Conte scommette sullo strappo: ministri e “governisti” lo frenano. E Di Maio rischia l’”effetto Tafazzi”

(DI LUCA DE CAROLIS – Il Fatto Quotidiano) – Giuseppe Conte sospetta che mercoledì l’avversario, Mario Draghi, non chiederà un voto di fiducia. “E forse questo potrebbe cambiare i nostri piani, ancora” sussurra un esausto big in serata. Ma nella consueta giornata di saliscendi emotivi, la rotta dell’avvocato per ora è ancora quella. Strappare, chiuderla comunque vada con questo governo. È la sua scommessa, preferibilmente per starsene all’opposizione, con il nemico perfetto Draghi ancora lì, a Palazzo Chigi. Ma l’ex premier ormai contempla anche il voto anticipato, la puntata da dentro o fuori, “tanto il Pd alla fine l’accordo sui collegi dovrà farlo con noi” sono convinti Conte e il suo cerchio più ristretto.
Però per giocare le sue carte l’avvocato deve correre, riuscendo a tenere assieme il M5S che rischia di sfarinarsi in poche ore, un Movimento dove i ministri rifiutano di dimettersi, il capogruppo alla Camera gli convoca contro un’assemblea dei deputati – oggi alle 15 – e i governisti aumentano, evidenti come una ferita. “Si rischia un’altra scissione” ammettono gli stessi grillini. Mentre Luigi Di Maio diffonde comunicati come la voce delle sirene e spera di reclutare a breve altri dieci o venti dei suoi ex colleghi, anche per proporsi come l’alternativa di governo ai ribelli a 5Stelle, come il Movimento di quelli responsabili. È questo, il piano di gioco in cui si muove Conte, quello che ha spinto Draghi a dimettersi con il non voto dei suoi senatori sul decreto Aiuti.

Lui e i suoi cinque vicepresidenti vogliono – vorrebbero – imboccare la strada della sfiducia, della rottura definitiva, “perché ora tornare indietro non verrebbe capito dalla nostra base e dalla gente” riassume un contiano. Andare fuori. Magari dopo aver avuto il via libera dagli iscritti sulla piattaforma SkyVote. Un voto che qualcuno aveva proposto per lunedì, ma che è tornato in bilico, “perché rischiamo di dare un alibi troppo grande a Draghi così, di commettere un errore tattico” sostengono alcuni. Di certo la via verso l’opposizione è lastricata di botole. Perché i governisti o comunque gli scontenti del Movimento sono tanti e spesso di nome. Rumorosi, anche nel tesissimo Consiglio nazionale di giovedì sera. “A un certo punto temevo che si mettessero le mani addosso”, butta lì un parlamentare. Di sicuro si è fatto sentire, ancora una volta, il capogruppo alla Camera Davide Crippa, che in tutte le riunioni da settimane si esprime contro l’uscita dal governo. Lo ha fatto anche giovedì notte, in una riunione segnata da urla. Ma dalle parole, ieri, Crippa è passato alle contromosse, convocando per oggi un’assemblea che i contiani hanno letto come una chiamata a raccolta dei governisti, quasi tutti nel gruppo di Montecitorio. “La prima assemblea dopo la scissione di Di Maio la fa proprio ora…” scandisce un dirigente. Crippa però non è certo l’unico big a protestare. Giovedì notte è tornata a seminare dubbi sulla rottura anche l’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, la veterana che Conte vorrebbe giocarsi in campagna elettorale.

Ed è stato duro anche l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, l’uomo che ha portato Conte nel Movimento. “Se si fa la crisi in un momento come questo serve una linea di comunicazione chiara a tutti, non possiamo cambiarla un giorno sì e l’altro pure” ha morso. Ma la ferita che pulsa ora è il no dei ministri al passo indietro. Nonostante il M5S abbia provato a smentirlo, ieri i contiani hanno davvero chiesto ai tre ministri a 5Stelle, Federico D’Incà, Stefano Patuanelli e Fabiana Dadone, di dimettersi (“Dobbiamo discuterne”). E di farlo lunedì, annunciandolo con una conferenza stampa. Ma dall’altra parte hanno trovato un muro. Altissimo, innanzitutto da parte di D’Incà, che nell’ennesimo Consiglio nazionale di ieri ha espresso “forte preoccupazione per la situazione in cui si trova il Paese”. Mentre sull’Agi rimbalza anche una frase di Patuanelli, che sempre in Consiglio avrebbe confermato la necessità di confermare la fiducia a Draghi.

Anche su questo passaggio, piovono smentite – informali – dal M5S . Però vari grillini confermano: “Stefano lo ha detto”. Questa mattina, nuova seduta del Consiglio nazionale. Per cercare un punto di equilibrio, in tutto questo.