Catanzaro, Movimento Apostolico: lo scisma delle comari e lo scandalo silenzioso

La città di Catanzaro gode di una protezione particolare, quella che sta a metà fra il cielo, dimora del divino e la terra, dove il peccato è umano e come tale ha bisogno di essere redento. Questo luogo indefinito che unisce secondo l’insegnamento cattolico Dio agli uomini, offrendo loro la possibilità di un riscatto eterno è la chiesa, intesa però come manifestazione materiale del potere, quello dei rosari e dei forzieri, diversa da quella della carità, della preghiera autentica e che ha paura del peccato, quella macchia che ha una tonalità diversa dal resto e che per redimersi impone pentimento e confessione.

La macchia del peccato evangelicamente protetto nella curia di Catanzaro proprio perché cromaticamente diversa è quella che balza per prima agli occhi di tutti, si distingue dalle altre macchie, quelle che umanamente ricerchiamo fra gli uomini, nella politica e perché no anche nel bucato. C’è tuttavia un’altra macchia che negli ambienti della Chiesa catanzarese viene definito come il “vero peccato”: è la denuncia, quella civile e morale che nel suo percorso di verità bacchetta le porpore locali, quella parte del clero affarista ed impresentabile, che per essere redenta, secondo la logica del vescovo Bertolone e dei suoi compari non ha bisogno di preghiere, ma soltanto di ritrattazione. Dobbiamo avere il coraggio di bendarci gli occhi davanti alla verità e di annacquare la coscienza perché la macchia del peccato è dannazione eterna, quella che la chiesa catanzarese combatte con l’anatema: la scomunica e la messa al bando dalla comunità cristiana.

E’ tempo di “Inquisizione” ad orologeria nelle stanze dei sacri palazzi catanzaresi, perché oggi la Chiesa locale si è riscoperta fragile o meglio ha capito che il tempo delle sporcaccionerie è finito, che c’è il conto da pagare non solo per la sua alleanza di potere e di spartizione con la massomafia, ma perché ha tradito negli anni un percorso di fede e di riconoscibilità monetizzato usando gli altari ed i paramenti sacri.

Ormai da tempo su input della procura di Nicola Gratteri, Catanzaro è la città della massomafia, quella caratteristica ormai riconosciuta che sovrasta buttando nella polvere quella che è stata e forse è ancora la vera essenza della comunità cittadina, essere “Magnifica et fidelissima”. L’architrave del sistema Catanzaro sono i coni d’ombra della politica che gestiscono la pubblica amministrazione e la curia cittadina che è la terza gamba del sistema quella legenda nera, da sempre alleata nel silenzio con la massoneria: la terra di confine fra il sacro ed il profano, fra la legge e la mafia. Negli ultimi tempi sulla curia di Bertolone si addensano altre nubi grigie che superano quelle già conosciute delle speculazioni edilizie di sacerdoti palazzinari, del mercato degli immigrati, dell’affare sanità dove anziani e disabili diventano moneta sonante, dei predoni in clergyman che si appropriano dei fondi Caritas, delle amicizie sospette fra clero e ‘ndrangheta, delle facilitazioni a carriere politiche allevate a Vangelo e compasso, della postulazione a contratto e di tanto altro che magari andrà ulteriormente indagato.  E’ il 28 settembre 2020, il giorno in cui il vescovo Vincenzo Bertolone ha dato lettura al clero catanzarese dell’esistenza di un documento del 21 settembre della Congregazione per la dottrina della fede, firmato dal prefetto cardinale Ladaria e da Giacomo Morandi, arcivescovo di Cerveteri, segretario, che nei fatti determina un ispezione sull’attività del Movimento Apostolico di Catanzaro.

Quella che viene definita visita apostolica voluta dalla Santa Sede altro non è che una specie di scandaglio su tutto quanto gravita intorno al Movimento Apostolico, con particolare attenzione all’origine soprannaturale delle rivelazioni che hanno determinato la nascita del movimento, sui problemi di natura teologica e di identità, quelli di natura disciplinare, sulla adeguatezza dello statuto, le dinamiche interne, la vita e missione pastorale dei presbiteri, la vocazione e la formazione, la tutela del segreto confessionale, le tensioni della chiesa locale tra i membri del movimento. Tutto viene lasciato al discernimento ed alla verifica dei visitatori apostolici nominati, Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano, Mauro Cozzoli, professore emerito di Teologia morale alla Pontificia Università lateranense e Agostino Montan professore emerito di Diritto canonico.

