Arzura 5
di Gioacchino CriacoÂ
E poi arrivano loro, politici, amministratori, prefetti, proclamano e invocano: uno dopo l’altro i paesi razionano l’acqua. Come se i pozzi, le falde, gli invasi, si fossero prosciugati all’improvviso. Come non ci fossero stati i millenni passati tutti con al centro il problema acqua.
Tutto come sempre finito col popolo che abbandona i fanti e si rifugia nei santi, nei riti alternativi, nelle scaramanzie e nei presagi. Don Francesco Antonio Cantisani a Lucera lo fecero santo per la pioggia. La Madonna del Rosario a Magisano è diventata Madonna delle Cuzzupe, sempre per fatto d’acqua, per la pioggia che porta la processione dell’Ottava di Pasqua. I Palmenti di Dionisio si facevano cisterne per avere acqua al tempo giusto per l’uva. Santi e Dei, addetti all’acqua, erano talmente tanti che spesso si esagerava, passando dal secco all’umido e il Levante caricava otri e otri e scasava fiumare e fiumi. I riti si facevano per far chiudere i rubinetti al cielo, stagliare alluvioni.
I pennacchi annunciano emergenze come a dire il nostro è fatto. E il popolo rinsavisce, passa dalla metafisica al reale e si rivolge agli esperti, abbassa le fasce tricolori e innalza le aureole, porta doni alle ninfe dei fiumi.