Caso Novelli-iGreco, le piroette dell’uomo di Calenda approdano in Parlamento

Giampiero Castano, l'uomo di Calenda

Come aveva preannunciato e mantenendo fede agli impegni assunti, il senatore del M5s Stefano Lucidi ha presentato una lunga e dettagliata interrogazione parlamentare nella quale si ripercorrono le travagliate vicende che hanno portato alla cessione del Gruppo Novelli alla famigerata famiglia iGreco. Una cessione spudoratamente pilotata e sponsorizzata dall’ex ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda e dal Pd renziano di Calabria. Con l’intervento decisivo di Giampiero Castano, da sempre uomo di Calenda, che solo qualche mese fa è stato estromesso dal Mise e cooptato così – quasi per magia – in quello stesso studio legale che si è interessato di questa vergognosa cessione…  L’interrogazione è stata firmata anche dai senatori Castaldi, Turco, Lannutti, Angrisani, Ortolani, Donno, Campagna e Vanin ed è stata pubblicato il 27 giugno 2019, nella seduta n. 127. Ne pubblichiamo il testo integrale. 

– Al Ministro dello sviluppo economico. –

Premesso che secondo quanto risulta agli interroganti:

in data 29 aprile 2013 il Tribunale di Terni comunica l’ammissione al concordato fallimentare del gruppo Novelli, azienda umbra nel ramo agroalimentare con 500 dipendenti e sedi a Spoleto, Terni, Amelia, Roma, Latina e Muggiò. In data 7 novembre 2013, il concordato viene omologato. A partire da questi anni si svilupperanno una serie di vertenze giudiziarie che vedranno gli asset societari coinvolti nelle indagini di circa 4 tribunali e 3 procure della Repubblica: Terni, Spoleto, Perugia, Castrovillari e Monza-Brianza;

in data 22 dicembre 2016, la società Novelli viene venduta al prezzo di un euro ad una nuova società denominata Alimentitaliani, e di lì a poco, svuotata delle sue attività e passività, ne verrà dichiarato il fallimento; la nuova società Alimentitaliani nei primi mesi del 2017 ricorrerà a un nuovo concordato fallimentare, che verrà però rigettato e nel dicembre 2017 verrà dichiarata anch’essa fallita;

considerato che:

come riportato dal mensile “Micropolis”, in data 27 aprile 2017: “Nell’ottobre 2012 il gruppo va in default e presenta istanza di concordato preventivo. Viene nominato come advisor lo studio legale Gop (Gianni, Origoni, Cappelli) che individua un Cda “tecnico” accettato dalle banche con il compito di portare avanti il concordato e ristrutturare il debito“;

come riportato dal quotidiano “Il Sole 24 Ore”: “il Gruppo Novelli è approdato all’omologazione del concordato preventivo con continuità aziendale proposto presso il Tribunale di Terni e nell’elaborazione del piano di ristrutturazione, il Gruppo è stato assistito dallo studio legale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners con un team guidato dal Partner Antonio Auricchio“;

risulta agli interroganti che lo stesso studio abbia assistito, oltre alla stessa Alimentitaliani, anche Arcelor Mittal, Alitalia e Whirlpool;

considerato inoltre che:

tutta la vertenza Novelli è stata gestita presso il Tavolo di lavoro dell’Unità di gestione delle vertenze per le crisi di impresa del Ministero dello sviluppo economico, con a capo il dottor G. C. (Giampiero Castano, ndr), attualmente non riconfermato nel ruolo;

anche le altre vertenze e crisi di impresa citate sono state gestite dalla stessa unità del Ministero dello sviluppo economico;

preso atto che a quanto risulta agli interroganti:

in data 10 giugno 2019 lo studio GOP Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners ha annunciato di aver assunto il dottor G. C. (Giampiero Castano, ndr) nel ruolo di “of Counsel”, quale esperto in materia di crisi di impresa;

preso atto infine che:

l’articolo 53, comma 16-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, recita che: “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”;

la disposizione è stata introdotta nel decreto legislativo 165 del 2001 dall’art. 1, comma 42, della legge n. 190 del 2012, con finalità di contenimento del rischio di situazioni di corruzione connesse all’assunzione del dipendente pubblico da parte di un privato, successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione;

in particolare, come chiarito dal primo Piano nazionale anticorruzione emanato nell’anno 2013, «il rischio valutato dalla norma è che durante il periodo di servizio il dipendente possa artatamente precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose e così sfruttare a proprio fine la sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un lavoro per lui attraente presso l’impresa o il soggetto privato con cui entra in contatto. La norma prevede quindi una limitazione della libertà negoziale del dipendente per un determinato periodo successivo alla cessazione del rapporto per eliminare la “convenienza” di accordi fraudolenti»;

ai sensi delle norme richiamate, dunque, i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri;

la disposizione contempla, in caso di violazione del divieto ivi sancito, le specifiche sanzioni della nullità del contratto e del divieto per i soggetti privati che l’hanno concluso o conferito, di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con contestuale obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti ed accertati ad essi riferiti;

l’articolo 21 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, ha notevolmente ampliato l’ambito di applicazione, prevedendo che: “ai soli fini dell’applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al presente decreto, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Tali divieti si applicano a far data dalla cessazione dell’incarico”;

come indicato nella delibera n. 207 dell’ANAC del 21 febbraio 2018, “appare evidente che il legislatore ha inteso rafforzare le finalità perseguite con la disciplina sul pantouflage, di limitare il rischio di situazioni di corruzione connesso all’impiego privato di colui che sia precedentemente stato titolare di una carica pubblica, ampliandone, con la disposizione di cui dall’art. 21 del d.lgs. 39/2013, l’ambito applicativo. […] Per quanto qui interessa, si evidenzia che in tali atti è stato affermato, che le finalità di prevenzione della corruzione perseguite dall’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. 165/2001 richiedono un’interpretazione ampia della norma, con estensione della sua applicazione non solo ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ma anche ai soggetti indicati dall’art. 21 del d.lgs. 39/2013. Pertanto, ai fini dell’art. 53, comma 16-ter del d.lgs. 165/2001, devono considerarsi dipendenti della PA anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al citato decreto 39/2013, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro subordinato o autonomo“,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se non ritenga che l’incarico del dottor G. C. (Giampiero Castano, ndr) presso lo studio GOP sia incompatibile con la disciplina di cui all’art. 53, comma 16-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all’articolo 21 del decreto legislativo n. 39 del 2013;

quali eventuali iniziative intenda intraprendere al fine di evitare il ripetersi di situazioni di cui in premessa, che coinvolgono soggetti che hanno gestito o gestiscono in veste istituzionale le crisi aziendali, anche intervenendo sulla valutazione dei piani industriali ed esprimendo giudizi sui piani concordatari.