Partiamo da un presupposto: i presidenti e i soci delle cooperative sociali di tipo B “devono” avere avuto situazioni gravi di disagio o essere stati detenuti in passato proprio perché questo prevede la logica che ha dato vita all’intervento. Certo, magari non per tutti ma almeno per una quota significativa all’interno di ogni cooperativa.
A Palazzo dei Bruzi, da quando è morto Giacomo Mancini, nessuno è stato più in grado di gestire la situazione. Ma da quando si è insediato Occhiuto, se ne sono viste veramente di tutti i colori.
“Nel gennaio 2013 il sindaco Occhiuto – si legge in una lettera che abbiamo ricevuto in redazione – non rinnova i contratti alle 47 cooperative che lavorano per il Comune di Cosenza dal lontano 1997. Il sindaco, in particolare, sospende per due mesi l’attività delle cooperative salvo poi rinnovarla, di mese in mese, fino alla scadenza della gara d’appalto”.
“Intanto – prosegue la lettera -, l’amministrazione, nella persona della dirigente Maria Rosaria Mossuto, richiede le certificazioni antimafia. Iniziano a cadere le prime teste scomode, ovvero i presidenti delle cooperative che non hanno appoggiato il sindaco alle elezioni. E così, invece di sospendere, eventualmente, i presidenti e far continuare i soci, si sospendono in toto le cooperative senza dar loro la possibilità di eleggere un nuovo presidente. Così facendo, hanno lasciato senza stipendio anche i soci”.
L’attuale sindaco ha avuto problemi molto seri con tre presidenti di cooperative. Parliamo di Maurizio Rango, Ivan Trinni e Mimmo Plateroti, tra l’altro arrestati proprio per le denunce presentate dal sindaco. E assolti dalla procura di Cosenza. Lasciando crollare interamente tutto il farneticante (quello sì) teorema accusatorio di Occhiuto.
Qualche mese dopo gli arresti, però, all’indomani di un diverbio tra Trinni e il collaboratore del sindaco Giuseppe Cirò, il presidente di cooperativa era stato pesantemente pestato da Rango e alcuni suoi uomini proprio per “vendicare” l’affronto subito. Il pentito Foggetti avrebbe dichiarato che a pestarlo sono stati lui, Rango e Daniele Lamanna. E che l’ordine è partito direttamente dal sindaco Occhiuto.

Occhiuto, dunque, ha preso in mano le redini delle cooperative e ha dato il via a una sorta di repulisti generale.
Sono così cadute le teste di molti presidenti di cooperative di tipo B (una decina) attraverso l’escamotage di una interdittiva antimafia spiccata dalla prefettura. Prima mesi e mesi di attesa per poterla esibire e poi la mazzata della decapitazione delle cooperative. Con la risoluzione delle convenzioni comunali.
Il destino di presidenti e soci? “Parcheggiati”, nella migliore delle ipotesi, in quelle superstiti. Che sono state affidate a un supervisore di fiducia del sindaco, magicamente vincitore di tutti gli appalti relativi ai lavori da affidare alle cooperative. Con massima libertà di non pagare i 6-7 mesi di stipendi che i lavoratori hanno perso aspettando… la prefettura.
Una soluzione autoritaria, che ha messo in seria difficoltà almeno una decina di famiglie.
Il metodo usato dal sindaco è veramente spietato, per come ci viene raccontato nella lettera.
“… Per mesi il Comune ha evitato di trovare una soluzione, risparmiando così bei soldini alle spalle di persone senza altre fonti di sostentamento. A un certo punto, nel mese di ottobre del 2013, invece, arriva la decisione di far assorbire le cooperative interdette nelle cosiddette “cooperative sane”. Va doverosamente ricordato, tuttavia, che da un misero stipendio di 908 euro lordi (620 euro al netto delle tasse, senza calcolare il tornaconto dei presidenti…), il sindaco Occhiuto fa togliere anche il 3% invocando una richiesta di predissesto finanziario, alla quale non seguirà mai quella di dissesto. E così lo stipendio si riduce a 580 euro netti…”.
