“Catanzaro, vi racconto la mia odissea di 10 ore al Pronto soccorso dell’ospedale Pugliese”

Buongiorno,

scrivo questa mail per raccontare la mia esperienza traumatica presso l’Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro e il suo Pronto soccorso.
Il 3 settembre mi sono recato presso il reparto otorino per una visita in seguito alla comparsa di capogiri sempre più frequenti nell’arco della giornata, dopo la visita e le “manovre” effettuate dal medico, mi è stata prescritta una Risonanza magnetica per essere certi che non ci fosse altro.

Intorno alle ore 11:20 mi reco presso l’ufficio ticket dell’ospedale, la struttura è proprio accanto al “Pugliese-Ciaccio”. Intorno alle 11:25 inizio ad accusare forti capogiri che non accennavano a diminuire accompagnati da forte senso di nausea e instabilità. La guardia addetta alla sicurezza che era lì presente si accorge della cosa e mi fa accomodare su di una sedia. Nel frattempo contatto mia madre, la quale era fuori in auto ad aspettare che prenotassi la Risonanza magnetica, mi faccio portare nel bagno della struttura in quanto non riuscivo a reggermi in piedi e inizio a vomitare dentro il lavandino (per fortuna).

La guardia, di nome Gaetano, assisteva alla scena supportando me e mia madre. Vedendo le mie condizioni il sig. Gaetano, che non smetterò mai di ringraziare, chiama il 118 per dire loro che mi stavo sentendo male e non potevo né tenere né gli occhi aperti né muovermi. La risposta del 118 è stata: non è competenza nostra, chiamate il Pronto soccorso. Il signore ha chiamato il Pronto soccorso per dire anche a loro quanto stava accadendo, e la risposta del pronto soccorso è stata: non è competenza nostra, chiamate il 118, oppure portatelo voi con una sedia a rotelle.

Inutile dire che la cosa non era possibile perché appena mi muovevo di un millimetro il malessere aumentava, ero addirittura costretto a tenere gli occhi chiusi per non accentuare il fastidio. A quel punto la guardia  ha suggerito di chiamare i carabinieri perché né 118 né Pronto soccorso erano disposti a collaborare. I carabinieri dopo aver sentito mia madre disperata al telefono perché ero accasciato sul lavandino senza possibilità di muovermi, hanno trasferito la chiamata al 118, che ha insistito nel dire che sarebbe venuto il Pronto soccorso a prendermi. Tutto ciò accadeva all’interno di una struttura adiacente all’ospedale, il Pronto soccorso invece si trovava a circa 300 metri da lì.

Alle ore 12:30 (quindi un’ora dopo) arrivano alcuni Oss che mi mettono su una barella, e notano che ero completamente fradicio per via dei sudori dovuti al malessere. Nel tragitto che va dall’ufficio ticket al Pronto soccorso ho vomitato più volte… Sono stato accettato nel Pronto soccorso alle 12:36, ho dovuto aspettare un’ora accasciato sul lavandino del bagno. Una volta giunto in pronto soccorso non mi è stato fatto alcun esame clinico, nemmeno un elettrocardiogramma, per quello ho dovuto aspettare ben 5 ore…

Sono stato abbandonato su di una barella dentro una stanza, ricoperto dal mio stesso rigurgito, costretto a tenere gli occhi chiusi per non aumentare la sensazione di nausea. Ho chiesto più volte alle infermiere e agli infermieri qualcosa per la nausea ma nessuno si avvicinava. A lungo ho chiamato qualcuno che mi aiutasse ad alleviare almeno il senso di nausea, sono stato ignorato. Ho chiesto più volte di avere un “pappagallo” per poter andare in bagno perché non urinavo dal mattino, anche qui non sono stato ascoltato.

Sentivo alcuni medici dire: se parla non sta poi così male… Solo alle 17:30 mi viene fatto un elettrocardiogramma (tempo nel quale sentivo il cuore sbalzarmi fuori dal petto). Dopo le relative visite ho chiesto al medico otorino che mi stava visitando se potessi avere qualcosa per la nausea e se potessi andare al bagno, lui stesso si è stupito che non mi avessero ancora somministrato nulla né dato qualcosa contro la nausea da quando ero arrivato.

Alle 19 circa vengo rimandato in Pronto soccorso per le terapie richieste dal dottore e chiedo di nuovo un “pappagallo” per poter urinare. Ho aspettato oltre mezz’ora per poter svuotare la vescica perchè nessuno riusciva a trovare un “pappagallo” disponibile. Ho sentito un infermiere dire in dialetto: “si vole si aza e và au bagno, mi rumpiu propriu i cugghiuni cù stu pappagallu, sinnò mentitici nu pannolone”.

Sono stato trattato peggio di una pezza da scarpe, chiamavo gli infermieri che entravano nella stanza per dire che la flebo era terminata, oppure per chiedere di poter sollevare lo schienale della barella, ma con tanti infermieri ed infermiere che entravano ed uscivano dalla stanza, venivo ignorato. Attraverso l’utilizzo dei comandi vocali del telefono (perchè non riuscivo ad aprire gli occhi per via delle vertigini) riesco a chiamare mia madre che aspettava fuori e le segnalo che mi avevano lasciato lì con la flebo terminata e che nessuno mi ascoltava. Mia madre riesce ad intrufolarsi dentro e a segnalare la cosa agli infermieri che le hanno risposto: avete delle prove?

Qualche minuto dopo uno specializzando oppure un Oss mi chiede se volessi andarmene. Ovviamente per quanto lo volessi, avevo ancora forti vertigini e non ero in condizione di andarmene. Dopo la mia risposta, lo specializzando infastidito mi ha risposto: “E allora statti lì”. Fuori lo sentivo dire agli altri colleghi che servivano altre barelle… svelando così l’arcano del perché volessero che me ne andassi.

Ore 21:30 circa, vengo dimesso con la diagnosi di Neurite vestibolare. Ho chiesto anche questa volta aiuto agli infermieri per aiutarmi a sedermi perché ero stato disteso tutto il giorno, ma anche qui si sono rivelati poco collaborativi dicendo a mia madre che poteva benissimo farle lei queste cose. Appena vengo messo in posizione seduta verso le 22, inizio a vomitare senza sosta. Segnalata la cosa agli infermieri, si presenta una dottoressa e dice: “Ah ormai le dimissioni sono fatte”. Dopo l’insistenza di mia madre riusciamo a convincere i medici a somministrare un’ultima fiala di Plasil.

Leggendo il verbale di pronto soccorso (sì, l’ho fatto ora perché prima gli occhi facevano troppo male per leggere), noto con sorpresa che nella dicitura “Modalità di arrivo”, viene riportata la scritta: mezzi autonomi (sono stato trasportato in barella, e la barella di certo non è un mezzo autonomo). La seconda incongruenza sta nella dicitura “Inviato da”, nel quale hanno scritto: decisione autonoma. Sentirsi male dentro l’ospedale mi pare una decisione autonoma.
Scrivo ciò per far capire che la sanità al Pronto soccorso dell’ospedale “Pugliese-Ciaccio” è inesistente, nessuna attenzione per il paziente, nessuna umanità, è uno scandalo, e ancora ci si stupisce della violenza dei familiari dei pazienti nei confronti del personale medico. Visto quanto succede direi che è normale avere certe reazioni, non avrei mai pensato di dirlo. Tornato a casa, sono stato costretto a letto per qualche giorno, e ora nonostante stia un po’ meglio, il mio malessere non è ancora passato del tutto e ci vorrà del tempo.

Lettera firmata