Caso Moro, il procuratore Lupacchini rievoca ad “Atlantide” l’interrogatorio a Cutolo del 1993

Ieri sera a La7, nel corso della puntata di “Atlantide” dedicata ai segreti del boss Raffaele Cutolo, Andrea Purgatori ha intervistato il procuratore Otello Lupacchini, che nel 1993 aveva ascoltato Don Raffaele nell’ambito dell’istruttoria sulla “banda della Magliana”, il quale aveva fatto importantissime rivelazioni sul caso Moro. Un interrogatorio del quale già all’epoca si era discusso a lungo perché Cutolo aveva detto senza molte perifrasi che era stata individuata la “prigione del popolo” nella quale le Brigate Rosse trattenevano il presidente della Dc ma i poteri forti a partire dallo stesso partito decisero che non era il caso di liberarlo… 

L’ istruttoria sulla “banda della Magliana” oltre all’ omicidio di Mino Pecorelli e all’ uccisione di Roberto Calvi, dunque, si era estesa al caso Moro. L’11 dicembre del 1993, in una località segreta, il giudice istruttore Otello Lupacchini aveva interrogato Raffaele Cutolo in merito ad alcune sue dichiarazioni secondo le quali sarebbe stato a conoscenza del luogo in cui lo statista Dc era tenuto prigioniero, durante il sequestro. Ovvero il covo di via Montalcini.

Cutolo non aveva rifiutato di rispondere alle domande del magistrato, anzi, come ha ribadito ieri sera Lupacchini, ha raccontato particolari e fatto alcuni nomi di persone che si sarebbero interessate alla vicenda. Il boss della camorra aveva dichiarato alla televisione tedesca, nei mesi precedenti, che avrebbe potuto salvare Moro perché grazie a un membro della “banda della Magliana” era stata scoperta la cosiddetta “prigione del popolo”.

Ma ecco i particolari salienti che ha ricordato giudice Lupacchini. Durante una visita in carcere, l’ avvocato Francesco Gangemi avrebbe chiesto a Cutolo di interessarsi del caso Moro, dopo alcuni giorni dal sequestro, organizzato dalle Brigate rosse. La richiesta di un intervento di Cutolo sarebbe venuta da ambienti della Dc. Don Raffaele si attivò e dal carcere riuscì a contattare due esponenti della “banda della Magliana” che organizzarono la ricerca della prigione. Il covo di via Montalcini, secondo Cutolo, fu individuato da Nicolino Selis, un suo uomo di fiducia insieme a Franco Giuseppucci.

Selis, all’ epoca del sequestro Moro era un latitante e abitava, sotto falso nome, in un appartamento vicino a via Montalcini, non molto lontano dalla Magliana. Non appena Cutolo apprese la notizia della scoperta del covo brigatista convocò l’avvocato Gangemi e gli disse che era pronto a trattare la liberazione di Moro con un esponente della Dc. Secondo il racconto del boss, il legale nei giorni successivi, anziché sviluppare le trattative lo informò che non se ne faceva più nulla.

Cutolo avrebbe, anche, detto al magistrato che il suo luogotenente, Vincenzo Casillo, gli fece pervenire un messaggio: “Su Moro stai alla larga. Fatti gli affari tuoi”. In sostanza il racconto di Cutolo ribadisce un concetto già da lui espresso: Moro si poteva salvare ma la Dc lo impedì.

I particolari, forniti durante l’ interrogatorio di Cutolo del 1993, presentavano alcuni aspetti singolari. Nicolino Selis, Franco Giuseppucci e Vincenzo Casillo sono stati uccisi in diverse occasioni. Si è sempre parlato di regolamenti di conti tra la malavita. La morte di Casillo, invece, ha alimentato i sospetti di un omicidio organizzato dai servizi segreti. La sua auto saltò in aria, pochi mesi dopo che il luogotenente di Cutolo si era adoperato insieme ad agenti dei servizi segreti per la liberazione di Ciro Cirillo.

Ed è proprio il sequestro e la liberazione di Cirillo a rendere, in un certo senso, credibili le rivelazioni di Cutolo sul caso Moro. Perché la Dc si rivolse al boss della camorra per cercare di salvare Cirillo? Forse perché aveva già collaudato l’ efficienza dell’ organizzazione di Cutolo durante il sequestro dello statista dc?

C’ è da aggiungere che anche Buscetta ha affermato che fu contattato, mentre era in carcere, per tentare di salvare Moro ma, poi, la mafia gli fece sapere di non interessarsi più del caso, perché qualcuno voleva che Moro fosse ucciso.

Un fatto è certo. Indagando sull’ attività della “banda della Magliana”, il giudice Lupacchini è riuscito a scoprire un intreccio tra malavita romana, mafia, P2, servizi segreti. A questo proposito sembra che Cutolo, parlando del suo interessamento per il caso Moro abbia precisato che consigliò a Selis e Giuseppucci di non far parola con altri esponenti della “banda della Magliana”. Il boss della camorra avrebbe sostenuto che parte della malavita romana era in stretto rapporto con i servizi segreti e con esponenti della massoneria. In sostanza non c’ era da fidarsi di nessuno. Il giudice istruttore Lupacchini aveva raccolto, in quel periodo, numerose dichiarazioni da parte di pentiti che facevano parte della malavita romana e già allora si era trovato di fronte a scenari sconvolgenti.