Calabria senza speranza. Vincenzino Speziali, Andreotti&Craxi junior, Totò vasa vasa e il “nuovo” che avanza

Eravamo rimasti alla “Calabria che l’Italia non si aspetta”, l’hashtag del governatore Roberto Occhiuto e della banda cosentina di Forza Mafia, quella che ha diviso la torta con la loggia del Pd-P2 governata sempre in terra bruzia dai coniugi Capu i Liuni e Madame Fifì. Pensavamo, sbagliando, di aver visto già la melma ed il fondo del barile della politica ‘ndranghetista calabrese, quella che veste griffata e che traffica con i colletti bianchi, godendo delle appartenenze massomafiose e delle benedizioni delle curie inquinate della Chiesa di Calabria.

Non c’è mai limite al peggio e tanto che siamo costretti ad assistere in diretta TV, su un emittente locale di regime alla santificazione della Prima Repubblica attraverso i figli dei due presunti statisti e con l’aggiunta di due manutengoli più giovani. C’è aria di restaurazione e di divinazione della Prima Repubblica che in Calabria ha rappresentato il meglio della ragnatela, lasciata in eredità ai nuovi arrivati, che da subito anche con il contributo di apparati deviati dello stato e con il salto di qualità della ‘ndrangheta, hanno imparato la lezione e replicato le regole.

Assistiamo a ciò che raccontano ad uso e consumo Andreotti & Craxi in versione prole e poi Salvatore Cuffaro, “Totò vasa vasa” e nientemeno che Vincenzino Speziali, l’enfant prodige di un pezzo di Democrazia Cristiana, mai morta e nemmeno sepolta. Tracce di Cuffaro in Calabria le abbiamo trovate e sono quelle che si ricollegano al “cugino” fuggitivo, il vescovo massomafioso di Catanzaro Vincenzo Bertolone che nel suo regno nella chiesa calabrese ha costruito un potere parallelo, in alleanza con la massomafia e con la politica affaristica, tanto da diventare la terza gamba del sistema Catanzaro. Bertolone ha orientato il futuro di una città, quella di Catanzaro e soprattutto ha spostato le lancette del tempo con la stessa facilità con la quale ha spostato i fondi della curia, circa quattro milioni di euro, tanto da essere sotto attacco non solo dalla procura di Nicola Gratteri, questo è uno spiffero sempre più accreditato, ma anche dai vertici della Santa Sede, che ne hanno di fatto decretato la sua clausura in un monastero alle porte di Roma, dove attende “con fede” il tintinnio delle manette.

La novità è tuttavia un’altra! E’ la riesumazione di un altro pezzo di ferraglia politica calabrese, rimesso a nuovo ed esibito senza pudore. Vincenzino Speziali è l’insolente e superbo calabro-libanese, forte del potere che conserva attraverso media compiacenti e di regime, si autocelebra e tenta di fare assolvere tutti con il suo discorrere da consumato trombone, quella caratteristica ereditaria dello scudo crociato che trova in Mario Tassone (suo antico mentore) il decano dello sproloquio pari al nulla.

Le mire di Speziali se nessuno le ha ancora esposte, noi le conosciamo bene e per quel che sappiamo del lurido paese in cui viviamo, siamo anche certi che ci riuscirà a raggiungerle tanto alla fine è meglio costui, del quale conosciamo la sua sfrontatezza clientelare e parassitaria che di altri, i quali fanno gli agnellini e poi si rivelano iene. Il vecchio paradigma calabrese del meno peggio!

La cosa insopportabile è che lui, Speziali, non si vergogna mai, anzi sembra godere quando censura gli attuali, quasi che i Cinquestelle o De Magistris non siano arrivati dove sono arrivati, in alcune occasioni a furor di popolo, per colpa dei compari di questo giovane trombone erede dell’equilibrio democristiano. Ha tutto per essere equiparato al peggio del peggio, ed i calabresi quelli proni se ne facciano una ragione, perché alla fine lui ed i suoi simili rischiamo di ritrovarceli ancora una volta tra i piedi, magari sotto altre spoglie. Questo è quello che sembra palesarsi sotto i nostri occhi, mentre l’Italia aspetta di vedere una nuova Calabria.

Se veramente potessimo rifarci alla storia, non quella sua o dei suoi amici, ma  semmai alla rivoluzione francese, ad esempio, forse  tutto quanto sarebbe più positivo, perché daremmo una speranza ai cittadini oppressi, senza tanto scandalizzarci del sangue e della ghigliottina.