Cetraro, dietro lo stallo per la caserma dei carabinieri c’è il “solito” clan Muto: nomi, cognomi e indizi

di Saverio Di Giorno

A seguito dell’ennesimo omicidio avvenuto a Cetraro e dell’ultima clamorosa intimidazione con annesso incendio doloso a Ecologia Oggi, tutta la città si chiede: ma perché la caserma dei carabinieri non si riesce ad aprire? Quello che abbiamo trovato è che la situazione è al momento in una procedura fallimentare – cosa da non sottovalutare – ma, più interessante, attraverso un giro societario è riconducibile ad alcuni indagati nell’operazione Coffee Break.

Chiaro? La caserma dei carabinieri (non un palazzo qualsiasi) nella città simbolo del clan Muto, costruita da una società in parte riconducibile a persone finite nella rete di un’indagine (poi prescritte per decorrenza dei tempi) riguardante riciclaggi vari, insieme ad altre persone ritenute dalle procure vicine allo stesso clan. Quantomeno, particolare. Ora veniamo, a grande richiesta, a ricostruire l’organico e i dettagli mancanti e altri che se ne aggiungono.

L’eterna vicenda dei permessi

A fine 2001 c’era una società di Scalea che aveva chiuso il contratto per la costruzione. Subentra però una società – Ottagono srl – che ha sede a Vicenza. Tale società costruisce effettivamente l’immobile. È tuttora ben visibile, vista mare. Il permesso dal demanio arriva nel 2017. E qui comincia una querelle con il Demanio che la revoca, la società contesta e tutto finisce di fronte alle autorità. Si parla di occupazione abusiva, si contestano mancati pagamenti. Il vero epilogo della vicenda è la situazione fallimentare nella quale versa dal 2019 la società (Ottagono srl). Un fallimento davanti al Tribunale di Paola, luogo privilegiato per il fallimento delle attività, ma ci arriveremo.

Una società che pare specializzata in costruzioni di edifici del genere per forze dell’ordine e con un capitale non molto alto.

Il resto forse è anche più interessante: la storia della società vicentina in realtà è solo una parte. Anzi una metà. Seguendo la scia del denaro troviamo che questa società ha due anime: una vicentina (al 2022) in mano a tale C.M. vicentino, appunto. L’altra anima è invece a sua volta un’altra società, questa però registrata a Paola, in via Cavour e riconducibile a tale De Seta. Questa con capitale ben diverso.

Da ulteriori approfondimenti, il De Seta rientra tra gli indagati dell’inchiesta Coffee Break del 2009. L’operazione riguardava illeciti quali usurariciclaggio di denaro sporco e false fatturazioni, che in poco tempo aveva prodotto un volume d’affari da oltre 40 milioni di euro. L’inchiesta giunta al primo grado nel 2011 ha visto la prescrizione per il proprietario di questa azienda per decorrenza dei termini, ma insieme a lui e meno fortunati con condanna in primo grado c’erano nomi noti sul territorio quali Massimo Aceto, Iacovo, Agostino Briguori. Nomi più volti collegati dalle cronache e dai tribunali al clan Muto.

Altri particolari e le domande

Da confronti veniamo anche a sapere l’immobile è stato costruito anche in deroga speciale ai vincoli, proprio per la speciale destinazione d’uso. Abbiamo deciso di approfondire. Questo significa che o vanno i carabinieri o l’immobile va demolito perché è stato costruito in deroga ai vincoli. Un accordo fatto davanti alla prefettura. È probabile che sia questa, oltre agli sconfinamenti dell’area demaniale una delle possibili criticità rinvenute nei controlli e non è detto che emergano altri dettagli da questa vicenda.

Intanto: cosa ne pensa la procura? Com’è possibile che Diamante riesce ad avere una caserma (per la Polizia questa volta) pagata milioni dal comune e nessuno riesce a sbloccare la vicenda cetrarese. La pulizia e i regolamenti di conti di questi mesi sono un ricambio dell’ala militare, dal momento che il “tesoro” dei Muto e i loro collegamenti nel Cosentino e sulla costa sono ben custoditi nelle casseforti di aziende in apparente fallimento? E sull’uso delle procedure fallimentari tra Paola e Cosenza per salvare patrimoni ci torneremo, Molto presto.