Il destino a volte è quasi beffardo. E così succede che proprio oggi, 9 giugno 2024, ricorre il 13° anniversario della vergogna che ogni coriglianese non può non ricordare e che spesso neanche riesce a dire ovvero lo scioglimento dell’allora Consiglio comunale di Corigliano Calabro per infiltrazioni mafiose. Uno scioglimento inevitabile, visto quello che era uscito fuori dall’inchiesta “Santa Tecla” della Dda di Catanzaro ma per molti versi una storia raccontata a metà perché molti personaggi di spessore sono rimasti fuori da quell’inchiesta e ancora – evidentemente – godono di protezioni molto alte. Ma non si può fare a meno di rilevare che chi ha deciso a tavolino la grottesca ricandidatura di colei che all’epoca era la sindaca, dev’essere davvero uno con la faccia di bronzo, per non dire altro. E il destino – con la sovrapposizione perfetta della data dello scioglimento per mafia e di quella del voto – ha fatto il resto. Di seguito, il decreto 9 giugno 2011 e le parti salienti di questa brutta storia. Che la vittoria di Flavio Stasi cancellerà per sempre dalla memoria della città.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 giugno 2011
Scioglimento del consiglio comunale di Corigliano Calabro e nomina di una commissione straordinaria. (11A08422) (GU Serie Generale n.147 del 27-06-2011)
Considerato che nel comune di Corigliano Calabro (Cosenza), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 6 e 7 giugno 2009, sussistono forme di ingerenza della criminalita’ organizzata; Considerato che tali ingerenze espongono l’amministrazione stessa a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialita’ dell’amministrazione comunale di Corigliano Calabro; Rilevato, altresi’, che la permeabilita’ dell’ente ai condizionamenti esterni della criminalita’ organizzata arreca grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica e determina lo svilimento delle istituzioni e la perdita di prestigio e di credibilita’ degli organi istituzionali; Ritenuto che, al fine di rimuovere la causa del grave inquinamento e deterioramento dell’amministrazione comunale, si rende necessario far luogo allo scioglimento degli organi ordinari del comune di Corigliano Calabro, per il ripristino dei principi democratici e di liberta’ collettiva;
Visto l’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; Vista la proposta del Ministro dell’interno, la cui relazione e’ allegata al presente decreto e ne costituisce parte integrante;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 2011;
Decreta: Art. 1 Il consiglio comunale di Corigliano Calabro (Cosenza) e’ sciolto per la durata di diciotto mesi.
A Corigliano Calabro, si era votato nel giugno del 2009 ed il sindaco Straface fu eletta al secondo turno con il 53,1% dei voti. A distanza di un anno dalle elezioni il sindaco è stato travolto dall’inchiesta “Santa Tecla” della Dda di Catanzaro che, nel luglio del 2010, ha portato all’arresto dei due fratelli, Franco e Mario Straface, insieme ad altre 68 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, estorsione, usura e sfruttamento della prostituzione. I fratelli Straface sono accusati da alcuni collaboratori di giustizia di essere legati storicamente al “locale” di Corigliano, una delle cosche più potenti della Calabria, che opera nell’alto Ionio cosentino. I due imprenditori sono accusati, tra l’altro di un’estorsione compiuta nel corso della realizzazione di un villaggio turistico. Il titolare della società che stava realizzando la struttura, è l’accusa mossa dalla Dda, sarebbe stato costretto da Maurizio Barilari, ritenuto il capo della cosca di Corigliano, ad affidare un appalto milionario, prima per la sola fornitura del cemento e poi per tutta l’opera, alla Straface Srl di Mario e Franco. Dalle indagini erano emersi anche contatti tra il sindaco Straface ed un parente molto stretto di Santo Carelli, ritenuto dagli investigatori il boss e fondatore della cosca di Corigliano, attualmente detenuto perché deve scontare una condanna definitiva all’ergastolo. I contatti, secondo l’accusa, risalirebbero al periodo immediatamente precedente alle elezioni comunali del 2009 e la Dda ritiene che fossero finalizzati a garantire l’elezione a sindaco di Pasqualina Straface.
Due anni e mezzo dopo, la sentenza di primo grado stabilì 55 condanne e 15 assoluzioni. L’allora pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto (sempre lui… non ci si può sbagliare!), al termine della sua requisitoria aveva chiesto la condanna di 73 imputati e molti degli assolti sono stati risarciti dallo stato per ingiusta detenzione. L’inchiesta Santa Tecla aveva portato anche allo scioglimento del consiglio comunale di Corigliano Calabro e ad una inchiesta successiva, che si è conclusa, dopo ben sette anni, con l’assoluzione dell’ex sindaco di Corigliano, Pasqualina Straface.