Ci sono tutti gli elementi per pensare che si sta consumando lo “scisma delle comari” dove le responsabilità sono diffuse all’interno della Chiesa locale da almeno un quarantennio, tanto da avere consentito ad un “movimento” dal dubbio valore della rivelazione del Vangelo di occupare manu militari ed economico un territorio di neutralità costituendo una setta. Questo è il pensiero del popolo che risiede fra le mura della città di Catanzaro. Ci troviamo per l’ennesima volta di fronte ad un altro scandalo silenzioso della curia locale, dove le faide si consumano sussurrando una preghiera oscena fatta di veleni, ostie e di negoziati, senza i quali ogni affare si riduce a semplice contabilità.

La trama resta intatta secondo il migliore schema criminale della curia e le motivazioni sono opache come cerca di spiegare la collega Giulia Zampina dalle pagine di Catanzaro Informa sempre il 28 settembre 2020: «Che qualcosa fosse nell’aria era chiaro da giorni. Ieri con la diffusione del documento inviato da Monsignor Bertolone al clero i contorni della questione si sono fatti più chiari. La convocazione immediata del mondo religioso, il clero ma non solo,  per stamattina alle 8.30 ha definito i termini di ciò che da giorni si vociferava. Monsignor Bertolone, in apertura dei lavori, ha chiarito il perché della convocazione e  ha letto ai convenuti il decreto della congregazione per la dottrina della fede inviato dalla Santa Sede con il quale in sintesi Papa Francesco avrebbe deciso, a partire dal prossimo 13 ottobre la visita apostolica destinata al Movimento Apostolico per verificare l’esistenza di alcuni errori dottrinali, morali ed economici. Con lo stesso documento viene stabilito che durante la visita apostolica non ci sarà alcuna celebrazione di inizio anno del Movimento Apostolico e neanche l’ammissione di nuove consacrate».

Il Movimento nasce a Catanzaro nel 1979, su ispirazione di Maria Marino in Marraffa, che così ne racconta la genesi: «Nel deserto incontrai la Verità. Essa parlò al mio cuore. Va’, salva, converti. Un cuore che batte pieno d’amore per Gesù. Comprendendo, mi invase la gioia. Il 3 novembre del 1979, per mio tramite, nacque il Movimento apostolico».

Le rivelazioni di Maria Marino in Marraffa sono “scritte e custodite” su un’anta di armadio, quella pagina di rivelazione del volto di Gesù, l’annuncio e la genesi della rivelazione e della nascita del Movimento Apostolico. Quella stessa anta di armadio che don Tito Voci, parroco di S. Andrea Marina, appassionato ed esperto d’arte osserva senza riscontrare alcun messaggio divino, morto improvvisamente per un mieloma, prima ancora di relazionare sulla nullità del miracolo fondamento del teorema di Maria Marino al vescovo; altri dicono colpito dall’anatema della presunta mistica, quelle minacce sulle quali ha fondato il suo impero economico sulla rivelazione del Vangelo, quello che sembra essere stato un metodo di intimidazione e di coercizione dei deboli e degli indifesi. Le stesse minacce di morte imminente che furono recapitate per ambasceria a don Edoardo Varano, al tempo coordinatore della commissione istituita dal vescovo Antonio Cantisani, quella punizione divina la cui mittente Maria Marino in Marraffa dispensava contro coloro non erano disposti a riconoscere sull’anta del suo armadio il prodigioso volto di Cristo. Ma don Varano non muore, anzi continua il suo lavoro di indagine sulle fondamenta e sulla verità delle rivelazioni della mistica che più che presunta, appare falsa e pericolosa.

Per oltre quarant’anni dal 3 novembre 1979 fino al 10 giugno 2021, data del funerale inappellabile disposto dalla Santa Sede, il Movimento Apostolico e la sua “santona” Maria Marino in Marraffa hanno attraversato, occupando con un esercito di sacerdoti intruppati, la sua falange, la diocesi di Catanzaro-Squillace.

I vari vescovi che si sono succeduti dalla rivelazione mistica della Marino Marraffa, mons. Armando Fares, mons. Antonio Cantisani, mons. Antonio Ciliberti e l’attuale mons. Vincenzo Bertolone non si capisce per quale motivo si sono arresi senza combattere alle visioni della presunta mistica consegnandole le chiavi della Chiesa di Catanzaro, trasformata per venire incontro ad un “volere” che si dichiarava ispirato dal Volto di Gesù, nella classica porchetta quella dal limone in bocca e la carota nel c…!

