Catanzaro. Processo d’appello Rinascita Scott. Pittelli condannato a 7 anni e 8 mesi, assolto Giamborino, 2 anni a Naselli

I giudici della Corte d’appello di Catanzaro hanno emesso la sentenza nel maxi processo Rinascita Scott contro le cosche di ‘ndrangheta della provincia di Vibo Valentia. Una sentenza che arriva a distanza di sei anni dall’inchiesta della Dda di Catanzaro: era il 19 dicembre del 2019. Quel giorno, nel corso dell’operazione che vide in prima fila carabinieri e polizia, furono arrestate 334 persone. In primo grado gli imputati sono stati 338, 207 dei quali condannati dal Tribunale di Vibo Valentia con pene che variano dai 30 anni ai 10 mesi di reclusione. Gli imputati nel processo di appello sono 206.

Pittelli condannato a sette anni e otto mesi

L’ex parlamentare di Forza Italia, Giancarlo Pittelli è stato condannato a sette anni e otto mesi. Pena rideterminata, esclusa l’aggravante mafiosa. La Dda di Catanzaro aveva chiesto 14 anni di reclusione. Pittelli in primo grado era stato condannato a 11 anni. Pietro Giamborino, ex consigliere regionale del Pd, invece, è stato assolto a fronte di una richiesta di condanna a 20 anni di reclusione con l’accusa di associazione mafiosa e traffico di influenze illecite. In primo grado Giamborino era stato condannato a un anno e sei mesi per il solo traffico di influenze illecite (adesso è caduta anche quella) e assolto dall’accusa di appartenere al locale di ’ndrangheta di Piscopio. Il carabiniere Giorgio Naselli è stato condannato a 2 anni (richiesta di condanna di 6 anni). Tenente colonnello, Naselli all’epoca dei fatti comandante provinciale a Teramo. Non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per il finanziere Michele Marinaro (richiesta di condanna 10 anni).

30 anni a Mancuso, assolto Pasquale Bonavota

Il cuore del processo era rappresentato dai presunti capi delle principali cosche vibonesi. Per Luigi Mancuso, ritenuto il perno della ’ndrangheta vibonese, la Procura generale ha chiesto 30 anni di reclusione, così come per Antonio Giuseppe Accorinti, boss di Zungri. Condanne confermate anche in Corte d’appello.

Pene pesantissime erano state sollecitate anche per la cosca di Sant’Onofrio: è caduta l’associazione mafiosa per Pasquale Bonavota,  storico esponente dell’omonimo e potentissimo clan, che ha quindi incassato l’assoluzione. In primo grado era stato condannato a 28 anni. Pene rideterminate per Domenico Bonavota (23 anni e 6 mesi), Nicola Bonavota (17 anni e 6 anni) e Salvatore Bonavota (12 anni). Richieste severe erano state invocate per Saverio Razionale, indicato come il boss di San Gregorio d’Ippona, e per Rosario Pugliese, detto “Cassarola”, figura emergente della ’ndrangheta vibonese secondo l’accusa. Entrambi sono stati condannati a 21 anni.

Nel procedimento figurano anche diversi collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni hanno rappresentato uno dei nodi più delicati del giudizio d’Appello. Tra questi Andrea Mantella, condannato a 8 anni, e Francesco Fortuna (10 anni).

Ampio spazio è stato dedicato anche al fronte economico, ritenuto dall’accusa parte integrante del sistema mafioso. Tra i nomi più noti quello di Gianfranco Ferrante, ex gestore del Cin Cin Bar, al quale è stata rideterminata la pena scesa a 14 anni e 2 mesi. Sconto di pena anche per l’imprenditore Mario Lo Riggio, 7 anni e 2 mesi.