Calabria, sfascio sanità. L’Espresso: “Vite appese ad ambulanze di seconda mano e alla toppa dei medici cubani”

di Gianfrancesco Turano

Fonte: L’Espresso

Prima di chiamare un’ambulanza in Calabria è bene accertarsi di avere un accompagnatore con conoscenze di meccanica automobilistica. Il parco mezzi medici è stato appena rinnovato, per così dire, con alcune decine di veicoli di seconda mano acquistati dall’Areu, l’agenzia sanitaria per le emergenze della Lombardia. Con il contachilometri spesso oltre quota duecentomila, il paziente potrebbe essere costretto a spingere. Ma il prezzo era un affare ai limiti della beneficienza, poco più di mezzo milione di euro. Il caso ambulanze, denunciato lo scorso agosto, è destinato a diventare un modello dopo l’introduzione dell’autonomia differenziata che impoverisce un Sud già povero, sempre più vecchio e spopolato, e la Calabria, Sud del Sud, dove la sanità è commissariata da oltre un decennio. Poco più di tredici anni, per l’esattezza, sotto il governo di una compilation di generali e prefetti raramente dotati di competenze specifiche.

Ai problemi nazionali delle liste d’attesa infinite, dei medici in pensione che non vengono rimpiazzati, del fallimento della sanità di prossimità che avrebbe dovuto alleggerire gli ospedali, bisogna aggiungere uno specifico di asp in mano alla ‘ndrangheta (Reggio, Catanzaro, Vibo Valentia) di macchinari obsoleti, dei buchi di organico creati da un lunghissimo blocco del turnover, di uffici acquisti che pagano le fatture due volte oppure non le pagano proprio, della carenza di Rsa pubbliche.

Nella Locri dell’omicidio di Francesco Fortugno, vicepresidente della regione vittima di un agguato mafioso nel 2005, il presidente del tribunale dei diritti del malato, Giuseppe Mammoliti, ha paragonato l’ospedale della cittadina ionica con Gaza. Esagerato, d’accordo. Ma anche senza guerra, 570 fra medici e infermieri sono acquattati tra le scartoffie in ufficio, secondo il capogruppo M5S Daniele Tavernise, mentre in corsia si fanno doppi e tripli turni.

Il presidente Roberto Occhiuto, eletto con largo consenso a ottobre del 2021, si è tenuto le deleghe sulla sanità insieme al ruolo di commissario e lavora con due vice, Iole Fantozzi ed Ernesto Esposito. Appena arrivato nel palazzo della giunta a Germaneto (Catanzaro), l’ex capogruppo forzista alla Camera ha istituito l’Azienda regionale Zero che avrebbe dovuto affiancare la struttura commissariale sulla base di un modello che funziona in Veneto dal 2016.

Finora è andata male. Il primo manager di Azienda Zero, Giuseppe Profiti nominato nel 2022, è morto d’infarto a 62 anni mentre era in vacanza in Puglia l’estate scorsa. Il suo successore, Vitaliano De Salazar, ex direttore del Sant’Andrea di Roma, è durato poche settimane dalla nomina nell’ottobre del 2023. Si è dimesso a dicembre, indagato per falso in un’inchiesta sulle asl laziali. Adesso è il turno dell’ingegnere nisseno con laurea a Modena Gandolfo Miserendino, preso dal dipartimento per la transizione digitale della presidenza del Consiglio dopo una lunga militanza nella sanità pubblica emiliana. «Mi impegnerò a seguire il solco tracciato dai miei predecessori», ha dichiarato Miserendino. Lo attende il compito di mettere nero su bianco la ricognizione di un debito sanitario affidato alla tradizione orale come l’epica omerica. La banda di oscillazione va da un minimo di 1,13 miliardi a quattro volte tanto.

Nel frattempo, Occhiuto si affida all’estero. Il primo febbraio 2024 ha accolto altri 98 medici cubani, dopo una tranche di cinquanta dottori nel dicembre 2022 e una di 120 lo scorso agosto. Con gli altri nuovi assunti, fra i quali 150 specializzandi in attesa del permesso delle università, il presidente forzista vanta forze nuove per 500 unità senza curarsi delle polemiche. Il presidente dell’ordine dei medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, ha detto che i cubani non sono laureati. Lo ha smentito il generale Antonio Battistini, commissario dell’Asp di Catanzaro e autore delle verifiche. Altri accusano Occhiuto di finanziare il regime dell’Avana visto che le assunzioni sono mediate dalla Comercializadora de servicios médicos cubanos (Csmc), un’agenzia dello Stato castrista. Persino la Corte dell’Aja si è occupata dell’operazione che prefigurerebbe una forma di schiavismo.

ROBERTO OCCHIUTO

«Non versiamo un euro al governo cubano», ha smentito Occhiuto. Lui direttamente, magari no. Ai medici venuti dai Caraibi, dicono le voci fra colleghi, rimangono 1200 euro al mese, circa un quarto del compenso totale. Resta il fatto che per i cubani la sanità pubblica della Calabria è economicamente conveniente e alla sistemazione ci pensa l’Esercito. I colleghi italiani, invece, vanno sempre più verso il privato che prende piede con investimenti di gruppi piccoli e medi come Giomi, Greco, Crispino, Stasi-Marrelli, Lamberti, Caminiti. Le carenze più gravi sono in ortopedia e traumatologia perché lavorare per la sanità in convenzione ha un’attrattiva economica forte rispetto ai costi di un trasferimento verso Nord.

I pericoli dell’autonomia differenziata non sono stati evocati soltanto dai sindacalisti e dagli amministratori di sinistra ma anche da monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano e numero due della Cei, che ha invitato i calabresi alla mobilitazione con lo slogan «senza diritti non c’è democrazia».

L’oncologo di Villa San Giovanni Rocco Bellantone, ordinario di chirurgia generale alla Cattolica di Roma e da gennaio presidente dell’Istituto superiore della sanità (Iss), l’ha messa sul piano della matematica: «Un cittadino della Calabria», ha dichiarato, «ha meno possibilità di sopravvivere a un tumore rispetto a uno che vive nelle regioni del Nord».

Eppure le risorse finanziarie ci sarebbero, se si sapessero spendere bene. Lo conferma Alessandra Baldari, segretaria regionale della Cgil-Fp: «Abbiamo 86 milioni per rinnovare il parco tecnico e vanno attivate quattordici case della salute legare al Pnrr, i cui fondi scadono nel 2026. Ma non ci sono ancora i piani di fabbisogno per l’anno passato e resta forte la carenza di consultori, medici di base, ambulatori specialistici e laboratori di analisi. In quanto all’autonomia differenziata, noi l’abbiamo già vissuta e la viviamo ogni giorno. Con risultati fallimentari».