di Adriano D’Amico
Se è vero come è vero che la musica popolare da sempre riempie le piazze delle feste patronali e delle sagre, è altrettanto vero che i cantautori non sono da meno, anzi, qualche volta anche loro ci riescono a portare la gente in piazza; certo non parliamo dei grandi cantautori italiani, nemmeno degli artisti pop di fama nazionale, più semplicemente di artisti locali spesso hanno successo oltre il proprio paese, la provincia di appartenenza, ed in alcuni casi la loro regione.
E’ il caso di Vincenzo Barretta, al secolo Cecè, diventato un vero e proprio fenomeno musicale; e da Rocca di Neto, piccolo comune del crotonese, porta la sua musica in giro per la Calabria, rappresentando l’amore, i sogni e l’anima della sua terra.
In tanti storceranno il naso rispetto ad un attacco del genere, dove il termine è indicato in senso giornalistico, ma i numeri non lasciano scampo: ormai per i suoi concerti occorre il placet della Prefettura; va garantito l’ordine pubblico, ma non perché ci potrebbero essere problemi legati ad episodi di violenza o quant’altro; solo perché c’è davvero tanta, ma tanta gente; in uno degli ultimi concerti, precisamente nel piccolo comune arbereshe di San Giorgio Albanese, che ha meno di mille abitanti, pare ci fossero 6 mila persone; il dato si commenta da solo: Cecè Barretta, piaccia o meno, è un fenomeno musicale.
In considerazione di ciò, affascinato da sempre da fatti e/o personaggi che coinvolgono il Popolo, la gente; che riguardano il sociale, agli inizi del mese di settembre ho inviato ad una ventina di persone: artisti, musicisti, poeti, giornalisti, intellettuali a vario titolo, prevalentemente di sinistra, un messaggio watsapp di questo preciso tenore: “Carissimo, scusami se ti disturbo, sto scrivendo un pezzo per Iacchite’ e vorrei la tua opinione. Ti dico, in anticipo, che apprezzo molto la tua musica e le cose che dici, mi riferisco anche al sociale ed al politico, e ti considero facente parte di un area politica vasta, che definisco, senza se e senza ma, Sinistra. La domanda è questa: “Cosa ne pensi di Cece’ Barretta e come mai, a tuo avviso, i suoi concerti sono strapieni di popolo, di gente, a discapito di tanti altri concerti, ove si esibiscono cantanti “impegnati” più o meno noti ?”. Invierò la stessa domanda ad una decina di cantautori/poeti/intellettuali calabro/arbereshe. Le vostre risposte resteranno anonime se vorrete. Un caro saluto. Adriano D’Amico”.
In molti hanno risposto. Luigi Fabbricatore, artista poliedrico, già frontman della Peppa Marriti Band, dice: “… Ho la sensazione, per citare il buon vecchio Prince, che questo sia il segno dei tempi … un vuoto pneumatico “riempito” da decadi di doping televisivo coatto, dove lo spirito critico è stato completamente annichilito, per non dire dello sfacelo espresso dalla scuola … lo sgretolamento della famiglia … Ora venendo a mancare questo solido background, è evidente che non c’è più la voglia di curiosare, approfondire, conoscere; rimane tutto in superficie, perché per curiosare, approfondire etc. significa dannarsi con sangue, sudore e lacrime: e serve tempo. E oggi non c’è più tempo. Oggi tutto è diventato fast: fast food, fast thinking, fast learning etc e quindi anche la musica è diventata fast … per citare Goya: “El sueño de la razón produce monstruos” ovvero ‘Il sonno della ragione genera mostri’ … l’etimologia del lemma “monstruos” quindi ‘mostri’, deriva dal latino “monstrum” che significa evento straordinario, fenomeno etc.; e la cosa curiosa è che il senso della stessa parola, ha un’accezione sia positiva che negativa” Concordo con tante cose detta da Gigi: è tutto fast, anche la musica; ma vorrei andare oltre il suo ragionamento.
Francesco Scaravaglione, cantautore e musicista arbereshe è netto nel suo giudizio: “… il suo successo dipende dal tipo di musica che fa, tra taranta, pizzica e la nostra tarantella segue un po’ le orme di altri personaggi forse più di spessore come Cavallaro e Papandrea … che a loro volta sono stati sicuramente ispirati dal successo della notte della Taranta che a quanto sembra, negli ultimi anni ha influenzato anche cantanti nazionali di spessore come Elodie, Mengoni, Madame etc …”.
Michele Trotta è un intellettuale arbereshe che vive a Cosenza e si occupa di una miriade di cose che più o meno gravitano nel variegato mondo della cultura: “ … Per me il problema non è l’impegno … per me il problema è l’appiattimento del gusto, poi, buh, forse è lo zeitgeist, e Cecè Barretta è quello che la gente vuole. A me Cecè Barretta non piace, ma non lo disprezzo, mi spiace che il suo successo appiattisca la percezione della musica folk che si produce … Forse il problema è tutto lì: operai, studenti, impiegati e altri hanno perso il gusto della complessità e della scoperta”. Giustissime considerazioni: appiattimento del gusto che fa il paio con il fast poc’anzi citato e poi la considerazione abbastanza pericolosa secondo cui il popolo avrebbe perso il gusto della scoperta.
