Catanzaro e la massomafia. Benvenuti alla sagra della vigliaccheria

Le scosse telluriche che sono diventate una costante nell’anno 2020 nella città di  Catanzaro, non possono per dovere di sintesi racchiudersi solo nell’operazione Farmabusiness o Farmaeko: non sono solo lì le responsabilità. C’è in città un clima di terrore strisciante, quello che ha fatto capire a tutti i protagonisti in negativo, che la restrizione della libertà di Domenico Tallini parte da lontano, dalle operazioni Kyterion e Aemilia che hanno messo a nudo e colpito pesantemente gli interessi della locale di ‘ndrangheta della famiglia GRANDE ARACRI, gli stessi interessi che scopriamo avere base anche nella città di Catanzaro, dove la sanità diventa un aspetto su cui focalizzare l’attenzione anche della Magistratura inquirente.

Catanzaro si è riscoperta per quella che è. Una città massonica, dove la paura del tintinnare delle manette di Gratteri ha ammutolito la politica tutta e le solidarietà, non già di facciata, ma quelle che nascono dal rispetto del dolore di una vicenda personale che tocca gli affetti più intimi ha spento le corde vocali ai tanti giostrai e sciampisti che fino a ieri facevano un “pellegrinaggio laico” dietro la porta di Mimmo Tallini, troppo facilmente dimenticato per conclamata vigliaccheria.

In questa sagra della vigliaccheria c’è stato chi ha straparlato, sempre in ritardo e sempre fuori onda sul piano delle responsabilità, augurabilmente solo politiche, come il sindaco Sergio Abramo (ormai per tutti Sergiun), il socio alla pari di Tallini nel sistema Catanzaro, che ai microfoni di Rai3 Calabria dichiarava in merito all’arresto del presidente del Consiglio regionale, Mimmo Tallini: “… Io aspetto sicuramente che vengano definite le accuse, sono moralmente vicino alla famiglia, alla sua persona, però sono sempre stato distante, molto distante da questo tipo di comportamenti. Anzi sono comportamenti che, per come ho amministrato in questi anni, mi hanno creato anche dei problemi a livello personale, perché io sono stato molto rigido negli anni, ho avuto dei conflitti molto spesso per il mio modo di gestire la cosa pubblica, quindi sono molto lontano da questi comportamenti”.

La reazione alle affermazioni di grande cazzonaggine del sindaco Sergio Abramo non si sono fatte attendere… perché nei fatti non ci sono state, salvo il “ruggito del coniglio” dell’inesistente gruppo consiliare al comune di Catanzaro di Forza Italia con annessi satelliti, molto più interessati a salvare la poltrona anche al prezzo del tradimento, soprattutto di ordine morale nei confronti di chi, fino a ieri, era considerato il deus ex machina della politica locale e regionale, proprio Mimmo Tallini, che nei fatti ha sempre decretato le fortune personali di tante capre al pascolo.

Tacciono per paura i compagni di partito, i consiglieri comunali e gli assessori della giunta di Sergio Abramo, perché all’orizzonte si vedono le nuvole cariche di quel temporale che è prossimo ad abbattersi sulla città capoluogo di regione per la volontà istituzionale mai nascosta del procuratore Gratteri, salvo eventuali dimenticanze di fascicoli in qualche armadio per volontà della solita massomafia, dove Mimmo Tallini è solo la pedina più in alto della struttura piramidale del sistema Catanzaro.

In grande fretta e con tanta codardia tanti cercano di calare il sipario su un capitolo oscuro della politica catanzarese, lasciando solo a Mimmo Tallini il testimone della colpa, ma a questo qualcun altro non ci sta e restituisce per come è giusto sotto un aspetto umano, i pesci in faccia al sindaco Abramo ed ai tanti vigliacchi silenziosi. E’ Rita Tallini, la figlia dell’ex presidente del Consiglio regionale, che coraggiosamente traccia un limite, che anche noi riconosciamo come invalicabile, dove le speculazioni non hanno legittimazione e dove l’uomo ed il dolore autentico di una famiglia va rispettato, indipendentemente dai profili di responsabilità personale.