Sul “groppone” dell’ex sindaca v’erano, in particolare, alcune ordinanze di somma urgenza da lei firmate proprio nella veste di prima cittadina a seguito d’alcuni eventi alluvionali, fatti fronteggiare dall’impresa di lavori pubblici dei propri familiari, imprenditori attorno ai quali ruotarono la maxinchiesta ed il maxiprocesso “Santa Tecla”. Gli altri nove imputati erano invece accusati d’abuso d’ufficio e d’altri reati che si sono prescritti secondo lo stesso magistrato che aveva rappresentato la pubblica accusa, ma in merito ai quali i giudici del collegio penale avevano deciso comunque di assolvere gl’imputati.
Con questo non si vuole dire o dimostrare che non era giusto sciogliere per mafia il Comune di Corigliano: era sacrosanto e giustissimo. Ci sono state comunque condanne definitive per associazione mafiosa riguardanti parenti stretti di Pasqualina Straface ma bisogna anche sottolineare con forza che “Santa Tecla” era un’inchiesta raccontata a metà e a dirla tutta anche male…
Ci furono retroscena letteralmente “ideati” ed “inventati” dalla pubblica accusa in quello che è stato definito il “maxiblitz dei blitz” ovvero quello denominato “Santa Tecla”, dove tra i coinvolti risultavano numerose persone innocenti, arrestate tuttavia nel fatidico giorno dell’operazione naturalmente sempre dallo stesso pm Luberto. E puntualmente risarcite dall’erario dopo aver constatato che si trattava dei soliti abbagli del magistrato.
Perché tutto questo? Semplicissimo: solo per favorire alcuni famigerati delinquenti incalliti della cosiddetta “Corigliano bene”. Tanto per citarne alcuni: Pino Curto il gioielliere, Pietro Paolo Oranges l’imprenditore, Cataldo Russo, Giacomo Russo e altri. Questi dovevano essere i veri imputati di Santa Tecla ed invece – come da scontato e vomitevole copione – furono fatti passare per “persone offese”!
Vi formiamo alcuni dettagli sui rapporti tra la “Corigliano bene” e chi – almeno sulla carta – dovrebbe garantire la giustizia e l’imparzialità. A partire dalla truffa di stato operata da Pino Curto nei confronti di un noto vivaista di Corigliano, il cui processo è ancora pendente presso il Tribunale di Castrovillari. Per continuare con il costoso e pregiato orologio che Pino Curto, tramite uomini dell’apparato dello stato, recapitò come regalo di Natale al pm Luberto, facendo il verso a personaggi come Luciano Moggi quando doveva “comprarsi” gli arbitri ai tempi della Juve… E ancora le spavalde e sfacciate gite in barca dello stesso Curto col pm Luberto e le rispettive famiglie. Certo, non è un reato né regalare orologi e né fare gite in barca ma va da se che un magistrato serio, per elementari ragioni di opportunità, non dovrebbe prestarsi a tali “giochini”. Ma tant’è…
LE FOTO DIMENTICATE
A questo punto, è più che mai opportuno tirare fuori dall’archivio un illuminante servizio di Sibari TV relativo al 2012 nel quale – anche sulla scorta di un plico anonimo inviato ai cronisti qualche tempo dopo gli arresti – si chiarivano alcuni aspetti importanti legati all’operazione Santa Tecla.
Ecco il testo integrale di quel servizio televisivo con le relative foto “dimenticate”.
Oltre il botto dei “soliti nomi”, ecco la nuova bufera esplodere in un tuono fatto di carta, francobolli e fotocopie: tutto anonimo ma pesante assai. Prima cominciano a girare delle lettere su presunti aiuti politici ai più furbi imprenditori della zona, gente che fa i soldi mendicando – pare – nelle segreterie centriste dello Jonio: insomma, nuove puttane doc.
Poi si punta su qualcosa di più concreto perché forse c’è chi ha paura che su certi episodi la memoria sia troppo debole così che alcuni siano i cattivi delle favole e altri siano i falsi buoni della situazione.
Santa Tecla e dintorni: ecco le immagini dimenticate. Un plico anonimo raggiunge i cronisti e chiede chiarezza. Leggiamo insieme: “Ci sono persone che tirano la pietra e nascondono la mano, a Corigliano Calabro lo sanno fare tutti. Neppure il processo di Santa Tecla ha smascherato queste cose, e così alcuni sono visti come dei banditi e altri fanno i santi. Vi mando delle foto in cui potete vedere la verità. Sono fotografie che i giudici conoscono benissimo, le hanno nelle carte del processo e nella provincia di Cosenza non lo sa nessuno che ci sono state queste cose qui. In queste foto potete vedere Mollo e Barilari con i loro amici alle feste e ai ristoranti e nelle palestre.
