Se l’avvocato penalista nonché ancora sindaco di Rende Marcello Manna, ormai per tutti Marcello “Mazzetta”, pensava che sulla squallida vicenda del processo comprato a forza di mazzette al giudice Petrini per il suo assistito, il boss Patitucci, fosse calato il silenzio, si sbagliava di grosso.
Oggi abbiamo scoperto che la procura di Salerno aveva chiesto per lui l’arresto in carcere. Lo abbiamo appreso attraverso il ricorso della stessa procura al Tribunale della Libertà di Salerno, che ha deciso quantomeno di interdire per un anno dalla professione di “mazzettaro” il soggetto in questione (https://www.iacchite.blog/salerno-un-anno-di-interdizione-dalla-professione-per-lavvocato-marcello-manna-mazzetta/). Ma ha già annunciato che ricorrerà anche in Cassazione per cercare di arrivare ancora all’arresto di questo pessimo elemento della massomafia calabrese.
A marzo dello scorso anno la tragicomica vicenda delle mazzette di Manna era stata inserita nella “monumentale” inchiesta di Riccardo Iacona a PresaDiretta: c’era anche lui con tutti i suoi “magheggi” per salvare Patitucci, compresa l’aggressione al nostro cronista Michele Santagata. Manna è un quaquaraquà talmente pusillanime e senzacoglioni da rifiutare persino l’intervista di Iacona. Il suo “collega” Staiano, per fare un esempio, che quanto a “mazzette” non gli è certo da meno, almeno ha replicato alle accuse e ha dimostrato, in qualche modo, di avere gli attributi. Manna no, a lui semplicemente non gli sono mai “spuntati” e pensa che arrivi sempre qualcuno a “salvarlo”. Vedremo se anche stavolta sarà così…
La bomba annunciata da mesi con tanto di fuga di notizie finalmente era esplosa il 13 ottobre del 2020. La procura di Salerno aveva chiesto al Giudice per le indagini preliminari di poter ascoltare il giudice Marco Petrini nell’ambito di un’altra inchiesta di corruzione aggravata dall’aver agevolato la cosca di ‘ndrangheta “Lanzino-Patitucci”. Con lui sono finiti sotto indagine per corruzione in atti giudiziari con l’aggravante mafiosa anche l’avvocato Marcello Manna, peraltro sindaco di Rende, l’avvocato Luigi Gullo e Francesco Patitucci. Eravamo alla resa dei conti: il tanto atteso incidente probatorio si è concluso con la conferma di tutte le accuse e a questo punto non ci sono più chiacchiere che tengano: Manna non incanterà più nessuno. Neanche i suoi fan più accaniti.
Secondo gli investigatori Petrini sarebbe stato corrotto dagli avvocati Manna e Gullo per far assolvere Patitucci in un processo, quello per l’omicidio di Luca Bruni, per il quale era stato condannato a 30 anni di carcere in primo grado. Secondo l’ipotesi accusatoria il giudice d’Appello avrebbe ricevuto, in un primo momento, 2500 euro di acconto, a cui poi se ne sarebbero aggiunti altri 10mila di cui la metà versati a titolo di “saldo” nel dicembre 2019, quando Patitucci è stato effettivamente assolto dal giudice nonostante in primo grado fosse stato condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Luca Bruni.
La pubblica accusa sostiene – sulla base delle stesse ammissioni fatte dal giudice Petrini che è assistito dagli avvocati Francesco Calderaro e Agostino De Caro – che il 30 maggio del 2019 negli uffici della Commissione tributaria provinciale di Catanzaro, l’avvocato Manna consegnò personalmente al magistrato una busta contenente 2500 euro quale “acconto” relativo alla manipolazione del processo a Patitucci.