Ciliberti e Bertolone sono stati i migliori alleati del Movimento Apostolico, soldatini rispettosi della logica che ormai vede la curia locale organica al sistema Catanzaro quello scoperto dal procuratore Nicola Gratteri, quella Chiesa catanzarese che da una parte santifica il Vangelo con il compasso, Chiesa e massoneria e dall’altra si è consegnata al Movimento Apostolico, quello che secondo alcuni dati conta ben 36 mila aderenti e circa il 60 per cento dei preti nella sola diocesi di Catanzaro. E’ sempre la solita logica del grembiule e del cappuccio, in questa ultima circostanza una specie di ispirato, non si capisce da chi, Ku Klux Klan alla parola del Vangelo declinato dalla rivelatrice del Vangelo dell’armadio di Santo Janni, Maria Marino in Marraffa.

Esistevano già e da molti anni tutti gli elementi per valutare che il Movimento Apostolico fosse una specie di fabbrica non di santi, ma di vocazioni d’assalto sotto un ordine costituito messo in piedi da stupidi manutentori di anime, anch’essi postulatori a contratto, quell’atto sacrilego che più che avere il sapore della tragedia è nei fatti la rottura in modo criminale della mediazione naturale fra il cielo e la terra.

In quest’ordine costituito di intrighi di palazzo non ha sempre valore la voce narrante, come quella del vescovo Bertolone, se narra falsità, tacendo secondo la regola del silenzio catanzarese, su atteggiamenti e metodi di ordine mafioso, quelli che da sempre hanno contraddistinto il Movimento Apostolico e la sua occupazione della Chiesa locale.

Le carenze istituzionali del Movimento, soprattutto nel suo governo a conduzione, di fatto, più familiare che statutaria, con indebite ingerenze”, come è scritto sulla “bolla papale” che determina senza appello il de profundis dell’esperienza quasi mistica di Maria Marino in Marraffa e della sua lobby familiare non sono il solo motivo e nemmeno la novità temporale, considerato che già nel 1982 una commissione istituita dal vescovo Antonio Cantisani, aveva decretato la falsità della rivelazione, suggerendo lo scioglimento del Movimento Apostolico.

La commissione composta da: don Giuseppe Silvestri, parroco di San Giovanni e docente al Seminario San Pio X in Catanzaro; don Domenico Graziani, docente al Seminario San Pio X; padre Nicola Criniti, docente; don Edoardo Varano, direttore della Villa della Fraternità e coordinatore della commissione; don Rocco Cassadonte, arciprete di Borgia e don Gesualdo de Luca, parroco di Pazzano esortavano alla responsabilità il vescovo Antonio Cantisani che nel 1981 un anno prima del documento finale, aveva insediato la commissione per esaminare ed approfondire fatti, circostanze e dottrina riguardanti il Movimento Apostolico e la rivelazione mistica di Maria Marino in Marraffa.

Quel documento dimenticato nei quarant’anni successivi, al punto 2) recitava: «La Marraffa venga esortata a partecipare, se vuole, alle comuni assemblee dei fedeli, senza particolare distinzione esibizionistica». Ed ancora al punto 3) la commissione antesignana dei “visitatori apostolici” scriveva: «Il Movimento Apostolico venga sconfessato, in quanto presenta elementi difformi da quelli tipici d’una autentica esistenza cristiana. E’ chiaro che, se i cosiddetti messaggi, contenenti anche errori contro la fede (identificano tra l’altro la Marraffa con lo Spirito Santo) unitamente agli altri fenomeni straordinari, non sono autentici, la stessa sorte tocca al Movimento Apostolico, che su di essi si fonda. La chiarezza lo chiede; l’ambiguità, lo tollera. I seguaci e gli aderenti al Movimento Apostolico, sono convinti della sua origine soprannaturale e di ciò si avvalgono per fare altri proseliti ». Ma, in particolare la commissione esortava che «Padre Costantino venga messo a disposizione dei suoi legittimi superiori», colui che per quarant’anni è stato teologo ed assistente ecclesiastico centrale del Movimento Apostolico. Quel monsignor Costantino di Bruno che il 14 febbraio 2020 si dimise dal ruolo per una serie di intrighi e veleni tutti interni al Movimento, quella caratteristica che era stata ampiamente prevista nel 1982. Con la sua lettera di dimissioni attestava a chiare lettere che il Movimento Apostolico non era né apostolico, né movimento, ma un ibrido, una forza di occupazione della chiesa dalla quale era concettualmente lontana anche in termini di obbedienza.

