Concerto di Capodanno: chini a vo’ cotta, e chini a vo’ cruda

Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. I gusti sono gusti, e questo non è negoziabile. Ognuno ha i suoi gusti sul cibo, sull’arte, sul teatro, sullo sport, sulla musica. A volte condivisi, a volte no. Raramente ci si trova “tutti d’accordo” su questo o quell’argomento, piatto, poesia, opera, canzone. C’è chi ama questo e chi ama quello. A ciascuno la propria sensibilità. L’emozione non è uguale per tutti. C’è chi si emoziona ad ascoltare il silenzio e chi gli AC/DC. Del resto il mondo è bello perché è vario. E la varietà, com’è naturale che sia, non manca certo a Cosenza.

Così come succede ogni anno, il “pre-concerto” di Capodanno in città, recuperato all’ultimo secondo, è caratterizzato dalla diffusa polemica sul nome del cantante. Quest’anno tocca a Mario Biondi. Roba Blues, Jazz, Soul. Una voce che evoca scenari alla New Orleans anni ’50, e scorrazzate in auto insieme ai Blues Brothers. Un gigante, è alto 1,96 m, nell’interpretazione alla Jemisbraun. L’imitatore perfetto di Reiciarls, con il fascino  e l’ugola di Aritafrenklin. Per restare in ambito italiano si potrebbe definire una specie di Fausto Leali, più internazionale però, un Drupi senza capelli e con la barba, l’altra metà di Zucchero, un nero a metà, o mancato. Insomma un artista di quel genere di musica (Jazz e giù di lì) che Checco Zalone quando l’ascolta si chiede sempre “ma che cacchio di musica è questa?”.

Ora, c’è chi la considera “musica di nicchia” per soli radical chic, chi invece musica colta che ben rispecchia la cultura della nostra città. È questione di gusti. A chi piace non se lo perderà, a chi non piace sceglierà altro, oppure coglierà l’occasione per ascoltare qualcosa che non conosce. Dicevano i latini: “de gustibus non est disputandum”. Che tradotto in cosentino recita così: chini a vo’ cotta, e china a vo’ cruda. Così è, e così sempre sarà. Buon anno a tutti.