«Un uomo delle istituzioni che scende a patti con la criminalità organizzata per sfruttarne le capacità di controllo del territorio, al fine di conseguire indebiti vantaggi». Così il gup del Tribunale di Catanzaro Simona Manna in un passaggio della sentenza con cui ha condannato a cinque anni di reclusione per il reato di scambio elettorale politico-mafioso l’ex assessore regionale al Bilancio Franco Talarico. A cinque mesi esatti il giudice ha depositato le motivazioni del verdetto che ha chiuso il processo con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta “Basso Profilo” che ha svelato l’intreccio tra cosche, imprenditori e amministratori pubblici.
L’ex presidente del Consiglio regionale è stato condannato per il reato di voto di scambio politico mafioso. In particolare, secondo l’accusa, quando Talarico si presentò alle elezioni per la Camera dei deputati nel 2018 nel collegio di Reggio Calabria avrebbe potuto contare sull’appoggio elettorale di soggetti imparentati o ritenuti vicini ai clan locali. Come gli imprenditori Antonio Gallo e Antonino Pirrello e Natale Errigo «imparentato con esponenti della cosca De Stefano-Tegano di Archi».
Per il gup “dagli elementi di prova raccolti emerge che l’intesa finalizzata al procacciamento del consenso elettorale ricomprendesse anche il ricorso alle “modalità mafiose”. Il giudice risponde anche ai rilievi della difesa che aveva sottolineato come coloro che si sono impegnati a sostenere il Talarico potevano non essere inquadrati, all’epoca dei fatti, come soggetti inequivocabilmente collocabili in contesti mafiosi. “Deve tuttavia rilevarsi – sostiene il gup – che nei dialoghi i promittenti hanno fatto più volte menzione o allusioni rispetto all’utilizzo di modalità illecite di procacciamento dei voti”. Secondo il gup Manna l’ex assessore Talarico non solo “sapeva bene a chi “affidarsi” ed era pienamente cosciente”, ma si sarebbe spinto per ottenere voti a suo favore, “ben al di là della soglia della mera inopportunità politica”.
CADE L’ASSOCIAZIONE
Assolto per non aver commesso il fatto, questa la formula utilizzata dal gup Manna per far cadere il reato associativo contestato dalla Dda a Talarico. Il giudice pur ritenendo configurabile una “embrionale associazione a delinquere, ossia una sorta di “comitato d’affari”, esclude la partecipazione alla stessa da parte di Talarico. L’ex assessore regionale, a parere del giudice, pur essendo a conoscenza degli investimenti in Albania del gruppo non è detto che avesse “consapevolezza delle modalità illecite (“corruzione pura”) con cui gli altri partecipanti intendevano ottenere appalti e commesse in quel Paese. In conclusione, secondo il gup Simona Manna, “non emergono elementi idonei a comprovare la partecipazione di Franco Talarico alla societas sceleris”. Ora, dopo il deposito delle motivazioni della sentenza, sia la difesa che la pubblica accusa potranno presentare appello.