Quindi, prima il processo della Commissione Interdiocesana presieduta da don Edoardo Varano su nomina del vescovo Antonio Cantisani, dopo la sentenza letta il giorno 16 luglio 1982, nella sala Sancti Petri dell’episcopio della diocesi di Catanzaro davanti al vescovo ed a tutti i sacerdoti delle due Chiese di Catanzaro e di Squillace, quella che era un condanna definitiva ad un movimento ed alla sua ispiratrice, le cui virtù ed ispirazioni divine erano già un programma! L’allora vescovo Cantisani sulle prime manifestò la volontà di sposare i risultati della Commissione, ma poi temporeggiò. E continuò a temporeggiare per altri 9 anni. Finché decise di approvare motu proprio il Movimento definitivamente solo 2001, più precisamente il giorno 18 gennaio 2001.

Lo scioglimento del Movimento Apostolico decretato nel 1982 non era un impensato avvenimento, ma la lucida analisi di un fenomeno di potere, quel fuori programma che la Chiesa catanzarese si era rassegnata a subire sul valore del non detto, facendo sì che la parola di Dio diventasse taroccabile e non già verità assoluta. Fame e sete di verità vengono asservite al “codice Marraffa”, un nuovo Vangelo infarcito di locuzioni profetiche dal dubbio valore con la complicità dei “successori degli apostoli”, quei vescovi incapaci di camminare a testa alta non solo come uomini.

E’ iniziato così il viaggio a Catanzaro del treno della lobby religiosa del Movimento Apostolico che siede in prima classe, mentre la Chiesa quella autentica, mortificata dalle scelte di chi comanda la curia, resta in fondo al vagone a spalare il carbone. Il pastore non si dimostra più tale, ha sostituito le pecore con i lupi.

Il potere non è mai immateriale, bensì è tangibile si tocca perché frutto di complicità, di silenzi e di distrazioni e nel caso del Movimento Apostolico anche di minacce e della smania della Marraffa di dimostrare i suoi “segni straordinari”, quell’investitura di Dio a tutti i costi, contro la sua volontà per una missione di salvezza e conversione. L’umiltà è un fiore che non spunta mai nel campo delle presunte rivelazioni, non c’è alcun accenno alla povertà, alla miseria della creatura sia pure messaggero di Dio, perché il Movimento Apostolico è una costruzione artificiosa senza fondamenta.

I segni straordinari e gli anatemi della fondatrice del Movimento Apostolico sono la regola. C’è un ricorso continuo a segni esterni divenuti parte preponderante e scioccante nelle varie manifestazioni liturgiche o paraliturgiche. La Commissione del 1982 riporta tre episodi, sostanzialmente identici, in cui vengono espletati. Il primo accade nella Parrocchia di Santa Maria. “La Marraffa, non accettata neppure dal gruppo del Rinnovamento dello Spirito in Catanzaro a causa della sua invadenza ed estrose prove carismatiche, decide di sganciarsi da tutti”. E’ una suora a raccontare “lo spettacolo”. Il primo venerdì del mese di giugno, che coincide con la festa del Sacro Cuore, invita le suore a partecipare all’ora di adorazione perché “sarebbero successe cose straordinarie”. Durante la preghiera si alza all’improvviso e si siede a terra al centro della chiesa dicendo che la Madonna la chiama. Un insegnante va verso di lei e la invita ad alzarsi. Inutile. Le offre una sedia, ma non accetta. Vuole rimanere per terra. Poi si alza da sola. Ma continua a proferire parole prevenienti dalla Madonna, a suo dire. La suora si fa coraggio e le intima di recarsi in sacrestia. Al termine della funzione succede un “putiferio”. Mostra “alle persone invitate da lei, anche i fotografi della stampa locale, le sue mani contrassegnate da piccole croci.”

Infine è la volta del paese di Satriano. Qui avviene l’evoluzione delle stimmate con i batuffoli di cotone. Una prassi consolidata ripresa poi dai suoi adepti. Si strofina le mani con del cotone e lo consegna ad un ragazzo. Ancora putiferio in Chiesa. Sono presenti due medici che esaminano le mani della signora e non riscontrano nessuna lacerazione o abrasione. Ripongono il fazzoletto in una busta e la sigillano. Nei giorni a seguire si recano all’Università di Messina, tra gli altri la stessa Marraffa, per farlo esaminare. Illuminante il giudizio sempre della Commissione del 1982: «Le anime legate a Dio da profonda umiltà e carità, non danno peso a simili fenomeni né si costituiscono avvocati difensori della propria causa».

1 – (continua)