Calabria ruffiana, i sindaci liquidi e cerchiobottisti: fanno finta di protestare ma poi si inchinano a… Occhiuto. Il caso Vetere

di Saverio Di Giorno

I sindaci liquidi sono una particolare categoria di sindaci calabresi. Il sociologo Bauman aveva coniato la definizione di società liquida per riferirsi ad una modernità senza punti di riferimento, senza concetto di comunità, senza una sua identità e capace di adattarsi a vari contenitori. Ecco. Vetere (sindaco… a vita di Santa Maria del Cedro), Perrotta (sindaco di Scalea), ma anche altri come Nicola Fiorita da Catanzaro, che non sono di destra ma strizzano l’occhio alla pila che gestisce Occhiuto, sono più o meno così.

Stasi se n’è accorto appena in tempo… Il punto è che in Calabria non basta l’onestà e nemmeno le capacità. Ci vuole credibilità. Cioè, memoria, scelte di campo e una spolverata di intransigenza. L’acqua scorre, si torce, se trova un ostacolo più grande ci gira attorno, sopra e ai lati, poi si infila nelle intercapedini, nelle fessure ed eccola riuscire alla luce fresca come se non avesse fatto mille torsioni e giri. E loro pure abili giocolieri, contorsionisti capaci di infilarsi senza sfigurare in mille occasioni variegate e ospiti graditi in tutti i tipi di tavoli. Ora festosi all’ennesima passerella su tale finanziamento o tale promesso e subito dopo bardati a presenziare a quel presidio di protesta. Vetere ad esempio, che proprio ieri ha dato vita a scene disgustose da basso impero alla presenza dello stesso Occhiuto ma anche altri… ultimo in ordine di tempo il sindaco di Catanzaro… eccoli, ora a gridare (giustamente) contro lo stato di abbandono del territorio, la sanità assente e randellare i colleghi per il silenzio e il giorno dopo fare i complimenti e ad accogliere come trionfatori i fratelli Occhiuto, l’uno che applaudiva alla chiusura degli ospedali e l’altro che – votando l’autonomia differenziata – sarà artefice del crollo finale. Non c’è da andare a scomodare le dichiarazioni di qualche pentito o di arrivare a questioni legali, ma bastano gli atti e i buchi dei vari anni per minare la credibilità di questi signori e dimostrare che c’è poco da esultare di fronte a certa classe dirigente.

Non si può rimproverare di mancanza di onestà e nemmeno di capacità. Ma questi due punti a favore diventano un aggravante per atteggiamenti molli. Presenzialisti senza motivo. Pronti ad assecondare al limite della compiacenza. Non si può dare un colpo alla botte e uno al cerchio, altrimenti sembra una carezza e basta. Il grigiore democristiano deve essere sostituito da contorni netti. Se si hanno visione e capacità per raccogliere fondi su progetti e vincere stanziamenti, che bisogno c’è poi di andare a srotolare stendardi e dare fiato alle trombe del governante di turno? C’è davvero bisogno di ridursi al livello di uno dei tanti sindaci di queste estati costretti a trotterellare per avere ora quel finanziamento, ora quell’appoggio per un riconoscimento? Se non c’è questa necessità o bisogno peggio mi sento: significa che lo si fa volutamente.

Sulle loro capacità hanno costruito fiducia, hanno raccolto voti e speranze. Hanno costruito esperienze che dovevano essere isole felici e contrarie in un territorio marcio. Questa è merce preziosa per una popolazione estremamente diffidente e scoraggiato come quella calabrese. Questi tesoretti elettorali dovrebbero servire a costruire alternative forti e credibili (appunto) non essere dissipati in endorsement (è il termine inglese ed elegante per non dire piaggeria).

Non bastano i post, le targhe, e nemmeno i progetti solidali. C’è bisogno delle prese di posizione e dei no. Se è vero che la politica è l’arte del compromesso e che la mediazione e la strategia sono capacità di ogni abile politico è anche vero che il passo è breve per andare dal compromesso al compromettersi, dal mediare al deludere, dal fare strategia, a fare certe figure. Da parassita sociale…