterci la faccia. Per questo preferisce la faccia di qualcun altro. E Tridico, che sa tutto questo, se mai dovesse accettare, confermerebbe la propensione dei Cinquestelle agli accordi sottobanco trasversali con la peggiore politica di sempre. Il quadro è chiaro: il Pd continua a fare quello che ha sempre fatto: intrallazzare. E questa volta lo fa a braccetto con il Movimento Cinquestelle, divenuto ormai un suo sodale in tutto e per tutto. L’assessore Buffone, pedina perfetta al servizio dei marpioni, è la prova vivente di questo sistema marcio che tiene in ostaggio Cosenza e la Calabria. E Pasquale Tridico, candidato che non voterebbe nessuno specialmente a sinistra, ne è l’espressione più plastica: un volto usato come specchietto per le allodole, a copertura di un inciucio che si perpetua identica da decenni.









