Punti oscuri tra le pieghe dei bilanci ma anche preoccupanti lacune nell’organizzazione. Preoccupa il quadro che emerge dalle 34 pagine vergate dalla Sezione di Controllo della Corte dei conti calabresi che ha deciso di accendere i riflettori sugli ultimi tre bilanci dell’ex azienda universitaria Mater Domini. Il 21 dicembre infatti la magistratura contabile ha inviato una richiesta di istruttoria al commissario straordinario della neonata azienda Renato Dulbecco, Simona Carbone e al presidente del collegio sindacale. Tanti i punti da chiarire dai ritardi nei pagamenti dei fornitori alle spese per il personale, dai crediti ormai inesigibili alla gestione del deposito dei farmaci. per rispondere ai quesiti il commissario avrà sessanta giorni di tempo per inviare la documentazione richiesta e chiarire le criticità evidenziate dal documento.
Medicine buttate
La Corte dei conti già nel 2022 aveva riscontrato criticità e problematiche circa lo stato di conservazione dei farmaci, con inevitabili ripercussioni sul dispendio dei farmaci e sperpero di risorse pubbliche. Era emersa la presenza di unità operative con armadi farmaceutici in comune ma anche di armadi in luoghi soleggiati con temperature superiori nei periodi estivi a 25 gradi centigradi e frigoriferi senza sistema di rilevazione della temperatura. In queste condizioni i “farmaci scaduti” sono passati da appena 835 nel 2017 (per un valore di 29.230 euro) a ben 8.157 nel 2019 con un incremento in termini percentuali pari al 878%. Nel 2012 quindi la Corte dei Conti aveva invitato i centri di responsabilità al dovuto controllo per arginare «un fenomeno così marcatamente dannoso per l’erario e si chiedeva al contempo un particolare controllo sui farmaci “in scadenza”». La risposta della Mater Domini, si legge ora nella richiesta di istruttoria, non era stata chiara ed esaustiva per questo ora la Sezione di Controllo chiede tutta la documentazione dal 2020 al 2022. Strettamente connesso è il tema delle “rimanenze”. Per l’esercizio 2020, il collegio sindacale aveva effettuato controlli presso il magazzino Farmacia, presso i magazzini di reparto e presso il magazzino economale. Le verifiche hanno riguardato le procedure di carico e scarico prodotti, la gestione dei prodotti sottoscorta e la gestione dei prodotti non stoccati nei magazzini ma con passaggio diretto ai reparti e/o agli uffici.
Erano emersi «evidenti dubbi sull’attendibilità dell’inventario di fine 2020». Precisamente, relativamente al magazzino economale, è emerso che la conta fisica dei beni non viene fatta con regolarità; la merce obsoleta non viene mai scaricata dal magazzino e risulta valorizzata nel tabulato pur trattandosi di beni inutilizzati; insomma, pur trattandosi di beni molto datati, risalenti a molti anni addietro, sarebbero comunque valorizzati. Tale problematica era emersa, seppur in termini generici, anche in un verbale del marzo scorso dove si legge che «non è sempre emersa una sostanziale corrispondenza tra le risultanze fisiche e la situazione contabile».
Il nodo apparecchiature
La Sezione intende anche svolgere un’analisi sulle “Grandi apparecchiature sanitarie” essenziali per l’erogazione dell’assistenza ai pazienti, per la gestione delle sale d’attesa, per combattere l’elevata mobilità passiva, oltre ad avere un forte impatto sulla spesa sanitaria sia per il costo d’acquisto sia per il costo di gestione e manutenzione. La Corte dei Conti ha analizzato i dati forniti dal Dipartimento di Tutela della Salute della Regione. In particolare ha ricavato il tempo trascorso tra la data della stipula del contratto di acquisto e quella del collaudo, Il valore che allarma è quello relativo alla “Risonanza magnetica” per la quale non si comprendono i 3.430 giorni (più di nove anni) resisi necessari tra l’acquisto e il collaudo. Anche per vedere entrare in funzione la Tac/Pet si sono dovuti attendere oltre 240 giorni. “Pertanto – scrive la Corte – l’azienda dovrà aggiornare la tabella fornendo chiarimenti esaustivi in merito ai tempi intercorrenti tra il collaudo e la messa in funzione della risonanza. Inoltre, dovrà fornire per ciascuna apparecchiatura il costo d’acquisto relativo alla manutenzione programmata ed eventualmente straordinaria”.
Conti in rosso
Nel 2022 i debiti dell’Azienda Mater Domini iscritti a bilancio erano circa 198 milioni di euro, con un incremento del 32% rispetto all’anno precedente. Il peso maggiore, l’84%, è quello dei debiti nei confronti dei fornitori: si parla di oltre 166 milioni di euro. Un debito monstre che ba accumulandosi a causa dell’eccessivo ritardo con cui si effettuano i pagamenti. Pur se l’indice di tempestività è migliorato nel’ultima rilevazione rimane quello più elevato registrato tra tutte le aziende del sistema sanitario regionale calabrese. “Tali ritardi – si legge nel documento – hanno evidenti conseguenze sugli interessi passivi”. La Corte adesso chiede all’azienda di conoscere le misure intraprese per ridurre i tempi di pagamento. Fonte: Gazzetta del Sud