Calabria, sanità allo sbando. “Dimissionata” la mitica Maria: la Crocco, il generale, l’usciere e il “padrino”

Maria Crocco

Vi ricordate “Maria”, la inquietante voce fuori campo che dagli schermi della Rai nello scorso mese di novembre rampognava lo stralunato generale Cotticelli? Beh, la ormai leggendaria subcommissaria dell’altrettanto mitico commissario della sanità calabrese, è stata finalmente “dimissionata”. Maria Crocco in realtà ha consegnato le sue formali dimissioni motivandole con i soliti “problemi familiari” ma è chiaro come il sole che le è stato ordinato di togliere il disturbo dopo tutti gli innumerevoli danni che ha causato alla nostra sanità in tandem con il generale stralunato.

E allora apriamo il libro dei ricordi e rievochiamo le mirabolanti avventure di Maria e del generale per come le abbiamo viste in televisione nell’inchiesta di Titolo V e del giornalista Walter Molino.

IO, MARIA E L’USCIERE

In Calabria all’inizio dello scorso mese di novembre non si parlava d’altro. Più ancora che della zona rossa, degli “aggiornamenti farlocchi” dei dati del Covid e dell’andamento del virus. L’oceanica figura barbina del commissario della sanità calabrese, il generale dei carabinieri (in pensione) Saverio Cotticelli aveva superato tutto. Un po’ com’era già accaduto ad aprile con il leggendario Pallaria. Anche lui aveva confessato candidamente la sua ignoranza in materia sanitaria. Ma l’intervista di Cotticelli è stata ancora più tragicomica. Eh sì, perché in onda non sono andati solo il generale e il giornalista che lo ridicolizzava ma anche altri due personaggi, che hanno dato a tutta la faccenda una veste farsesca perché, come tutti sapete, quando la tragedia si ripete più volte, alla fine diventa farsa.

Ma chi sono gli altri due protagonisti della vicenda? Una è diventata ormai famosissima (anche perché mai inquadrata) ed è “Maria”, la donna chiamata in causa più volte dallo stralunato generale. “Maria” non è né la moglie né la segretaria di Cotticelli. “Maria” altri non è che Maria Crocco, ahinoi cosentina, subcommissaria di Cotticelli, chiamata a far da balia al generale e che già quando era in Abruzzo ne aveva combinate parecchie, rimanendo però sempre a galla negli ambienti politici che contano fino a “spuntare” l’incarico di subcommissaria dal governo Lega-M5s. Insomma, un’altra parassita del sistema sanità.

“Maria” in realtà strapazza il generale più ancora del giornalista, che quasi non crede ai suoi occhi e alle sue orecchie quando si accorge del livello della nostra sanità, ma il colmo lo si raggiunge quando sia Cotticelli che “Maria” chiamano in causa il personaggio più inquietante del teatrino. Lui è il terzo personaggio che si trova nell’ufficio del generale e tutti e due – sia “Maria” che Cotticelli – chiedono proprio a lui di conoscere il dato ufficiale sui posti in terapia intensiva. Per fortuna, a differenza della Crocco, il personaggio entra nelle inquadrature e (addirittura!) parla, affermando che ci sono “55 posti letto attivati per un totale di 161…”. Anche in questo caso il giornalista fatica a credere che sia possibile realmente quello che sta accadendo e quando chiede al soggetto quale sia la fonte, la risposta (imbarazzatissima) è: “… Io faccio un altro lavoro. Sono un usciere…”. Testuale. Per una migliore comprensione dei fatti: l’usciere conosce i dati al contrario del commissario e della subcommissaria!

Saverio Mosciaro e Peppe Scopelliti

Ma la visione del personaggio a noi (poveri) cosentini ha immediatamente aperto un mondo. Eh sì, perché quello lì non è proprio per niente un usciere ma è un soggetto che nelle stanze della Regione ci sguazza da decenni e lo conosciamo benissimo. Si chiama Saverio Mosciaro, classe 1964, ex cestista della Pallacanestro Cosenza, entrato già giovanissimo – non era proprio una cima nei panni di pivot – nei generosi ranghi della sanità cosentina rigorosamente in quota Cinghiale (Tonino Gentile per i nuovi di Iacchite’). Qualcuno dice addirittura che sia il nipote di Tonino ‘u furbu ma diciamo che accettiamo la notizia con il fatidico beneficio dell’inventario. Quello che è certo, invece, è che il signor Saverio Mosciaro è stato assunto alla Regione come dipendente di categoria C all’epoca di Chiaravalloti e che ha fatto il grande salto nel 2010 quando Scopelliti, anche lui ex cestista, si è preso la Regione e il buon Mosciaro (spinto chissà da chi…) è diventato addirittura capostruttura del direttore generale della Giunta Franco Zoccali, ovvero il braccio destro di Peppe da Reggio. 

