M5S CALABRIA: UNA CAPORETTO
di Pino Tassi
Il M5S in Calabria ha avuto la capacità di accettare la candidatura di Doris Lo Moro del Pd a Lamezia Terme e entrare a far parte di una coalizione ampia con dentro anche Azione di Calenda che in consiglio regionale sostiene Roberto Occhiuto. Sempre in queste elezioni comunali, se ti sposti di 80 chilometri verso Nord, e vai a Rende, trovi sempre il M5S Calabria che ha fatto la scelta di correre da solo con una propria candidata a sindaco, tale Rossella Gallo, rompendo qui con il Pd e le altre forze moderate del cosiddetto campo largo.
Il presidente Giuseppe Conte nel suo tour elettorale in Calabria è approdato prima a Lamezia e dopo poche ore a Rende. A Lamezia ha appoggiato pienamente la candidatura della Lo Moro affermando: “E c’è un’interprete affidabile, una donna competente che ha già dato prova di sé a livello locale e nazionale”. Dopo è arrivato a Rende dove ha appoggiato la candidatura di Rossella Gallo come una scelta per il cambiamento e il rinnovamento radicale. Giuseppe Conte ha affermato: “Il Movimento 5 Stelle può correre anche da solo o addirittura rinunciare a presentarsi, ma non possiamo svendere il nostro patrimonio di valori e obiettivi andando in colazione. Nessuna colazione o forza politica può chiederci questo”.
Ora non si capisce bene come mai Doris Lo Moro diventa un’interprete affidabile del patrimonio di valori del M5S con una carriera politica trentennale e con una presenza nelle istituzioni ventennale. In effetti la ccordinatrice regionale del M5S l’aveva definita come “il Principe” (nel senso di Sandro…) di Lamezia Terme augurandosi inizialmente una candidatura di rinnovamento. Poi mentre il Pd si lacerava se ne esce un bel giorno appoggiando a nome del M5S la candidatura di Doris Lo Moro come la migliore possibile. In particolare, disse: “candidatura autorevole e prestigiosa”. Ancora oggi non si capisce se questa scelta sia nata a Roma dalle vecchie frequentazioni al ministero di Giustizia, oppure al Parlamento Europeo a Brussels, o più semplicemente a Cosenza.
Nello spazio di ottanta chilometri abbiamo due posizioni radicalmente opposte e contraddittorie. Sta di fatto che si va a votare e mentre a Rende stravince Sandro Principe e la candidata Gallo prende solo un 5%, a Lamezia Terme abbiamo che la forza propulsiva della candidatura Lo Moro fa cilecca e si ferma ad un 31,77% con la lista del M5S che si ferma ad un inglorioso 3%. Come diceva il grande Gino Bartali: è tutto sbagliato, tutto da rifare.
Solo la fortuna o se preferite il “fuoco amico” degli avversari tiene ancora in vita la candidatura della Lo Moro perché se il centrodestra avesse trovato la quadra tra Murone e Bevilacqua la partita sarebbe stata bella e chiusa. Game over.
Ora, alla Anna Lauro Orrico non resta che pregare che al ballottaggio vinca la Lo Moro per poter mandare un consigliere comunale che poi sarebbe un ex dirigente del Pd, lo sanno pure le pietre a Lamezia… In ogni caso, comunque la pensiate, se il M5S deve correre da solo, come a Rende, o in alleanza con il Pd, come a Lamezia, c’è un dato che accomuna le due soluzioni: il M5S a livello locale e regionale è un partito debole e fragile. Ma questo dato non è frutto della malasorte, è semplicemente frutto della mancanza di gruppi dirigenti che sappiano fare politica sul territorio.
Prendiamo la Regione Calabria, qua il M5S si è rimasto con un consigliere regionale, il secondo è scappato sotto le ali protettive di Roberto Occhiuto. Il consigliere eletto si chiama Davide Tavernise che in quattro anni si è distinto solo per la battaglia sui medici imboscati e sulla poca trasparenza della Fondazione Calabria Film Commission. Tavernise sarà conosciuto nell’Alto cosentino jonico, ma fuori di lì pochi ne conoscono l’esistenza e l’azione politica.
