Caso Bozzo, la procura in Appello contro Citrigno. E le indagini di Spagnuolo?

Pierino Citrigno

La procura di Cosenza ha depositato l’appello alla Corte di Catanzaro contro la condanna a quattro mesi di reclusione inflitta, lo scorso 14 settembre, all’imprenditore cosentino Piero Citrigno, imputato nel processo sulla morte del giornalista Alessandro Bozzo per violenza privata. Il pm Cerchiara aveva chiesto la condanna a 4 anni di carcere.

Una pena, quella di quatto mesi, che la procura non ha digerito, anche perché era stato il procuratore Spagnuolo a sbilanciarsi dopo un’udienza parlando ai giornalisti in una conferenza stampa. Per la precisione, la prima da procuratore della Repubblica, a luglio dello scorso anno.

Spagnuolo aveva annunciato, prendendo “spunto” dall’udienza dibattimentale svoltasi quel giorno, che la procura avrebbe proceduto aprendo un nuovo fascicolo contro Piero Citrigno, all’epoca editore di Calabria Ora, per reati commessi sia contro lo stesso giornalista scomparso ma anche nei riguardi di altri giornalisti.

Alessandro-Bozzo “Il pm d’udienza d’intesa con noi – aveva affermato testualmente Mario Spagnuolo – ha avanzato una richiesta di trasmissione di atti perché dal dibattimento sono emerse nuove e più gravi fattispecie di reato nei confronti dell’imputato ai danni della parte offesa di questo processo e anche di altri giornalisti”.

Una esternazione che lasciava ben sperare nella volontà del neo procuratore di voler assicurare un processo serio a questa triste e squallida vicenda. Ma la realtà è stata completamente diversa. E Spagnuolo, dopo la mite sentenza nei confronti di Citrigno, aveva ulteriormente affermato.

«La Procura comunica che avanzerà appello nei confronti della sentenza, ritenendo assolutamente inadeguata la pena irrogata rispetto alla gravità dei fatti contestati e che proseguiranno le indagini per ulteriori fatti reato emersi nel corso del dibattimento».

Nel provvedimento depositato dal procuratore aggiunto Manzini è stato evidenziato che la sentenza emessa «ha trascurato di esaminare puntualmente la capacità a delinquere dell’imputato. Tale oblio si è concretizzato nella mancata considerazione dei pur consistenti e allarmanti precedenti usurari, emergenti dal certificato del casellario giudiziario agli atti.

Il giudice, inoltre – scrive la procura – ha omesso di considerare che la condotta realizzata è apparsa tutt’altro che occasionale collocandosi in un contesto di evidente attitudine dell’imputato a commettere delitti della medesima specie».

Per i magistrati si tratta di un episodio caratterizzato «da grave intensità dell’elemento psicologico, trascurata dal giudicante insieme alla valutazione del pericolo cagionato dal comportamento del reo».

Non si ha notizia invece di quale risultati abbiano avuto le “ulteriori indagini” di cui parlava Spagnuolo. Le solite chiacchiere da porto delle nebbie?