Catanzaro. Farmabusiness, la Dda in appello contro Tallini: “L’assoluzione? Un illogico copia e incolla”

Illogica la motivazione della sentenza, basata su erronee premesse, contraddittoria nelle sue argomentazioni, fondata sul copia e incolla dell’ordinanza custodiale e non sugli esiti investigativi”. Non ci sta la Dda di Catanzaro alla decisione del gup di assolvere il 18 febbraio scorso con formula ampia il politico Domenico Tallini, coinvolto nell’inchiesta Farmabusiness, che ruota intorno ad una struttura consortile la Farma Italia e ad una società di capitali, collegata alla prima la Farmaeko, svelando intrecci tra ‘ndrangheta e imprenditoria. Ed è lo stesso gup a confermare in sentenza, scrivono nell’appello il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, i sostituti Domenico Guarascio e Paolo Sirleo, con la supervisione del procuratore capo Nicola Gratteri, come entrambe le realtà economiche siano nelle mani di persone riconducibili alla cosca Grande Aracri, che controlla in modo esclusivo anche il management strategico ed operativo. Così come è lo stesso giudice ad ammettere le finalità di una attività, che spazia dal riciclaggio all’implementazione del controllo del territori, dove l’intermediazione dei farmaci, è ritenuta essenziale per l’associazione ‘ndranghetistica, non negando l’esistenza  di un piano per truffare il Servizio Sanitario Nazionale esportando illegalmente farmaci oncologici per rivenderli all’estero con profitti spropositati.

La società paravento per le attività criminali

Un’organizzazione criminale quindi che non si limita al riciclaggio di denaro, ma si propone  di utilizzare l’azienda anche come sede operativa per attività illecite parallele a quelle legali,  inizialmente orientata al profitto. Come emerge dal contenuto di un vero e proprio summit tenutosi il 7 giugno 2014, l’impresa nata con l’apporto di denaro dei “maggiorenti” ancora in stato di libertà della cosca, diverrà sempre più un’“impresa paravento”, finalizzata a distribuire appalti ad imprese collegate alla cosca o a lei gradite per poi essere portata al fallimento. Emergono finalità strategiche diverse da quelle economiche, che guidano l’azione degli accoscati su due fronti: sia quello dell’aumento del consenso di altri imprenditori, di funzionari della pubblica amministrazione e di politici locali, per rafforzare una fitta rete di rapporti, creando un’immagine rispettabile, sia quello del controllo del territorio, perseguendo lo scopo di aumentare la propria influenza a Catanzaro, “territorio strategico per ogni genere di attività che debba fare i conti con la programmazione politico- amministrativa regionale”. In questo contesto emergono, secondo la Dda, tutta una serie di vizi nella motivazione della sentenza, a iniziare dal fatto che il gup definisce il progetto Farmabusiness inizialmente lecito per poi finire nelle grinfie dei Grande Aracri…

“Se è vero che la liceità del progetto è affidata nel suo sorgere ad una ex senatrice, il gup omette di considerare perché l’ ex senatrice, suo marito e il factotum Walter Manfredi, per la realizzazione del progetto, si siano rivolti proprio all’antennista Domenico Scozzafava e perché proprio Manfredi abbia interessato da subito il commercialista De Sole”. E non lo si comprende perchè è lo stesso giudice a scrivere nelle pagine della sentenza “la stretta frequentazione tra Salvatore Grande Aracri e Paolo De Sole, il commercialista coinvolto nell’affare delle farmacie…” e “ De Sole, sarà una figura di riferimento dei Grande Aracri”.

Sempre lo stesso giudice, rispetto al factotum Manfredi, annota “dalle attività tecniche emerge la villeggiatura nel periodo estivo del 2013 di Gennaro Mellea nella sua abitazione sita in località Ruggero di Sellia Marina, che è la stessa località nella quale trascorreva le vacanze estive anche Scozzafava. Dalle conversazioni di quel periodo emerge che anche Manfredi conosceva Mellea”, referente ndranghetistico dei cutresi conosciuto non solo da Manfredi ma anche da Scozzafava stesso.  E allora la domanda nasce spontanea: perché definire lecital’idea di un progetto, se i “romani” per la sua realizzazione utilizzano sin da subito persone che lo stesso giudice non esiterà a condannare per associazione a delinquere di tipo mafioso? La pianificazione  di questi progetti, come dimostrano le intercettazioni avveniva, per la Dda, già sotto l’attento controllo della famiglia Grande Aracri.