Siamo quasi arrivati alla “resa dei conti” e all’inizio del 2014 il sindaco Occhiuto si toglie definitivamente la maschera.
“… L’amministrazione – continua la missiva che abbiamo ricevuto in redazione – dichiara a questo punto di non poter più rinnovare i contratti con gli affidamenti diretti (tutti al di sotto della soglia dei 40mila euro) e indice una serie di gare d’appalto. Con le gare vengono a cadere tutti i diritti acquisiti dalla cosiddetta “riqualificazione” voluta a marzo 2011 e quindi prima delle elezioni vinte da Occhiuto, dall’assessore Francesca Lopez (giunta Perugini)”.
Il resto è, purtroppo, la cronistoria di una triste “guerra tra poveri” innescata ad arte da Palazzo dei Bruzi e dal viscido Occhiuto.

“… In un primo tempo tutti i presidenti, in pieno accordo, cercano di produrre ricorso al Tar ma qualcuno boicotta questa idea. Si tratta proprio di quel qualcuno che verrà favorito sfacciatamente dal sindaco nelle gare d’appalto e al quale, successivamente, come ditta/cooperativa, verranno deliberati ulteriori affidamenti diretti. Tra i soci delle cooperative questo personaggio (del quale comunque nella lettera non si fa il nome, ndr) viene definito il “lecchino del sindaco”.
Morale della favola: a giugno 2014 si comincia a lavorare con le “ditte” vincitrici delle gare (ma le “ditte” altro non sono che cooperative “aggiustate”… senza finalità di lucro). Con questo sistema, grazie al potere che il sindaco ha conferito al “lecchino” e agli altri suoi “compari”, ci troviamo di fronte a una completa sottomissione dei lavoratori con tanto di minacce di licenziamento, ferie e malattie negate, abusi sul Tfr e sulle tredicesime per non parlare del giro di soldi sconosciuto alla maggior parte dei soci”.
Questo il testo di una lettera inviata al sindaco da uno dei presidenti.
“… Purtroppo, in età molto giovanile, mi sono macchiato di alcuni peccati e di questo faccio ammenda. Questi miei peccati, però, risalgono alla fine degli anni 80 e da allora mai più sono incappato nella commissione di reati e le mie pene sono state tutte espiate. Negli anni 90 ho avuto la fortuna di potermi inserire nella bella iniziativa che lo Stato ha intrapreso grazie alla legge sulle cooperative sociali, che mi ha consentito, per il tramite del Comune di Cosenza, di poter lavorare onestamente. E così ho dato vita alle prime cooperative con la finalità del reinserimento sociale. All’interno di esse ho sempre svolto il mio lavoro con impegno e onestà…
Improvvisamente, a causa di questa informativa antimafia che ha determinato la risoluzione della convenzione per la mia cooperativa, mi ritrovo come se questi anni non fossero mai passati…
Con le mie cooperative, negli anni, ho dato la possibilità di lavorare a più di 50 persone. Oggi, tutto questo non c’è più…
Lo scopo delle cooperative sociali, cioè quello di reinserire soggetti svantaggiati, è stato messo incredibilmente in secondo piano.
La mia dignità, faticosamente ricostruita, è stata sfregiata e quel che è peggio è che anche i miei figli e mia moglie debbano oggi pagarne le conseguenze. Tengo a precisare che ho sempre lavorato nella legalità, ho sempre rispettato i contratti e gli adempimenti preposti e i lavori sono sempre stati portati a termine e i soci retribuiti.
Oggi, socialmente, mi sento un signor nessuno, la mia vita senza un lavoro è stravolta, così come quella della mia famiglia. Tutto questo non è giusto. Chiedo a lei che possa restituirmi la mia dignità che bruscamente e ingiustamente mi ha levato”.