Decine di aziende fantasma, senza sedi, senza dipendenti e in affari con imprese asiatiche di cui però non vi è nessuna traccia. Dal processo Basso Profilo è emersa la presenza in città di un’economia sotterranea capace di movimentare milioni di euro per merci che però non hanno mai lasciato le fabbriche, forse non sono mai state neanche prodotte e sicuramente nessun corriere ha mai trasportato. Tutto è ricostruito nelle mille pagine che compongono le motivazioni della sentenza con cui nel luglio scorso il Tribunale di Catanzaro ha condannato 35 persone assolvendone invece 12.
Nel corso del processo sono stati sentiti gli amministratori giudiziari chiamati a gestire le società sequestrate agli imprenditori Antonio Gallo e Umberto Gigliotta entrambi condannati a 30 di reclusione e ritenuti intranei all’organizzazione criminale. Di 59 società sequestrate solo 9 risultavano attive, per tutte le altre non c’era documentazione contabile, né beni strumentali e in molte occasioni non esisteva neanche una sede. E anche tra le poche che effettivamente lavoravano c’era una caratteristica comune: almeno una parte dell’attività risultava reale e concreta, la restante parte invece era fittizia, perché nel 90% dei casi non è stata riscontrata alcuna documentazione tale da giustificare le transazioni economiche intervenute. Durante l’amministrazione giudiziaria, sarebbero avvenuti casi limite. Come quello della GB System srl nata nel 2019, In soli tre mesi dalla sua costituzione la società era giunta a un fatturato di quasi 4 milioni di euro e a un acquisito di merci per 3 milioni 956 mila euro. E tutto questo era stato fatto con un solo dipendente, che risultava assunto.
La Ala Confezioni invece aveva avuto un fatturato iniziale di 300 mila euro improvvisamente salito a 3 milioni di euro per poi tornare all’importo iniziale con l’avvento dell’amministrazione giudiziaria. La società aveva anche una consorella in Macedonia, la Ala Confex, che aveva come socio al 50% Antonio Gallo. Tutta la merce prodotta in Macedonia e spedita attraverso la dogana richiedeva una documentazione a supporto. Secondo l’amministratore giudiziario però nel caso di Ala Confezioni mancava qualsiasi documentazione. Le operazioni sospette in due anni sarebbero ammontate a 5 milioni di euro.
Nelle carte dell’Antinfortunistica Gallo srl l’amministratore ha rinvenuto documenti che facevano riferimento a due importanti corrieri che avrebbero fatto da vettori di merce e all’acquisto di prodotti dalla Cina. L’amministratore si era quindi messo alla ricerca di elementi che provassero l’effettivo trasporto della merce, ma pur scrivendo ai due corrieri non aveva trovato alcun riscontro. Anche le società cinesi erano scomparse. Al centro dell’affare ci sarebbero dovute essere mascherine di protezione individuale per un valore di 700 mila euro. Merce che si sarebbe trovata ancora stoccata in un magazzino posto sotto sequestro e condotto in affitto da un’altra società del gruppo senza però che sia stato possibile individuare l’esatta provenienza.
Un’economia fantasma che però avrebbe creato enormi profitti ai due imprenditori catanzaresi condannati a 30 anni di carcere. Durante le perquisizioni gli investigatori della Dia hanno trovato orologi di lusso, gioielli, lingotti d’oro ma anche una incredibile quantità di denaro contante. In una intercettazione si faceva riferimento a un luogo dove l’organizzazione sarebbe stata capace di custodire circa 700 mila euro al mese. Durante il blitz del gennaio 2021 in una casa di proprietà di Gigliotta erano stati trovati oltre 40 mila euro. Erano nascosti in un pilastro vuoto ricoperto di schiuma di poliuretano e sostanza isolante tinteggiata dello stesso colore delle pareti del bagno. A casa di un cugino dell’imprenditore era stato trovato un bunker nascosto da una parete mobile che si spostava grazie ad alcune rotelle. Dentro c’erano due casseforti che contenevano circa 140 mila euro in contanti. Fonte: Gazzetta del Sud