Se c’è una cosa che più di altre il procuratore aggiunto, poi anche reggente della Dda di Catanzaro e adesso nuovo procuratore capo di Cosenza, Vincenzo Capomolla, non sopporta, professionalmente parlando, è l’indebita interferenza di chicchessia nelle inchieste giudiziarie in itinere. Uno strano ma puntuale fenomeno che si verifica, specie alle nostre latitudini, soprattutto quando l’oggetto dell’attenzione investigativa è qualche grosso marpione beccato nel bel mezzo di un intrallazzo. E ai marpioni di un certo livello, si sa, non piace stare al centro dell’attenzione investigativa, e quando ciò avviene bisogna agire subito, e il metodo più usato per spegnere i riflettori investigativi è sempre lo stesso: fermare l’inchiesta attraverso la delegittimazione del magistrato che l’ha promossa. Delegittimazione che diventa propedeutica per giustificare, pubblicamente, l’estromissione, o meglio lo scippo, del fascicolo d’inchiesta al legittimo titolare non gradito ai marpioni. Una volta annichilito il pm ardimentoso, i marpioni possono ritornare a dormire sonni tranquilli. Almeno fino a quando non arriva lui.
Ed è proprio quando si verifica questa odiosa circostanza, che oltraggia e nega Giustizia, che scende in pista il dottor Capomolla. A voler fare una similitudine sportiva, si può paragonare il dottor Capomolla all’ultimo corridore della staffetta 4×100 o 4×400, il cui compito è quello di “raccogliere il testimone” dal penultimo staffettista della sua squadra, e correre verso il traguardo, magari vittorioso. Un compito delicato dal quale dipende la buona riuscita dell’impresa, gravato dalla responsabilità di non rendere vano il lavoro iniziato, con fatica e sacrificio, dai suoi compagni di squadra che, per regola sportiva in questo caso, non possono più raggiungere il traguardo. Che è quello che più riesce meglio, sempre professionalmente parlando, al dottor Capomolla: raccogliere il testimone di inchieste ostacolate e scippate ai legittimi titolari, da chi pensa di essere al di sopra della Legge.
Ecco, quando la Giustizia rischia di soccombere all’Ingiustizia, quando il senso del dovere viene mortificato, quando una inchiesta sgradita ai marpioni rischia di finire nel cassetto dei ricordi, quando la Giustizia rischia di non essere uguale per tutti, non disperate, perché ci sarà sempre la mano del dottor Capomolla pronta a raccogliere il testimone, in nome e per conto della Giustizia. Una attitudine, quella del dottor Capomolla – calabrese doc, con alle spalle una lunga e onorata carriera, prima come giudicante e poi da inquirente -, che è diventata la sua specialità, pensiamo sia il miglior “raccoglitore del testimone”, degli ultimi 20 anni.
A ripercorrere la lunga e onorata carriera di staffettista giudiziario, i testimoni raccolti dal dottor Capomolla, sono tanti, e ci vorrebbe un libro per elencarli tutti. Ma alcuni meritano di essere ricordati. Almeno quelli che hanno fatto storia. Come quando raccolse il testimone della scomoda inchiesta denominata “Toghe Lucane” dell’allora titolare pm Eugenio Facciolla, osteggiato dai marpioni tirati in ballo nell’indagine, e fatto fuori dalla titolarità dell’inchiesta. Fu un colpo al cuore della Giustizia, ma soprattutto a quello del dottor Capomolla che, sdegnato dall’indebita interferenza, non ci pensò su due volte a raccogliere quello scomodo testimone, portando, con uno scatto degno di Usain Bolt, a traguardo l’inchiesta iniziata dal dottor Facciolla. Con un risultato sorprendente: il dottor Capomolla, una volta diventato titolare dell’inchiesta scippata dai marpioni al dottor Facciolla, chiese e ottenne l’archiviazione per tutti i magistrati e politici coinvolti nell’inchiesta. E il caso fu chiuso. Un rinomato esempio di come si porta al traguardo la Giustizia.
Un’altra staffetta giudiziaria degna di essere ricordata sicuramente è quella relativa al passaggio di testimone della madre di tutte le inchieste ostacolate, intralciate e insabbiate: “Sistema Cosenza”. Il primo a partire nella staffetta come titolare dell’inchiesta fu il dottor Pierpaolo Bruni, che passò il testimone al dottor Gratteri, che a sua volta lo passò al dottor Camillo Falvo, per finire nelle mani del dottor Capomolla per lo scatto finale. Risultato ancora non pervenuto. Ma c’è da dire che la staffetta giudiziaria “Sistema Cosenza” si svolge su un percorso dalla lunghezza indefinita. Più che una staffetta va considerata una lunga maratona giudiziaria, e da buon ultimo tedoforo qual è, il dottor Capomolla, anche questa volta, riuscirà ad accendere il braciere della Giustizia.
Ma quella che si annuncia come la staffetta giudiziaria più importante di tutta la sua carriera è quella che il dottor Capomolla sta correndo adesso. Il dottor Capomolla ieri sera ha appena raccolto il pesante testimone relativo alla nomina di procuratore capo presso la Procura di Cosenza. Meglio conosciuta da tutti i cosentini come il porto delle nebbie. Una pesante eredità che inizia, restando negli ultimi 30 anni, con il passaggio del testimone dal dottor Alfredo Serafini, al dottor Dario Granieri, per poi finire nella mani del dottor Mario Spagnuolo, e che qualcuno ora deve raccogliere. E quel qualcuno è proprio il dottor Capomolla. Abituato com’ è a raccogliere scomodi testimoni. Bisognerà solo capire se intende continuare la corsa iniziata da Nicastro, portata avanti da Serafini, proseguita da Granieri, fino ad arrivare a Mario Spagnuolo, che hanno reso la Giustizia a Cosenza più che una lineare staffetta, una vera e propria corsa ad ostacoli. Che potrebbe essere la prossima specialità del dottor Capomolla.