Per Ernesto Iannuzzi, decano dei cantautori arbereshe: “… Probabilmente la gente ha voglia di questo per dimenticare i tanti problemi da cui siamo sommersi … Forse ha saputo cogliere il momento e/o gli è andata bene per caso. La vita è strana. Basti ricordare che anni fa al Festival di Sanremo è stata eliminata la canzone “Ciao amore ciao” di Luigi Tenco, (una canzone impegnata sull’emigrazione) ed è andata in finale “Fin che la barca va…” cantata dalla Berti. Io dopo la terza tarantella non riesco ad ascoltarlo ma il popolo è sovrano e bisogna rispettarlo comunque, anche quando sceglie la Meloni...” . Ernesto introduce un elemento importante il Popolo, la gente, che ha voglia di queste cose, che bisogna rispettare sempre e comunque; quindi quella richiesta di musica leggera che ha tanto spopolato con la canzone di Colapesce e Di Martino. Ma voglio andare ancora più avanti.
Angelo Bobo Conte, frontman della Peppa Marriti Band dice: “… Se una canzone diventa popolare e piace a tante persone, qualcosa c’è. La musica per me, oltre espressione di sentimenti e idee, è anche divertimento e oggi la gente ha voglia di divertirsi. Per questo credo che bisogna anche accettare i gusti della gente e che il fenomeno di Cece Barretta per me non è una sorpresa … proprio per quello che dicevo prima, che se una canzone arriva a tanta gente, significa che qualcosa arriva …”.
Fabio Guido, frontman della Spasulati Band è molto franco: “… Partiamo dal punto che quando qualcuno fa qualcosa in questa terra calabra che riesce ha sempre il mio apprezzamento totale, appartiene a quella schiera di tarantellari che ha fatto chiudere un capitolo socio-musicale, quello che dagli anni 80 agli inizi del 2000 era riuscito a portare cultura musicale anche in generazioni nuove … oggi la musica suonata è morta …”. Interessante lo spunto sulla musica suonata, che si contrappone a quella mascherata che ci propinano i social; ma andiamo avanti. Adriano Minisci, musicista di livello, non può che parlarci di musica: “… Non siamo di fronte ad un fenomeno nuovo … è semplicemente cambiata la forma della partecipazione … i social amplificano e così si crea il fenomeno. La musica impegnata ha da sempre avuto meno seguito, ma non dipende da Barretta, dipende dal fatto che per capirla ed esserne partecipi bisogna impegnarsi di più. Se la qualità della musica fosse direttamente proporzionale al successo che ottiene, ascolteremmo tutti sempre e solo jazz …”.
Rocco Marco Moccia cantastorie calabro-arbereshe, lo definisce: “… un fenomeno sociale … non fa musica popolare, è un neo melodico calabrese … utilizza una testualità molto semplice, musica orecchiabile, … riesce ad avvicinare le masse, il popolino medio basso”.
Molto sommessamente, non credo che il problema sia culturale; nel senso che non credo che l’approccio ad un concerto di Cecè Barretta sia direttamente proporzionale al grado culturale del suo fan; sarebbe come dire se il Popolo sbaglia cambiamo il Popolo; più semplicemente il Popolo è stanco, ma non della musica in se; è in atto, a mio avviso, uno strano fenomeno, che se volessimo utilizzare un termine poco consono per identificarlo, diremmo schifa: la gente comune, il Popolo, schifa tutto ciò che, seppur in maniera mascherata, è direttamente o indirettamente legato all’impegno: quello che avrebbe dovuto risolvere i tanti problemi che attanagliano la società; a dirla con parole più semplici e forti: la gente comune, il Popolo, ha i coglioni pieni di parole e di promesse, rivelatesi vuote, ed è portata a ripudiare tutto ciò che glielo fa ricordare, anche con la musica e chiede: “… un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente, anzi leggerissima …”, con buona pace di tantissimi bravi artisti, che non hanno alcuna responsabilità e spesso pagano colpe non loro.
Di conseguenza il Popolo preferisce Iu nun ti pozzu amari e Tarantella i da famijja, canti populisti più che popolari, alla musica d’autore ed a quella realmente folk popolare, però direttamente o indirettamente collegata a persone, fatti, ideologie considerate, a torto o a ragione, causa dei mali della società; la vogliamo dire tutta: la crisi della musica impegnata è strettamente collegata alla crisi della politica e dei partiti; la gente associa il cantautore, il gruppo impegnato, di sinistra soprattutto, alla mala politica, quella che, secondo un sentire diffuso, gli avrebbe rovinato l’esistenza.
Hanno ragione? Certamente no! Ma non hanno neanche torto; perché se è vero come è vero che la musica c’entra poco o niente con la mala politica; è altrettanto vero che quest’ultima, la mala politica, ormai occupa tutto il Parlamento; da destra a quella sinistra che ha abdicato da tempo, passando per il centro, ed è il vero cancro della società.