Sono invece totalmente sconosciuti gli assessori del movimento nei capoluoghi di provincia. Sfido chiunque a dire i nominativi degli assessori nei Comuni di Cosenza (e meno male se no tutti saprebbero che si chiama… Buffone!), Vibo Valentia e Catanzaro. E a riportare una loro iniziativa importante. La debolezza del M5S nasce soprattutto dal fatto che in base allo slogan “uno vale uno” sono arrivati in Parlamento soggetti per nulla conosciuti sul proprio territorio di appartenenza. Nel vecchio PCI, dove pure vi erano cordate e favoritismi, se non facevi tutta la trafila dall’impegno militante al consiglio comunale, alla Provincia fino ad arrivare alla Regione con il binocolo mettevi piedi a Montecitorio o a Palazzo Madama. Non ho mai conosciuto un iscritto al PCI che avesse preso la tessera per diventare parlamentare o consigliere regionale.
E così abbiamo la situazione paradossale di avere parlamentari Cinquestelle che a Roma sono battaglieri, preparati, e sempre sul pezzo, poi arrivano nel fine settimana in Calabria e scompaiono, si fermano a ricaricare le batterie, per ripartire caricati al massimo per Roma il martedì successivo. E fare bella figura con Giuseppe Conte. In quasi tre anni di presenza in Parlamento l’unica battaglia di piazza su cui si sono distinti i parlamentari Cinquestelle è stato contro il colpo di mano per far decadere la Scutellà e far eleggere Andrea Gentile. E ci mancava pure…
L’Assemblea Costituente di novembre 2024 aveva messo al centro la discussione di come rafforzare il movimento sui territori, poi la polemica con Grillo ha portato a discutere solo dell’organizzazione a livello nazionale e di mandati elettorali. Per cui si è arrivati, dopo le modifiche, ad avere uno statuto con pesi e contrappesi a livello nazionale, indice di un’ampia riforma democratica. Poi invece scendendo nelle regioni hai ancora regole da vecchio partito leninista dove per esempio i coordinatori regionali e provinciali vengono proposti dal presidente nazionale ed eletti dal Consiglio nazionale. Per cui arrivi all’assurdo che Anna Laura Orrico è stata eletta come coordinatrice regionale da Giuseppe Conte, con le nuove modifiche servirebbe l’approvazione del Consiglio Nazionale. Sembra quasi un’investitura monarchica.
Giuseppe Conte sembra non capire che queste regole portano all’asfissia e alla rinchiusura del movimento sul territorio. Capisco che si vuole evitare di diventare come il Pd che è il contenitore di dieci, venti partiti, ma si possono trovare soluzioni che aprono la vita del M5S s tutti coloro che vogliono dare un contributo e impegnarsi per trasformare la propria realtà. Senza regole democratiche che favoriscano il confronto e l’impegno non vi è futuro per il M5S. Giuseppe Conte ha così commentato il risultato elettorale nei comuni: “Un risultato importante che conferma il buon lavoro di radicamento che stiamo facendo sul territorio e ci sprona a continuare in questa direzione per fare meglio e di più”.
Non conosco la situazione nelle altre regioni, in Calabria certamente questo lavoro di radicamento non si vede. O perlomeno non si vede nella società ma solo nei Palazzi di potere. Giuseppe Conte dovrebbe avere il coraggio di aprire gli occhi e mandare tutti i parlamentari a lavorare nei quartieri, nei mercati, sui luoghi di lavoro. In più dovrebbe proibirgli di andare in tv, di frequentare i talk show, di fare interviste sui giornali, sui social e whatsapp, e imporre una relazione scritta ogni fine settimana con tutte le iniziative fatte.