“Il consorzio fin dall’inizio nelle mani dei Grande Aracri”

Nell’informativa del Nucleo Investigativo dei carabinieri sono proprio Gennaro Mellea e Scozzafava a fare incontrare Mancuso e il suo staff con i cutresi. Ma allora, se così è, non si comprende per quale motivo distinguere, una prima fase lecita ed una seconda illecita, nella conduzione dell’affare dei farmaci, posto che l’ex senatrice e il suo staff vanno a Cutro già nell’estate del 2013.  “Il giudice di primo grado ricalca sul punto pedissequamente l’ordinanza custodiale. Tutto il discorso motivazionale della sentenza, anziché confrontarsi con i testi investigativi- aggiunge la Dda nell’appello- si risolve in una rivisitazione della vicenda cautelare a favore dell’imputato Tallini e lì si ferma”. Il gup sottolinea che: “Nella realizzazione di questo ambizioso progetto, nato da un’idea legittima e snaturatosi per l’infiltrazione degli interessi della cosca cutrese, emergerà la figura del politico, all’epoca assessore regionale, Domenico Tallini che, come hanno dimostrato le indagini, ha prestato la propria disponibilità nei confronti di Scozzafava, per facilitare i contatti con i funzionari regionali preposti al rilascio delle autorizzazioni necessarie per l’avviamento del consorzio e, da un certo momento in poi, ha manifestato un diretto e personale coinvolgimento nell’affare. Ciò è tanto vero che posizionerà il figlio Giuseppe e la nuora all’interno della compagine del consorzio Farmaeko con ruoli amministrativi e, grazie al suo aiuto economico, ne consentirà il finanziamento.” Secondo la Dda anche in questo caso si da per legittimo ab origine un affare “di cui non si comprende la razionalità”, nonostante la Mancuso ed il suo staff, sin dall’estate del 2013, si interfaccino con esponenti della cosca cutrese per realizzare un progetto, che sin da subito, palesa elementi di riconducibilità alla cosca. Del resto, è Manfredi a mantenere contatti con Mellea e a conoscere il commercialista De Sole, vicino a Salvatore Grande Aracri il vero promotore dell’affare.

Il ruolo di Tallini e il voto di scambio

Il giudice di primo grado, nel ricordare che Scozzafava richiese l’aiuto di Tallini per affrontare l’iter burocratico necessario per avviare il progetto scrive: “Si comprende, inoltre, che Scozzafava rappresenti per Tallini un bacino elettorale, probabilmente per le relazioni capaci di intessere anche in ragione della professione da lui svolta”. Il punto nodale per la Dda  non è se Scozzafava rappresenti o meno per Tallini un bacino elettorale per via del suo mestiere  di rivenditore di prodotti sky: “la professione dell’antennista non sarà mai oggetto di discussione “funzionale” negli elementi di prova acquisiti, se non quando si vedono per sostituire un decoder. Le sole relazioni intessute dall’antennista appaiono indirizzate a costanti rapporti con Mellea, Salvatore Grande Gracri, con Pancrazio Opipari. Solo questa ovvia considerazione sarebbe stata sufficiente per il giudice  a collegare il voto di scambio politico mafioso.

“Tallini aveva le carte già pronte”

Sempre il giudice, nel rimarcare il consorzio da avviare e i contatti tra Scozzafava con alcuni farmacisti annota come questi per dimostrare la bontà del progetto, riferisce al farmacista che nella mattinata doveva incontrarsi con  Tallini per terminare l’iter relativo alle ultime documentazioni… Scozzafava contatta Tallini per chiedere lumi sulle tempistiche per la presentazione della richiesta di autorizzazione per iniziare l’attività” e il politico lo tranquillizza dicendo di aver parlato con un dirigente  regionale qualche giorno dopo “lo stesso Tallini chiede a Scozzafava se gli faceva vedere il “capannone” che avevano scelto come deposito dei farmaci. Ma allora c’è qualcosa di irrazionale, secondo la Dda, nel ragionamento del giudice teso a minimizzare l’intervento del politico. O Tallini si era impegnato per risolvere gli ostacoli burocratici o non si comprende perché Scozzafava e gli altri si rivolgano all’ex assessore per intercedere. Ma la risposta al quesito, secondo la Dda, la da lo stesso giudice inconsapevolmente quando nella sentenza scrive: “dall’intercettazione emerge che Tallini aveva le carte già pronte. Cosa significa avere le  “carte già pronte o aver tutto pronto per quel discorso, se non un contributo differente dalla mera indicazione dei funzionari? Fonte: Calabria7