L’inchiesta “Basso profilo” del 2021 squarciava il velo sul lato oscuro dell’economia catanzarese. Lavori utilizzati come merce di scambio, bandi pubblici piegati ai propri interessi ma soprattutto il sospetto che Catanzaro sia diventato il mercato giusto per il riciclaggio dei capitali illeciti delle cosche del Crotonese. Un quadro reso ancor più nitido nel supplemento investigativo redatto dalla Dda e trasmesso al gip nel dicembre 2021, a un anno dall’operazione. Dentro erano contenuti i risultati delle ultime informative di Dia e Guardia di Finanza.
Le accuse al notaio
Una parte delle 46 pagine firmate dai pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno era incentrata sulla figura del notaio catanzarese Rocco Guglielmo. Che è stato assolto in primo grado col rito abbreviato ma per il quale la Dda in Appello è tornata a chiedere una condanna a 4 anni di reclusione.
Con il materiale intercettivo raccolto gli inquirenti sostenevano che il noto mecenate catanzarese non sarebbe stato «ignaro del contesto, bensì una figura ben inserita nell’ambiente e pienamente a conoscenza della situazione sottostante». Pur avendo solo 3 contatti in 18 mesi per la Dda il notaio sapeva bene chi fosse Umberto Gigliotta (alias Mister centomila, l’imprenditore finito in carcere accusato di essere prestanome del clan Trapasso e condannato in primo grado a 30 anni di reclusione) tanto che conversando con un amico «si interrogava come questi potesse operare indisturbato nel settore imprenditoriale nonostante fosse notorio il suo legame con esponenti della criminalità organizzata».
Successivamente il notaio Guglielmo, che è uomo di mondo, e “fratello” di tanti pezzi grossi della magistratura, uscirà di scena dalle indagini, scagionato persino dalla Cassazione (Gratteri però ha fatto ricorso in appello), ma è chiaro che la sua figura, per usare un eufemismo, ne esce quantomeno appannata mentre proprio qualche ora fa la Dda ha sferrato un duro colpo a “Mister centomila” sequestrandogli beni per 4 milioni di euro e lanciando un chiaro messaggio a tutta la “banda”. E non è finita qui.
Nella successiva operazione della Dda di Catanzaro denominata “Brooklyn”, ai fratelli Eugenio e Sebastiano Sgromo è contestata la partecipazione a due associazioni a delinquere finalizzate al riciclaggio, all’autoriciclaggio e ad altri reati finanziari, emerse nell’ambito dell’operazione Basso Profilo, riconducibili rispettivamente a Umberto Gigliotta, alias “Mister centomila” – sempre lui – e ad Antonio Gallo, alias “il principino”.
Il sistema ideato dai due gruppi per frodare il fisco veniva realizzato mediante la creazione di soggetti economici (tanto società quanto ditte individuali) comunemente denominati “cartiere”, deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti ovvero società costituite ad hoc, senza dipendenti, che non hanno una reale struttura operativa, che non versano le imposte dovute ma hanno il solo scopo di creare un credito Iva inesistente nei confronti dell’acquirente finale. La funzione delle società cartiera è quella di consentire ad altri operatori economici di evadere le imposte, attraverso la giustificazione contabile delle cessioni di beni e di prestazioni di servizi mai effettuate.
Il gip riporta nell’ordinanza un passaggio testuale derivante dall’operazione Basso Profilo nel quale si ricorda che Gigliotta nell’associazione a delinquere ha una posizione analoga a quella del Gallo con una rete di società quali strumenti per la realizzazione dello scopo del gruppo, in primis autoriciclaggio e intestazioni fittizie.
La centralità del Gigliotta in seno al gruppo è chiara conseguenza della sua caratura criminale, la quale ha rappresentato non solo un’attrattiva per l’adesione di altri membri ma anche una garanzia che questi svolgessero correttamente le mansioni a loro affidate. Gigliotta lavora in tutto e per tutto per conto delle cosche della ‘ndrangheta di cui i membri apicali erano intranei o comunque collegati, i Gaglianesi e i Trapasso.
Numerosi sono gli incontri captati tra Eugenio Sgromo e Umberto Gigliotta. Evidentemente gli incontri sono finalizzati alla restituzione in contanti delle somme ricevute tramite bonifico da parte del Gigliotta nell’ambito del progetto delittuoso diretto che poteva contare su una rete di società quali strumenti per la realizzazione dello scopo del gruppo. Si ricorda infatti che l’organizzazione disponeva non solo di un rilevante numero di partecipi, ma anche di una efficace struttura societaria, costituita da diverse società (cartiere e semicartiere), tutte a disposizione del Gigliotta, e tutte adoperate per il riciclaggio. Pertanto, anche le società riconducibili ai fratelli Sgromo – secondo la Dda – rientrano senza dubbio in tale contesto criminale.