Nell’ottobre successivo, Petrini avrebbe invece ricevuto dall’avvocato Gullo nella cancelleria della Corte di assise di Catanzaro un’altra busta con all’interno 5000 euro, come seconda rata della prevista tangente. Infine, il 4 dicembre del 2019, dopo la sentenza assolutoria pronunciata nei confronti di Francesco Patitucci, sempre Gullo d’intesa con il collega Manna avrebbe consegnato altri 5000 euro in contanti – sempre nei locali della cancelleria catanzarese – al magistrato corrotto.
Il giudice reo confesso, Marco Petrini, è stato poi interrogato in sede di incidente probatorio in ordine agli episodi corruttivi descritti e ha riconfermato in faccia a Manna tutto quello che è accaduto. L’inchiesta che ha portato all’arresto del magistrato catanzarese viene condotta dal procuratore aggiunto di Salerno Luca Masini. Oggetto dell’incidente probatorio sono stati alcuni verbali di Petrini di gennaio, febbraio e aprile; due intercettazioni audio-video del 30 maggio 2019 effettuate negli uffici di Petrini della Corte d’Appello e della Commissione Tributaria provinciale di Catanzaro; una terza intercettazione video del dicembre 2019 registrata negli uffici di Petrini della Corte d’Appello.
COME SI E’ ARRIVATI ALLA SVOLTA
C’era stata una grandissima confusione, a giugno 2020, rispetto alla fuga di notizie relativa alle dichiarazioni del giudice corrotto e ormai pentito Marco Petrini, con successiva parziale ritrattazione, rispetto ad una serie di processi “eccellenti” aggiustati a Catanzaro. Tra questi, il processo d’appello per il boss cosentino Francesco Patitucci, condannato in primo grado a 30 anni per essere stato tra i mandanti dell’omicidio di Luca Bruni e poi assolto, il 4 dicembre 2019, dalla Corte d’Appello di Catanzaro e in particolare dallo stesso giudice Petrini e dal suo collega Fabrizio Cosentino a latere.
Marco Petrini, il 25 febbraio 2020 ha raccontato alla procura di Salerno del processo riguardante Francesco Patitucci. Il magistrato avrebbe “messo a posto le cose” assolvendo quindi il boss in cambio di una somma di denaro corrispostagli da un legale. Un avvocato che sarebbe stato addirittura filmato mentre consegnava la “busta” con i soldi, dalle telecamere piazzate nell’ufficio di Petrini dalla Guardia di Finanza.
Il giudice ha svelato al procuratore aggiunto Luca Masini e al pm Vincenzo Senatore l’origine e la natura dei rapporti intrapresi con due penalisti del foro di Cosenza: Marcello Manna e Luigi Gullo ovvero i legali del Patitucci. Non solo: Petrini tira in ballo un suo collega di collegio giudicante ovvero Fabrizio Cosentino – indicandolo come presunto appartenente alla sua stessa “loggia” – salvo poi ritrattare la parte che lo riguarda.
Il giudice, nell’interrogatorio reso ai magistrati di Salerno, non ha fatto tuttavia “ritrattazioni” sulla vicenda di Patitucci, nè in merito alla presunta loggia “coperta” di cui, in un verbale del 29 febbraio 2020, avrebbe dichiarato di far parte.
Nei rapporti con l’avvocato Manna, Petrini spiega di essere stato lui a proporre “di darmi una somma di denaro”. Il primo contatto sarebbe avvenuto prima del processo contro Patitucci. “Il fatto avvenne nel 2018-2019 allorquando, come presidente della sezione Misure di Prevenzione della Corte di Appello – rivela Petrini -, mi trovavo a trattare un procedimento che riguardava tale Antonio loele + terzi interessati. Si trattava di un soggetto già condannato per bancarotta, nei confronti del quale era stata avanzata una proposta di misura di prevenzione patrimoniale che si era conclusa con la confisca di alcun beni in primo grado. In occasione della trattazione dell’appello il Manna venne a parlarmi rappresentandomi che la questione era molto delicata e sollecitando la mia attenzione. Io gli risposi che sarei stato disponibile ad accogliere l’appello dietro versamento di ima somma di denaro. Il Manna non ebbe reazioni particolari alla mia proposta e si dichiarò disposto ad accontentarmi. Nella circostanza egli dichiarò che avrebbe potuto versarmi la somma di euro 2.500. Non avevo notizie del fatto che in precedenza Manna avesse mai versato somme di denaro ai giudici per ottenere provvedimenti di favore. Semplicemente ci provai, sperando che le cose andassero bene»..