Non solo. La moglie, Daniela Greco, anche lei cosentina, è stata la prima coordinatrice della segreteria del Commissario del piano di rientro della sanità, sempre sotto la guida di Peppe Scopelliti, nonostante abbia solo un diploma di Ragioneria e una laurea in… Scienze Motorie. E anche in questo caso non serve molto per capire chi possa essere il “padrino” cosentino della signora. Che dopo qualche tempo decideva in prima persona gli accreditamenti alle cliniche private, capisci a me… 

Tornando a Mosciaro, invece, ultimamente, è tornato alla ribalta – dopo aver bivaccato per qualche tempo in vari uffici dopo le disavventure di Peppe e l’avvento di Palla Palla – entrando nella segreteria dell’Ufficio del Commissario della sanità. Che poi sia stato inquadrato o meno come “usciere” non lo sappiamo ma la sua faccia e il suo curriculum di parassita ci dicono decisamente altro.

Risolto il secondo “mistero” della plateale intervista di Cotticelli, rimaneva ancora un dubbio, che in quelle ore si faceva strada in tutti i calabresi che avevano assistito, dal vivo o in registrata, all’evento. E se fosse stata tutta una messa in scena? Sembrava impossibile che fosse realtà e se proprio non vogliamo mettere in mezzo “Scherzi a parte”, a molti era venuto il dubbio che fossimo stati proiettati per qualche minuto nella celeberrima sit-com “Casa Vianello” con il generale molto Raimondo, “Maria”, naturalmente Sandra e l’usciere nel ruolo di “terzo comico”. Involontario o meno, fate voi.

IL FUORI ONDA DI MARIA

La seconda parte dell’inchiesta di Titolo V, affidata ancora una volta al giornalista Walter Molino, una settimana dopo, parte da dov’era finita la prima ovvero da Cotticelli, il generale stralunato. Non ci vuole molto per capire che il “piano anti Covid” del quale Cotticelli prima non sapeva nulla e poi – nel pollaio di Giletti – ne rivendica la paternità, non è proprio per niente un “piano”. Per il semplice motivo, come spiega Rubens Curia, che si tratta solo di una parte, quella ospedaliera, mentre di quella territoriale, che è importante almeno quanto la prima, non c’è nessuna traccia. Morale della favola: Molino sdogana un fuori onda inedito della prima intervista nel quale la subcommissaria Maria Crocco (quella che Cotticelli chiama “Maria”) va giù in maniera molto più pesante sul suo molto presunto “capo”. Gli dice testualmente: “Tu andrai certamente in galera e se mi metti in mezzo, io ti denuncio!”. Eh sì, perché Cotticelli, non redigendo il “piano anti Covid” ha violato la legge, precisamente l’articolo 328 del codice penale, commettendo il reato di omissione di atti d’ufficio, che è punito con una reclusione da 6 mesi a 2 anni. Così, tanto per cominciare…

A tale proposito, si era poi appreso che la Procura della Repubblica di Catanzaro aveva avviato le indagini per risalire a eventuali responsabilità in merito alla gestione dell’emergenza sanitaria. L’ipotesi di reato è quella di epidemia colposa e, riportava la Gazzetta del Sud, fa riferimento alla non applicazione del piano anti Covid. Ai magistrati spetta adesso il compito di ricostruire eventuali errori e abusi commessi nella gestione dell’emergenza Coronavirus in Calabria, al fine di capire se siano stati commessi o meno dei reati. La Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura guidata dal magistrato Nicola Gratteri, avrebbe già raccolto documenti e segnalazioni.

L’ULTIMO SCANDALO, LA LETTERA A ZINGA E IL SOLITO ANDREA URBANI

Eppure, nonostante lo scandalo e l’avvio dell’inchiesta giudiziaria, “Maria” restava sempre al suo posto e gli addetti ai lavori potevano ancora distintamente vederla nel suo ufficio, qualche volta vestita persino di “rosso”, a sbrigare le sue pratiche. A darle il colpo di grazia, a quanto pare, l’ultimo scandalo cosentino della truffa per l’appalto delle pulizie all’ospedale dell’Annunziata, preceduto dai licenziamenti in massa degli Oss.