Il testo della lettera pubblica della figlia di Tallini è eloquente, tanto che la riportiamo integralmente, perché scava un fossato dove Giuda resta tale e dove il balbettio è l’agire degli invertebrati: “In questo momento di estrema sofferenza, in cui mio padre è accusato di reati infamanti, non siamo animati da sentimenti di rancore, ma confidiamo nella Giustizia e nella Fede, sicuri che uscirà a testa alta da questa vicenda, non appena potrà difendersi. A farci molto male sono però le dichiarazioni del sindaco Abramo in merito ai rapporti politici con mio padre. Le dichiarazioni di Abramo sembrano mirare a dimostrare un difficile rapporto o, peggio, una presa di distanza dai cosiddetti “comportamenti” di mio padre. Come può affermare una cosa del genere quando è stato lui a dolersi con mio padre di non essere stato inserito in un comunicato stampa quale potenziale candidato alla Presidenza della Regione in quota Forza Italia ? Oggi si riscopre “leghista” e “giustizialista”, dimenticando che per 20 anni ha gestito tutto quello che c’era da gestire al Comune in maniera diretta e solitaria (appalti, nomine, assunzioni). Se ha coraggio, dica quali sono stati i “comportamenti” di mio padre che lo hanno messo in difficoltà. Troppo facile prendere le distanze da una persona che non è nelle condizioni di difendersi. Prende le distanze da chi, politicamente, lo ha sostenuto in modo determinante per tutte le sue elezioni. Ci risparmi il sindaco Abramo le sue solidarietà di facciata. Noi, come famiglia, non le vogliamo. Affrontiamo questa bufera con dolore indicibile, sicurissimi però che alla fine ne usciremo con onore e a testa alta”. Chapeau!

Le parole di Rita Tallini sono l’espressione del dolore legittimo di una figlia che risponde ad una pletora di incapaci, vigliacchi dalla mangiatoia bassa con la forza di una tradizione tutta calabrese di essere donna. Di una radice assolutamente e dignitosamente matriarcale della famiglia meridionale. Un valore che fa capire che le palle non sono solo una dotazione di genere, ma uno spartiacque rispetto ad una politica che è sempre stata puttana e circondata da magnacci di basso stampo.

Quella stessa politica del centrodestra catanzarese ormai ai titoli di coda, che vede all’orizzonte l’ennesima ignominia per il rischio di uno scioglimento del consiglio comunale, in virtù di un accesso antimafia richiesto dalla Prefettura a margine dell’inchiesta Farmabusiness, per possibili infiltrazioni delle ‘ndrine nelle elezioni amministrative del 2017.

Le ritrattazioni ed i silenzi restano imbarazzanti perché non esprimono valore, quella mancanza di caratteristica autentica che c’è nella politica catanzarese, dove al pari delle “minchiate” del sindaco Abramo c’è il silenzio assordante di Claudio Parente, l’ex capogruppo di Forza Italia nel consiglio regionale della Calabria, voluto proprio da Mimmo Tallini.

Ed allora ritorniamo alle evidenze del collega Gaetano Mazzuca di Gazzetta del Sud, che nel parlare dei “fascicoli” aperti su Palazzo De Nobili, la sede del comune di Catanzaro, ritorna sulla notizia di qualche giorno prima dell’arresto di Mimmo Tallini, quella di una proroga di indagine richiesta dal sostituto procuratore Graziella Viscomi per abuso di ufficio, notificata proprio a Claudio Parente ed a due consiglieri comunali eletti nella lista di Officine del Sud, Giuseppe Pisano e Francesco Gironda.

Ma, qual è l’oggetto dell’indagine del sostituto procuratore Graziella Viscomi?

Perché la proroga di indagini prima e la chiusura poi ha toccato proprio il boss Claudio Parente e due suoi scagnozzi? Qual è la pratica che passa dal comune di Catanzaro che suscita l’attenzione della Procura cittadina su Claudio Parente, il re delle cliniche fasulle?

La risposta è facile, facile. I fatti contestati sarebbero avvenuti ad agosto del 2018. Il pm titolare del fascicolo ha poi chiesto al Gip di poter proseguire nelle indagini fino al giugno 2021 e poi le ha correttamente chiuse. Nel corso della consiliatura, è stata più volte attenzionata la famosa pratica ‘Vivere Insieme’, oggetto a settembre del 2019 di un corposo esposto di Sergio Costanzo (attuale consigliere comunale) e Nicola Fiorita (ex consigliere). Ma non sono stati gli unici a bussare al portone della Procura della Repubblica di Catanzaro.