“Catanzaro. Medici che mancano, barriere che aumentano: il paradosso della formazione e le ricadute per l’Umg”

Medici che mancano, barriere che aumentano: il paradosso della formazione italiana

di Claudio Maria Ciacci

In un Paese dove gli ospedali pubblici vivono una crisi di personale senza precedenti, sorprende che l’accesso a Medicina continui a essere trattato come un percorso da proteggere con barriere sempre nuove, invece che come un investimento strategico. Le corsie si svuotano, i medici in servizio sono logorati da turni infiniti e le dimissioni aumentano. Eppure, invece di formare più professionisti, costruiamo ostacoli.
C’è un dato che nessuno può negare: Medicina è una facoltà naturalmente selettiva.
Non per scelta politica, ma per la sua stessa struttura. Sei anni di studio intensissimo, esami complessi, tirocini obbligatori, responsabilità crescenti. Chi non è adatto viene selezionato dal percorso, non da una crocetta.

Per questo continuare a moltiplicare filtri, test a risposta multipla, test integrativi, semestri filtro compressi in poche settimane, è privo di senso. Non migliora la preparazione. Non garantisce il merito. Non produce più medici. Aggravare l’ingresso in un percorso già difficilissimo significa solo scoraggiare chi è motivato e premiare chi sa aggirare le procedure.

Il nuovo semestre filtro, presentato come un’evoluzione moderna e più equa del vecchio test d’ingresso, si è rivelato in molti casi un esperimento caotico e mal calibrato. In alcune sedi le lezioni si sono concentrate in un periodo troppo breve per permettere una preparazione adeguata in tre materie fondamentali come fisica, chimica e propedeutica biochimica e biologia.

Il risultato è stato evidente: tassi di promozione molto bassi, grande incertezza, studenti allo sfinimento e un clima generale di sfiducia verso un sistema percepito come ingiusto e improvvisato.
A peggiorare ulteriormente la situazione sono arrivate le segnalazioni, diffuse in tutta Italia, di irregolarità durante le prove: telefoni, foto dei test, materiali circolati mentre gli esami erano ancora in corso, vigilanza insufficiente e comportamenti scorretti che hanno finito per minare la credibilità dell’intero processo.

Molti atenei sono stati tirati in ballo da studenti, associazioni e stampa nazionale.
E anche l’Università Magna Graecia di Catanzaro, pur non distinguendosi in negativo più di altri, si è trovata coinvolta nelle stesse criticità che hanno investito l’intero sistema. Nulla di diverso dalle altre sedi, ma nemmeno qualcosa di cui potersi dire pienamente soddisfatti.
A conferma di questo, è circolato nel gruppo WhatsApp “Semestre Filtro – Medicina” (come reso pubblico sui social dallo Studio Legale Leone–Fell alle ore 12:40)  il logo di un’associazione presente all’UMG, proprio mentre il concorso era ancora in corso. Dalle indicazioni orarie della chat risulta che la diffusione sia avvenuta durante lo svolgimento del test di chimica.

Un episodio che, indipendentemente da intenzioni e responsabilità, dimostra che anche l’UMG di Catanzaro non è stata affatto immune da irregolarità, scorrettezze e comportamenti furbi capaci di alterare l’equità della selezione.
In un contesto del genere diventa inevitabile chiedersi: che significato ha parlare di “merito” quando la possibilità di copiare o di ottenere materiale non autorizzato dipende solo da quanto severo o disorganizzato è l’ateneo in cui si sostiene la prova?
A rendere il quadro ancora più assurdo è la proposta, emersa successivamente, di modificare le regole del concorso dopo lo svolgimento delle prove. Un’ipotesi inaccettabile sotto ogni profilo: giuridico, etico e logico.

Lo stesso Presidente dell’Ordine dei Medici nazionale ha ammesso pubblicamente che la prova fosse, nei fatti, impossibile da sostenere nelle condizioni date: contenuti normalmente distribuiti lungo un anno accademico sono stati compressi in appena un mese e venti giorni di lezioni. Pretendere che gli studenti raggiungessero una preparazione adeguata in così poco tempo non solo è irrealistico, ma iniquo. Inevitabile, dunque, che qualsiasi tentativo di “rimediare” successivamente produca nuove ingiustizie.
Di fronte a un sistema così fallace, la soluzione più corretta è una sola: annullare totalmente il concorso e tornare alla promessa iniziale, quando si parlava apertamente di una facoltà di Medicina accessibile a tutti, con la selezione demandata al percorso universitario, non a un filtro improvvisato e mal costruito.

Invece di aiutare gli studenti a orientarsi, il semestre filtro ha finito per rendere ancora più complesso l’accesso alla facoltà che, più di tutte, dovrebbe essere rafforzata.
E questo mentre il Paese vive una carenza cronica di medici, con ospedali che faticano a garantire servizi essenziali e regioni intere che rischiano il collasso per mancanza di personale qualificato.

Se davvero vogliamo salvare la sanità pubblica, la logica dev’essere opposta: facilitare l’ingresso, non complicarlo. Aumentare gli accessi, potenziare la didattica, investire nelle strutture, ampliare le borse di specializzazione. La selezione deve avvenire lungo il percorso universitario, che già svolge benissimo questo ruolo, non prima ancora di iniziarlo.
Non abbiamo bisogno di filtri aggiuntivi, né di test che premiano chi indovina, chi ha studiato da autodidatta o chi conosce trucchi e scorciatoie.
Abbiamo bisogno di studenti motivati, di un percorso serio e di uno Stato che investa in chi vuole curare.
Perché Medicina è una scalata ripida.
E una scalata così non ha bisogno di cancelli: ha bisogno di gambe, coraggio, impegno e di una società che non ostacoli chi desidera arrivare in cima.