La subcommissaria Crocco, in questa fattispecie, così come in tante altre, perché non è riuscita a trovare una soluzione, seppur temporanea, al fine di evitare la procedura di licenziamento avviata dalla ditta, nelle more di trovare una risoluzione idonea a garantire i livelli occupazionali e le conseguenti prestazioni dell’Ospedale di Cosenza?! In tanti se lo chiedevano all’epoca dei licenziamenti ma soprattutto dopo che la truffa è venuta fuori – con colpevolissimo ritardo – dalle grottesche indagini del porto delle nebbie (per i nuovi di Iacchite’, la procura di Cosenza). 

“… Forse i commissari non hanno ben chiaro o vogliono far finta di non vedere che il rischio in cui si va ad impattare – scriveva qualcuno al segretario del Pd Zingaretti invocando il… licenziamento della Crocco – è che vengano meno la sicurezza e la continuità assistenziale di chi ricorre alle cure ospedaliere e addirittura, per il venir meno di personale, unitamente alla già appurata carenza di personale medico e infermieristico, si potrebbe arrivare alla chiusura di alcuni reparti.

Il Pd non può correre il rischio di incrementare il dissenso sociale verso la politica. Non è più tollerabile aspettare ore ai pronto soccorsi, non è più tollerabile la carenza di farmaci nelle strutture, non è più accettabile che i calabresi e cosentini non vengono curati come si deve perché manca il personale o i letti per essere ricoverati, che vedevano sparire i servizi che avevano nel loro territorio parcheggiati in lunghe liste di attesa o costretti a migrare in altre regioni per farsi curare.

Caro segretario, più di una volta hai ripetuto “stavolta prima l’Italia lo diciamo noi”  ma io partendo da ciò aggiungo “stavolta prima la Calabria e i cosentini lo diciamo noi” . Qualche tempo fa a Cosenza è venuto a far visita Matteo Salvini, il quale è stato accolto da un corteo che manifestava contro il sovranismo politico da lui rappresentato. Ho aperto questa breve parentesi che apparentemente poco c’entra con il problema della sanità calabrese, ma non è così. Inaccettabili sono state le dichiarazioni negative di Salvini sulla sanità, quando l’entourage subcommissariale della sanità calabrese fa capo, ed è di nomina, al suo partito; nella fattispecie la dottoressa Maria Crocco come subcommissario alla Sanità della Regione Calabria.

A questo punto diversi interrogativi sorgono. Il primo riguarda le intenzioni del Ministro della Salute Roberto Speranza, ovvero se ritiene di mantenere a capo della sanità calabrese un subcommissario già “tolto dalla regione Abruzzo per manifesta incapacità”, e in caso affermativo il perché intende continuare a mantenere in essere l’incarico commissariale conferito dal precedente governo, ed espressione del partito di Matteo Salvini.

La seconda domanda è se il Ministro della Salute riesce a comprendere che dei commissari di vocazione leghista poco possono tutelare gli interessi dei calabresi.

Ed infine se, sempre il Ministro, riesce a capire che a questa subcommissaria, non di nomina dell’attuale governo, non è capace (o non vuole esserlo) di tutelare il posto di lavoro degli Operatori Socio Sanitari in servizio, per il tramite della cooperativa, all’Azienda Ospedaliera di Cosenza, perché non importa nulla dei calabresi?

Vi è di più, si mormora sul nostro territorio che il subcommissario, sempre la dottoressa Crocco, “ha intenzione di far vivere” ad altri lavoratori del comparto sanità, la stessa condizione di licenziamento che stanno oggi vivendo gli oltre 90 lavoratori OSS. Ed infine segretario Zingaretti: il Pd ha intenzione di continuare a far fare gli interessi di qualche burocrate romano (il solito Andrea Urbani), che ha indicato la dottoressa Crocco, alle spalle dei calabresi, o di cambiare rotta e pensare realmente ai calabresi?“. E il cerchio, magicamente, si chiude. Perché Andrea Urbani non è soltanto il “padrino politici” del generale Cotticelli e della Crocco ma anche delle commissarie venute dal Nord dell’Asp e dell’Azienda Ospedaliera, Simonetta Cinzia Bettelini e Giuseppina Panizzoli, che invece sono ancora al loro posto. Possiamo finalmente sperare che vengano “dimissionate” anche loro? Speriamo bene.