Catanzaro, le “mazzette” di Manna: i reati contestati al “colletto bianco” della massomafia

Da un po’ di tempo ormai eravamo riusciti ad apprendere come anche la Procura di Salerno sia stata contrastata nel cercare di fare luce su una pacchiana e maldestra corruzione in atti giudiziari da parte di Marcello Manna, famigerato avvocato e “colletto bianco” della massomafia calabrese a favore del boss di Rende Francesco Patitucci attraverso il pagamento di una serie di “mazzette” al giudice della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini.

Non erano bastati i filmati prodotti dalla Procura di Salerno e neanche le accuse dirette del giudice, tra l’altro cristallizzate in un regolare incidente probatorio, per ottenere l’arresto di Marcello Manna. 

Solo poco più di un anno fa abbiamo appreso dell’appello presentato dalla Procura di Salerno al Tribunale della Libertà avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari di Salerno, in data 23 settembre 2021, aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Manna per difetto di esigenze cautelari avanzata il 5 maggio 2021 ed integrata il 23 settembre. E a gennaio 2022 abbiamo appreso che il Tribunale della Libertà aveva quantomeno disposto una interdizione di un anno dalla professione forense ai danni di Manna, provvedimento che il “Mazzetta” è stato costretto a sopportare, che è scaduto poche settimane fa  ed  è stato  nuovamente  ripristinato due  giorni  fa.

Il reato contestato al Manna, in relazione al quale il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, da verificarsi ovviamente nelle successive fasi del procedimento e che è sfociato nella richiesta di condanna a 6 anni di reclusione è il seguente:

del delitto previsto e punito dall’art. 319 ter co.1 c.p. in relazione agli artt. 319 e 321 c.p.. 416 bis 1 c.p. Perché, Petrini Marco quale Presidente della Corte di Assise d’Appello di Catanzaro, preposta a giudicare in secondo grado l’imputato Patitucci Francesco – già condannato in primo grado, a seguito di giudizio abbreviato, dal GUP distrettuale di Catanzaro alla pena di anni 30 di reclusione per concorso, quale mandante, nell’omicidio volontario di Luca Bruni, avvenuto in Castrolibero il 3 gennaio 2012 riceveva, a titolo corruttivo, in data 30 maggio del 2019 dalle mani dell’avvocato Manna Marcello, difensore del predetto imputato, e quale corrispettivo dell’assoluzione di costui nel giudizio di appello, la somma di euro 5mila in contanti posta all’interno di una busta da lettera contenuta in una cartellina da studio consegnata, al giudice, nel suo ufficio sito presso la Corte d’Appello di Catanzaro

e, altresì, contestualmente, accettava la promessa (sollecitata dallo stesso Petrini) di un’ulteriore utilità a favore di Vitale Mario, cugino di Gambardella Stefania (coniuge del Petrini), costituita dall’intervento dell’Avv.to Manna presso Citrigno Giuseppe, Presidente della Fondazione Calabria Film Commission, finalizzato all’attribuzione del contributo “per l’attrazione ed il sostegno di produzioni audiovisive e cinematografiche nazionali ed internazionali nel territorio della Regione Calabria” di cui al bando del 30.01.2019 in relazione ad un lungometraggio realizzato dal Vitale il quale, effettivamente, otteneva il detto contributo per un importo pari ad € 175.000 a seguito di stipula della convenzione avvenuta in data 1.10.2019.

Così compiendo, il Petrini, per favorire la posizione dell’imputato Patitucci, un atto contrario ai doveri di ufficio consistito nell’alterare la dialettica processuale inquinando, metodologicamente, l’iter decisionale della Corte d’Assise d’Appello da lui presieduta che, con sentenza emessa il 4 dicembre 2019, contaminata in radice dai descritti eventi corruttivi, assolveva il Patitucci disponendo, contestualmente, la scarcerazione dell’imputato.

Con l’aggravante dell’avere agito al fine di agevolare la cosca di ‘ndrangheta denominata “Lanzino-Patitucci”, attiva nel territorio di Cosenza e comuni limitrofi.

Marcello Manna è accusato di avere “comprato” l’assoluzione del boss di Rende Francesco Patitucci, a sua volta accusato di un omicidio di mafia (Luca Bruni) avvenuto nel gennaio del 2012. La Procura di Salerno ha aperto un’indagine nei confronti di Marcello Manna, il sindaco di Rende che, da avvocato, sarebbe stato coinvolto nella corruzione del giudice della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini, già arrestato nei mesi scorsi nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza in cui si è scoperto come il magistrato si faceva corrompere da personaggi vicini alla ‘ndrangheta.

L’indagine, infatti, rappresenta l’ennesimo filone nato dalle dichiarazioni rese nei mesi scorsi agli inquirenti dal giudice Petrini. Oltre a quest’ultimo e al sindaco Manna, la Procura di Salerno ha iscritto nel registro degli indagati anche l’avvocato Luigi Gullo e il boss Francesco Patitucci, esponente di spicco della cosca Lanzino-Rua di Cosenza. Tutti e quattro sono accusati di corruzione con l’aggravante mafiosa.

Secondo la ricostruzione fatta dal procuratore Giuseppe Borrelli, dall’aggiunto Luca Masini e dal pm Francesca Fittipaldi, in tre occasioni il giudice Petrini avrebbe ricevuto denaro per ribaltare in appello la sentenza di primo grado nella quale il boss Patitucci era stato condannato a 30 anni per l’omicidio del boss Luca Bruni. Stando al capo di imputazione, il 30 maggio 2019, all’interno dell’ufficio della Commissione Tributaria Provinciale a Catanzaro, l’avvocato Manna avrebbe consegnato al magistrato “una busta contenente la somma contante di 2500 euro quale acconto per l’accordo corruttivo”. Una seconda trance, di 5mila euro, sarebbe stata consegnata a Petrini presso la cancelleria della Corte d’Assise d’Appello.
L’ulteriore acconto sarebbe arrivato “dalle mani dell’avvocato Luigi Gullo, d’intesa con Manna” così come gli ultimi “5mila euro in contanti”, contenute nella busta data al magistrato “dopo la pronuncia della sentenza di assoluzione di Francesco Patitucci”.
Tutto, scrivono i pm di Salerno, “per compiere un atto contrario ai doveri di ufficio” e con “il concorso di Patitucci e di ulteriori persone a quest’ultimo collegate che avevano procurato all’avvocato Manna la provvista per il pagamento dell’illecito corrispettivo al presidente del collegio giudicante Petrini”.