Un sequestro lampo i cui contorni sono ancora tutti da chiarire. È quello sul quale indaga la Procura di Catanzaro, avvenuto nella prima serata di domenica scorsa lungo via Emilia nel capoluogo di regione e che ha visto il rapimento di una studentessa 15enne, fermata da persone al momento ignote mentre si trovava alla guida della sua minicar. Gli uomini l’avrebbero costretta a scendere dall’auto per salire a bordo della loro utilitaria, dileguandosi poi a gran velocità.
Una scena alla quale hanno assistito alcuni testimoni; qualcuno avrebbe anche tentato di intervenire ma nella concitazione di quei momenti drammatici la fuga dei malviventi non ha trovato ostacoli. L’allarme ha fatto scattare le indagini degli agenti della Squadra Volante della Questura, che dopo pochissime ore sono riusciti a individuare la studentessa nel territorio di Marcellinara.
Ad agevolare le ricerche sarebbe stata anche un’app installata sullo smartphone della giovane e su quello del padre, un consulente finanziario del capoluogo; la madre della ragazza invece è un noto avvocato.
Un episodio inquietante che mai si era verificato in città e il cui movente è ancora tutto da ricostruire. Diverse le testimonianze raccolte dagli investigatori mentre gli inquirenti non stanno trascurando alcuna pista per risolvere un caso che avrebbe potuto avere risvolti drammatici. La ragazza è ovviamente rimasta scossa per quanto accaduto ma è stata comunque trovata in buone condizioni, anche se un rapimento, per quanto lampo, costituisce di per sé un gesto di estrema violenza; la sua testimonianza potrebbe aver fornito elementi utilissimi per lo sviluppo delle indagini, anche sull’identità dei malviventi che potrebbero essere arrivati da fuori regione.
Il sequestro sarebbe durato poco più di un’ora; gli autori potrebbero essersi sentiti braccati dalla Polizia oppure potrebbero aver voluto compiere un gesto dimostrativo verso qualche parente della ragazza: il padre è a processo per concorso esterno nell’ambito di un’inchiesta della Dda sulla gestione dei proventi di un clan. Elementi ora tutti sul tavolo degli inquirenti.
Fin qui le notizie “ufficiali”. Il padre della ragazza, al quale è stato indirizzato l’avvertimento mafioso, è Domenico Masciari, 56 anni, definito dagli investigatori a febbraio scorso come “insospettabile”.
Domenico Masciari, 56 anni di Catanzaro e Vittoria Proietti Cosimi, 49 anni, residente a Subiaco (provincia di Roma), sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e la seconda anche per riciclaggio aggravato dalle modalità mafiose. Secondo l’accusa Masciari, di professione promotore finanziario, avrebbe gestito i proventi illeciti del clan guidato da Gennaro Pierino Mellea e diretta emanazione della cosca di Cutro. Più in particolare, nel biennio 2014-2015, il promotore finanziario avrebbe ricevuto i soldi dallo stesso Mellea, che in un’occasione gli avrebbe dato 200mila euro, consegnati nelle mani della Proietti, che provvedeva ad investirli in una piattaforma web. Masciari, nella ricostruzione della Dda, si sarebbe impegnato a costituire conti correnti bancari esteri sui quali far confluire i profitti delle somme ricavate dagli investimenti fatti. Evidentemente la cosca di Cutro e i clan affiliati temono che Masciari possa rivelare qualcosa di compromettente e hanno mandato il terribile avvertimento al consulente finanziario dei loro “riciclaggi”.
Secondo gli inquirenti, nel biennio 2014-15 Domenico Masciari in sostanza avrebbe gestito parte dei proventi della ‘ndrangheta impiegandoli in attività e strumenti finanziari esteri curandone il recupero anche dopo l’arresto di Mellea e di altri esponenti del clan. Il borler avrebbe messo a disposizione di Mellea – secondo quanto si leggeva nell’avviso di chiusura indagini – la propria carta postepay dove accreditare i soldi provento delle attività illecite. Un sistema, questo, che avrebbe consentito di compiere operazioni finalizzate a far perdere le tracce del flusso finanziario. Una vera e propria “lavatrice” per ripulire soldi sporchi nella piena consapevolezza, secondo la Dda di Catanzaro, di aumentare la capacità economica del clan, reimpiegandone i capitali illeciti e mettendo al sicuro i profitti.
Masciari e Proietti, stando alle risultanze di indagine, sono i “cristiani buoni” (per usare un’espressione cara al boss Nicolino Grande Aracri), i professionisti esperti, di cui la cosca era solita servirsi per reinvestire ingenti quantità di soldi sporchi. Masciari avrebbe operato tramite investimenti su piattaforme finanziarie on line di tipo binario ed estere. In cambio avrebbe ricevuto, talvolta, denaro in contanti da Mellea. In una occasione avrebbe consegnato denaro in contanti a Vittoria Proietti, sua collaboratrice di fatto, la quale avrebbe successivamente investito tale denaro nella piattaforma 24Option.com.
Compito della Proietti sarebbe stato quello di ricevere somme in denaro contante di provenienza illecita e investirle in piattaforme on line estere di trading binario. L’indagata, stando alle indagini, ha anche creato conti bancari all’estero dove far confluire, attraverso bonifici, i proventi delle operazioni finanziarie.