Catanzaro, riqualificazione Villa Margherita. Bevilacqua scrive a Fiorita: “Ascolti le associazioni: basta affari col cemento”

LETTERA APERTA AL SINDACO DI CATANZARO DI PIERO BEVILACQUA, SCRITTORE, STORICO E SAGGISTA 

“Caro Nicola, caro sindaco,

come catanzarese che vive altrove, ma che continua ad avere a cuore le sorti della sua città natale, mi permetto di rivolgermi direttamente a te per alcune iniziative che l’amministrazione da te guidata si appresta a intraprendere. Mi riferisco al progetto di restauro di Villa Margherita. Premetto che per correttezza, stando io lontano ed avendo informazioni indirette sulla questione, mi limito ad osservazioni di carattere generale. Avanzerei quindi una questione di metodo e una di merito.

Per il merito credo che un’amministrazione democratica come l’attuale, se interviene su un patrimonio storico della città non può non ascoltare il parere dei cittadini e soprattutto dei cittadini “informati”: vale a dire delle associazioni interessate alla conservazione e cura dei beni pubblici cittadini, come ad esempio Italia Nostra. L’osservazione di merito nasce da una preoccupazione. Da anni in Italia sotto lodevoli progetti di “rigenerazione urbana” si è in realtà proceduto a forme devastanti di cementificazione. Milano è l’esempio più clamoroso di questa pratica truffaldina, gloria di una borghesia parassitaria che, anziché creare ricchezza e servizi, saccheggia il bene pubblico del territorio. Queste forme retrograde di fare affari col cemento non sono più né sostenibili, né tollerabili. Occorre che le amministrazioni democratiche assumano un punto di vista culturalmente più avanzato nella gestione della città, che non è un aggregato di edifici, ma un ecosistema. Oggi occorre essere consapevoli che ogni kg di cemento è un peso in più che si aggiunge al suolo, ogni cm di cemento incrementa di una frazione la temperatura urbana, accresce l’impermeabilità del suolo e la circolazione del particolato nell’atmosfera.

Dunque, l’idea di costruire nella Villa Margherita un edificio al posto dell’attuale casa del custode e un palco nell’attuale vasca delle papere, a me sembra, rientrare- sia pure nelle forme non devastanti assunte in tante città d’Italia – in una logica di cementificazione di cui la città non ha bisogno. Personalmente considero apprezzabile l’attenzione e la volontà di valorizzare il centro storico di Catanzaro – svuotato da una politica dissennata che ha distrutto il piccolo commercio e disseminato di abitati varie aree suburbane – ma occorrono obiettivi più ambiziosi che costruire qualche locale in più di ristorazione”. Fonte: La Nuova Calabria