Un sistema parallelo e consolidato che con il passare del tempo avrebbe creato una sanità apparentemente pubblica ma in sostanza piegata agli interessi privati dei medici indagati. La ricostruzione della procura, basata su intercettazioni e dichiarazioni dei pazienti, ha trovato pieno accoglimento nell’ordinanza del gip Mario Santoemma. Condivisa la ricostruzione di un ospedale dove viene sottratto materiale ospedaliero per essere portato negli studi privati, dove i medici si fanno pagare in nero e in contanti e i dipendenti dell’ufficio Alpi si sarebbero adoperati per aggiustare le carte. Su un punto però il gip si discosta dalla procura. Secondo il giudice infatti non vi sarebbe stata un’unica associazione a delinquere.
In particolare il gip indica con un ruolo fisso nel reato associativo i componenti dell’ufficio Alpi. Senza di loro, spiega nell’ordinanza, i reati di truffa e falso non sarebbero stati consumati. Le loro condotte si sarebbero ripetute sempre uguali: sarebbero stati loro a inviare direttamente i pazienti dai medici. Proprio sulla base dell’attività dell’Alpi, gli altri avrebbero organizzato i loro “affari”: Scicchitano con Procopio, Sperlì e Gigliotti: Maglia con Candigliota, Attisani e Di Bari; infine Perri, Iuliano e Mauro. Un modus operandi divenuto una costante tanto che gli stessi pazienti si sarebbero ormai direttamente rivolti ai medici per chiedere di essere visitati a pagamento. I malati in condizione di bisogno sarebbero stati così spinti a richiedere percorsi di cura “illeciti” non potendo ricevere risposte tempestive attraverso i normali canali del servizio sanitario pubblico.









