DALLA PAGINA FB DI AGOSTINO PANTANO
ESPORTATO IL GRATTERISMO, LA MAGISTRATUROCRAZIA CALABRESE E’ DI COLPO CENSURATA: DA UN ECCESSO ALL’ALTRO, SI INSINUA IL DUBBIO CHE CI SIA UNA NORMALIZZAZIONE A SCAPITO DELLA DEMOCRAZIA
L’altra sera mi è capitato di vedere al Tg1 il servizio che l’ottimo inviato Giuseppe Lavenia ha fatto sulla rete interregionale di tombaroli sgominata dalla Procura antimafia di Catanzaro, guidata da Salvatore Curcio.
Una vasta inchiesta che, per ora conclusasi con ben 11 arresti in tutt’Italia, è stata raccontata – nella principale edizione del notiziario della rete ammiraglia della tv di Stato – senza nominare per niente né il procuratore, che in mattinata aveva dato la notizia del blitz attraverso una conferenza stampa, e, soprattutto, senza mai neanche menzionare la Dda catanzarese che ha messo a segno il colpo.
Il giornalista, è questo il fatto che mi ha sorpreso, ha scelto di raccontare il tutto parlando solo dei carabinieri – che evidentemente hanno agito per eseguire quanto l’autorità giudiziaria aveva disposto – e in particolare entrando con loro nei locali blindati dove sono ora raccolti i reperti archeologici sequestrati agli indagati.
Sono tante le osservazioni che si possono fare rispetto a questa informazione parziale data dal giornalista: si potrebbe malignare facendo discendere la doppia censura da chi sa quale logica punitiva nei confronti dei magistrati catanzaresi – che oggi indagano pure sul governatore calabrese – oppure si potrebbe argomentare che le 3 Dda regionali oggi sono guidate all’insegna della sobrietà, ben lontane dal gratterismo che anteponeva i grandi numeri e il rilievo mediatico a qualsiasi altra cosa.
Non voglio dire che oggi le cose vadano meglio, o peggio, rispetto a ieri. Certo, però, noto che una simile doppia “dimenticanza” non sarebbe mai avvenuta nella recente epoca in cui quell’ufficio di Procura era guidato da Nicola Gratteri.
Noi calabresi abbiamo esportato nel resto d’Italia il metodo dichiarativo del procuratore Gratteri, nel senso che ora il magistrato è impegnato a farsi conoscere tramite i media nazionali per la sua posizione contraria nel referendum sul modo di eleggere i membri del Csm, e passare dal troppo al troppo poco per noi può rappresentare un limite.
Spegnere di colpo i riflettori accesi sulla magistraturocrazia calabrese (intendendo con essa la tendenza a far diventare l’inchiesta un fatto buono a cambiare la storia politica della regione e la vicenda personale di tanti individui) dicevo questo “buio” potrebbe nascondere un riflusso, una normalizzazione che – anche questa – crea il privilegio di magistrati senza controllo sociale, senza verifica giornalistica sul loro operato.
Come sempre la virtu’ starebbe nel mezzo: non vogliamo magistrati sovraesposti – che ti cazziano se non li nomini nei resoconti giornalistici – ma non vogliamo neanche magistrati anonimi, incappucciati come ai tempi del doge veneziano. e, soprattutto, non vogliamo che il tessuto del loro “cappuccio” – cucito a Roma – sia fatto di invidia, gelosia o, peggio, opportunismo politico e mediatico.









