Cas e Sprar, sigle che cambiano al “cambiare” gattopardesco dei governi (di Antonia Romano)

Cas e Sprar, sigle che cambiano al “cambiare” gattopardesco dei governi

Quanto recentemente accaduto a Castrovillari rende palesi alcune evidenze ricorrenti in diverse zone d’Italia, dove si sta affrontando il fenomeno dell’immigrazione e del transito di persone che fuggono dai propri paesi per ragioni che conosciamo benissimo e che, con individualismo, egoismo e interesse politico di forze populiste e fasciste, viene ignorato o falsificato.

Che l’accoglienza di persone, che hanno rischiato la vita perché costrette a scegliere tra la certezza di morire e la speranza di farcela, sia un dovere di cittadinanza non dovrebbe essere necessario ribadirlo.

Non vogliamo entrare nel merito delle esternazioni farneticanti di chi aizza il popolo in modo strumentale, ma intendiamo entrare nel dibattito politico, non partitico, per esprimere la nostra posizione.

Non ha molto senso per noi distinguere tra Cas e Sprar, sigle che cambiano al “cambiare” gattopardesco dei governi. Ha senso parlare di prima accoglienza, la più delicata, di chi la gestisce, di come la gestisce, di quanto l’amministrazione locale sia in grado di vigilare affinché nessuno faccia di questa accoglienza un mestiere, un’occasione di lucro, di quanto si è in grado di tenere lontano dalle persone da accogliere, dai fondi per la prima accoglienza la malavita organizzata.

Questa è la preoccupazione principale che deve essere priorità programmatica in chi ha ricevuto l’onore e l’onere di amministrare la città. A noi interessa parlare di seconda accoglienza come inizio di concreta costruzione di nuove comunità meticce, destino immodificabile per la nostra società. È per questo opportuno citare Riace più che come modello da replicare come esempio di buona pratica. E di buone pratiche possono nascerne altre, non necessariamente identiche, anche in altri paesi della nostra regione, anche a Castrovillari.

È dunque necessario fare rete tra politica e società civile organizzata, costruire un servizio sociale integrato, lavorare con la consapevolezza che ci troviamo di fronte non all’esecuzione di un compito che ci viene assegnato dalle prefetture, ma a un progetto che ridefinirà il fenotipo della nostra comunità. La nostra associazione ribadisce la disponibilità e la volontà di lavorare in rete con altre realtà attive sul territorio e con le amministrazioni comunali, purché sia chiaro che ciò che faremo non è finalizzato al lucro né alla ricerca del consenso elettorale.

L’unico vincolo che ci dobbiamo porre nel dare doverose e dignitose risposte di accoglienza è costruire interazioni positive tra chi arriva e chi accoglie e per far questo non servono proteste, non servono tribuni della plebe, servono azioni concrete e costruttive di sensibilizzazione, informazione, dialogo, collaborazione.

Antonia Romano

La presidente della ONLUS  Per un’Europa dei Popoli