Che Petrini parli di un presunto patto corruttivo con Manna per liberare Patitucci si evince anche da un altro passaggio delle dichiarazioni rese dal giudice, da cui emerge che anche un altro componente del collegio difensivo di Patitucci, l’avvocato Luigi Gullo, sarebbe stato al corrente dell’accordo. A Gullo, Petrini avrebbe chiesto il versamento di una somma di denaro anche per il giudice a latere Fabrizio Cosentino, il quale, riferisce Petrini in un primo tempo, era consapevole dell’accordo corruttivo per mandare assolto Patitucci. Circostanza che sarà poi ritrattata ma solo in ordine al coinvolgimento di Cosentino e non certo per Gullo e Manna. Dunque, sono due gli avvocati di Patitucci che trattano con Petrini e sono Marcello Manna e Luigi Gullo.
Ma chi è Luigi Gullo? Nell’ambito delle indagini sul carrozzone di Calabria Etica, quelli di Robin Hood, che rubavano ai poveri per dare ai ricchi, la Finanza di Vibo ha sequestrato all’ex assessore regionale al Lavoro Nazzareno Salerno 237mila euro. Esattamente la cifra che ha elargito ai suoi collaboratori di un sedicente Comitato di Gestione.
Per Salerno – oltre all’arresto – era già stato disposto un sequestro di beni per 200 mila euro. Il nuovo illecito contestato a Salerno riguarda la nomina di un “Comitato di gestione” per l’istruttoria delle domande degli aspiranti al beneficio del “Credito Sociale”, che avrebbero potuto essere gestite, senza costi aggiuntivi, secondo l’accusa, dallo stesso personale della Regione.
Nel Comitato erano stati nominati e contrattualizzati a suo tempo cinque professionisti che hanno percepito un compenso pari al nuovo sequestro di beni a carico di Salerno.
Tra questi c’è anche Luigi Gullo, 44enne avvocato di Roma.
Luigi Gullo, nonostante sia nato a Roma, vive e opera a Cosenza (difende anche il boss Franco Muto), fa parte della celebre dinastia dei Gullo e porta lo stesso nome del nonno, che a sua volta era figlio del grande Fausto, memorabile ministro comunista dei contadini. Pensate un po’: discendente da questa onorabile e indimenticabile famiglia e invischiato in una vicenda nella quale si rubano soldi ai poveri. Una deriva indecorosa.
Ed eccoci al punto centrale ovvero il pagamento nell’ufficio del giudice corrotto. Petrini chiarisce di essere stato “retribuito successivamente alla adozione della decisione. La somma di denaro mi venne consegnata qualche giorno prima della dazione che si riferiva al processo Patitucci. Preciso, circa una ventina di giorni prima”, dice il giudice, confermando quindi di aver ricevuto un compenso per assolvere il boss della ‘ndrangheta cosentina.
Finora c’era ancora qualche incertezza su chi avesse materialmente consegnato i soldi a Petrini ma oggi sappiamo che sia Marcello Manna sia Luigi Gullo l’hanno fatto.
Del resto, le intercettazioni audio-video rivelano certamente la loro identità e la procura di Salerno ha già visionato centinaia di volte quelle immagini e ascoltato i discorsi. A questo punto, il tentativo di inquinare le prove con la fuga di notizie è destinato a naufragare miseramente. Manna è sempre più solo con i suoi fantasmi e la sua vicenda non può essere dimenticata, come gli sarebbe piaciuto.