“La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Così recita la Costituzione che assegna al magistrato la “giusta libertà” per meglio applicare, senza infingimenti, la Legge che in Italia si dice essere uguali per tutti. Un sano principio trasformato, nel corso degli anni, in un vero e proprio feudo del potere di quella che più di ogni altra appare come la casta più potente d’Italia: i giudici. Altro che quella dei politici!
I giudici in Italia possono fare quello che vogliono, tanto a controllare il loro operato ci sono altri giudici che hanno ben chiara la prima e fondamentale regola della casta: cane non mangia cane. Ed è per questo che tra i giudici l’impunità regna sovrana: spesso e volentieri le “pratiche” che giungono al Csm (l’organo di governo autonomo della Magistratura), in merito a gravi reati commessi da giudici, si risolvono con una tiratina di orecchie, e il caso è chiuso. I panni sporchi, per tradizione, nella magistratura italiana, si lavano in famiglia. Trasgredire a questa primaria regola comporta l’espulsione per direttissima dalla casta.
Quello che la nostra Costituzione non ha calcolato nell’assegnare la giusta autonomia ai magistrati è che anch’essi sono degli uomini, e in quanto tali dotati, come tutti gli altri esseri umani, di pregi e difetti. La bella vita, il benessere, i privilegi, il denaro facile, sono cose che piacciono anche ai magistrati. E in tanti ogni giorno si adoperano solo per questo. Ed è così che la Giustizia in Italia, per i tanti farabutti che indossano la toga, si trasforma in un vero e proprio Eldorado. Le possibilità di far denaro nelle chiuse stanze dei tanti tribunali italiani sono infinite. Ce n’è per tutti, perché tutti sono disposti a pagare qualcosa pur di avere la “Giustizia” dalla propria parte. Un mercato che “produce” ogni anno centinaia di milioni di euro. Al netto dei danni che la malagiustizia produce. Uno squallido mercimonio che va avanti da sempre nel silenzio totale anche della parte sana della magistratura: i colleghi, anche quelli corrotti che liberano assassini e mafiosi, non si denunciano mai. Un’altra regola fondamentale della casta: l’omertà. Anche qui, guai a sgarrare, pena la crocifissione in sala mensa.
Del resto è dietro l’omertà che certa magistratura nasconde la sua vera natura, che non è quella che la casta vorrebbe farci accettare a scatola chiusa: tutti i 10.000 magistrati operanti in Italia sono onesti e ligi al dovere per virtù dello Spirito Santo. Un magistrato, proprio perché tale, è onesto a prescindere, e il suo operato, anche quando sembra fuori dalle regole e dal buonsenso, va accettato e non va mai criticato. È questa la vera interpretazione che la casta fa del “principio di autonomia della magistratura”: il magistrato ha sempre ragione, anche quando non ce l’ha. L’importante per la casta è non farla troppo sporca. Farsi corrompere con stile è d’obbligo, pena un bel processo sempre per direttissima.
Dice Ludex, un magistrato che si firma con questo pseudonimo: “Quando entri in magistratura, resti allibito; poi, lentamente, ne assorbi il clima, le consuetudini. Ti arriva subito forte e chiaro un messaggio: vivi e lascia vivere, camperai cent’anni. Il tuo ego cresce a dismisura, tanto quanto il peso della toga. Scopri come sia importante la difesa dei tuoi privilegi: questione di sopravvivenza. Non muovere le acque, non rompere gli equilibri, non discutere le tradizioni: ne puoi trarre vantaggio al pari degli altri. E, dunque, perché agitarsi? Non sei d’accordo? Allora finirai a smaltire l’arretrato dei colleghi lavativi. Sarai tollerato come un diverso, insidioso e pericoloso. Alla prima occasione, fuori”. E se lo dice un magistrato…
Il potere dei magistrati è illimitato, mettersi contro la casta significa navigare in un mare di guai. Meglio scontrarsi con un mafioso piuttosto che con un pm corrotto. Diciamolo: in Italia non c’è giustizia. L’Italia è un Paese strozzato dalle caste. E la casta dei magistrati è quella che più delle altre stringe la corda al collo degli italiani: è tra i corpi più lenti e improduttivi dello stato. Una elefantiaco sistema amministrativo di stampo medioevale, dove tutto risulta fermo, statico, immobile. In tutto questo come si fa a capire se il giudice, che scrive la sentenza lo fa per inerzia o perché è corrotto? Nessuno può saperlo. E allora quanto vale oggi una sentenza emessa da un tribunale italiano? Niente!
Essere assolti o condannati è solo questione di denaro. Ed è quello che accade da tanto tempo nei tribunali calabresi dove le sentenze si vendono tanto al chilo. Una situazione fuori da ogni controllo che determina però la vita politica, economica e sociale dei nostri territori. Nessuno vuole metterci mano, e le inchieste di Salerno fano fatica ad andare avanti.
Forse è arrivato il momento per il dottor Gratteri di parlarci di questa magistratura, così come ha fatto con i burocrati più pericolosi dei mafiosi, i massoni deviati e i politici corrotti. Forse è arrivato il momento di dire come stanno realmente le cose all’interno delle nostre procure e aule di tribunale. Forse è arrivato il momento di rivolgere un forte appello al capo dello stato e al ministro della Giustizia per liberare la Calabria dalla malagiustizia. Forse è arrivato il momento di unire le forze sane di questa regione e passare dalle chiacchiere alle vie di fatto. Tanto, per come siamo cunzati, più scuro della mezzanotte non può venire.