Fonte: Calabria7
La Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Calabria – ha condannato Villa S. Anna S.p.A. (in liquidazione), Rosanna Frontera e Giuseppe Failla al pagamento in solido di 680.265 euro a favore della Regione Calabria, oltre rivalutazione e interessi, per l’indebita percezione di risorse legate alle “funzioni non tariffabili” riferite all’Unità di Terapia Intensiva Coronarica (Utic) che, secondo i giudici, non risultava operativa. “La clinica non ha mai soddisfatto i requisiti minimi previsti per l’Utic” mentre le prestazioni “Utic” risultavano formalmente rendicontate ma non erogate come tali, si legge nella motivazione. “La domanda va accolta nei termini di seguito statuiti”, dispone il Collegio (Presidente Domenico Guzzi, relatore Guido Tarantelli).
Come nasce il caso: l’Utic “mai entrata in funzione” e i rimborsi
L’informativa della Guardia di Finanza (3 febbraio 2021) ha documentato che l’UTIC non è mai stata effettivamente attivata: monitor spenti nelle stanze 302 (tre posti) e 303 (due posti), posti letto usati per degenza ordinaria e pazienti critici indirizzati verso Utipo. Dipendenti e medici hanno riferito che l’etichetta Utic era solo amministrativa e non corrispondente alla realtà clinica. Ciononostante, tra 2013 e 2019 furono rendicontati numerosi ricoveri come UTIC: 779 cartelle cliniche risultate critiche. “Non è mai esistita un’Utic nella struttura», dichiarano, tra gli altri, medici cardiologi e personale amministrativo, richiamati in motivazione.
Le “funzioni non tariffabili”: la chiave dei 680 mila euro
Il DCA 129/2015 (attuato poi dal DCA 27/2016) prevedeva un finanziamento aggiuntivo per reparti intensivi. Per Utic la tariffa per posto letto era 136.057 euro: con 5 posti accreditati, il totale indebito è calcolato in 680.265 euro. Nel 2016, alle “funzioni non tariffabili” furono erogati complessivamente 3.305.627 euro alla clinica; nel 2017 stanziati 2.943.275 euro (con 680.285 euro per UTIC), poi sospesi benché liquidati il 6 marzo 2019.
Difese respinte: niente “ombrello” penale
Failla ha chiesto la sospensione del giudizio in attesa del penale. La Corte ha respinto: processo contabile e penale sono “autonomi e reciprocamente indipendenti“, la sospensione ex art. 106 c.g.c. è eccezionale e qui non ricorre la pregiudizialità tecnica. “Le due azioni, penale ed erariale, correnti in parallelo, non sono alternative”, afferma il Collegio richiamando giurisprudenza consolidata.
Respinta anche l’eccezione di legittimazione passiva: per i giudici, Frontera e Failla hanno avuto un ruolo determinante nell’accreditamento Utic (conferma 2014, rinnovo 2015) e nella gestione dei flussi SDO che hanno gonfiato il tasso di utilizzo dei posti accreditati, incidendo sui budget. Non vale invocare la competenza dei medici per gli spostamenti dei pazienti: la mancata attivazione dei 5 posti UTIC attiene alle scelte amministrative. “Il direttore generale era responsabile dell’individuazione e del mantenimento dei requisiti per autorizzazione e accreditamento”, scrive la Corte, escludendo esimenti organizzative.
Prescrizione e “occultamento doloso”
La prescrizione (quinquennale) è stata rigettata. In presenza di condotte dolose che occultano il danno, il termine decorre dalla scoperta. Poiché l’azione erariale muove dal penale e l’informativa GdF è stata acquisita dalla Procura contabile il 3 febbraio 2021, la decorrenza è da tale data (non dal 5 aprile 2019, giorno della notitia criminis in Procura ordinaria e coperta da segreto istruttorio). “In caso di indagini penali il segreto istruttorio rende impossibile conoscere il danno fino al rinvio a giudizio o all’archiviazione”, richiamano i giudici.
Le prove: testimonianze interne e perizia CTU
La motivazione insiste su atti e dichiarazioni: monitor spenti, stanze 302-303 adibite formalmente a UTIC ma usate come ordinaria, pazienti critici in Utipo; e sulla Ctu penale che ha verificato assenza dei requisiti minimi Utic e prestazioni non di tipo Utic pur qualificate come tali nelle SDO. “L’Utic non è stata mai resa operativa“, si legge nella ricostruzione delle testimonianze dei cardiologi.
“Dolo erariale” e niente potere riduttivo
Riconosciuto il dolo erariale: per la Corte, la consapevolezza della non operatività Utic e la costruzione di un’apparenza (anche “accendendo i monitor” in occasione dei controlli) integrano l’elemento soggettivo. Conseguenza: non c’è spazio per il potere riduttivo dell’addebito. “La natura dolosa della condotta esclude l’uso del potere riduttivo”, scrive il Collegio.
La sentenza rileva che, a differenza di altre strutture, presso Villa S. Anna non vi fu sopralluogo Asp per i requisiti tecnologici e strutturali: scelta organizzativa che ha reso impossibile rilevare l’assenza de facto dei posti Utic. Questo profilo ha generato anche un procedimento penale separato a carico del coordinatore della Commissione aziendale per l’accreditamento. “Il sopralluogo non è mai stato eseguito“, ricorda la Corte, sottolineando l’impatto sull’effettiva conoscibilità dei fatti.