C’è il signor Russo, il politico, e il signor Curto, il gioielliere. Ma come? Dicono che solo i fratelli Straface frequentano questi mafiosi… e queste foto allora? Sono fotomontaggi? Io vi mando queste foto perché non è giusto che la verità venga detta sempre a metà e spero che voi giornalisti la raccontiate tutta per fare giustizia nella provincia di Cosenza. Che se no tutto resta sempre uguale. Firmato: un cittadino deluso dallo stato”.Eccole le foto. Ci sono eccome Mollo e Barilari: sorridono tranquilli in pose spesso conviviali: feste, cene, avvenimenti sportivi… Nulla di particolare, niente di incredibile o di segreto: la vita quotidiana di persone come tante altre… sono scatti rubati alla normalità. Ci sono loro e i loro parenti, collaboratori e amici. Che ci sta di clamoroso in queste foto in cui tutti sorridono e si abbracciano? In teoria nulla, in pratica no…
La cosa comincia a diventare pesante perché Mollo e Barilari, piaccia o meno ai loro avvocati, non sono per niente due cittadini normali. Sono quantomeno chiacchierati, come si dice in questi casi sono in odor di mafia… E’ il caso allora che ci sia chi – protagonista della vita pubblica coriglianese – intrattenga con questi due personaggi dei rapporti così stretti?
Chi ci manda le foto dimenticate non ha dubbi: certo che non è il caso che succeda quanto è testimoniato nei flash in questione. Rileggiamo di nuovo insieme: “…C’è il signor Russo, il politico, e il signor Curto, il gioielliere. Ma come? Dicono che solo i fratelli Straface frequentavano questi mafiosi… e queste foto allora? Sono fotomontaggi?…”. No, non sono fotomontaggi, sono foto vere e le hanno i carabinieri e la procura: questi galantuomini per anni sono stati amici della ‘ndrangheta e quando non gli è servita più hanno denunciato i vecchi compari. L’accusa è seria e pesante ma le foto non lasciano scampo, parlano da sole. C’è stato un tempo non molto lontano in cui Mollo e Barilari si sono circondati della crema della società locale come se nulla fosse.
Per troppo tempo insomma politici, imprenditori e finanche uomini dello stato fanno culo e camicia con i due. Ci sono inchieste in corso, in città tutti sanno dei sospetti peggiori che pesano sulle spalle dei due presunti boss ma c’è chi non si cura di tutto ciò e con Mollo e Barilari ci va a festeggiare, a mangiare, a farsi fare le fotografie.
Attenzione, in posa non ci stanno soltanto questi due: altri personaggi noti ai cronisti di nera fanno bella mostra di se stessi in questi scatti fotografici. Anche loro frequentano senza problemi quei luoghi e quegli ambienti in questione. Si può pensare che anche costoro abbiano un minimo di familiarità con gli insospettabili di cui parliamo e tutto a cuor leggero senza che nessuno ne abbia fastidio: il fotografo riprende e loro sorridono.Che fine fanno queste fotografie? Finiscono nelle carte dell’operazione Santa Tecla e lì restano, dimenticate appunto. Mai una menzione pubblica quando il caso esplode nel tritacarne del giornalismo calabrese, nessuno ha interesse a renderle pubbliche, né i cronisti se le vanno a cercare. La sensazione è che ci si accontenti della crocifissione dei soliti fratelli Straface, chi ha avuto comunque frequentazioni con certa gente si eclissa tra le carte dimenticate nei tiretti di magistrati e avvocati. Peccato, perché qualche dubbio ci resta in questo modo, a cominciare da chi – da imprenditore – fino all’altro ieri ha festeggiato e scialato con Mollo e compari e poi ieri li è andati a denunciare. Cos’è successo? Forse non lo sapremo mai, come non avremmo mai saputo nulla di queste foto così particolari. Chi ce le manda ci spiega il motivo della sua scelta in questa maniera, rileggiamo ancora il passaggio finale.
“… Io vi mando queste foto perché non è giusto che la verità venga detta sempre a metà e spero che voi giornalisti la raccontiate tutta per fare giustizia nella provincia di Cosenza. Che se no tutto resta sempre uguale…”.
E’ una frase fatta e non ci diamo peso: è ovvio che all’anonimo mittente di questo plico tutto importi tranne che fare giustizia… L’obiettivo è quello di alzare un nuovo polverone su certi rapporti tra sedicenti insospettabili e ‘ndrine, si vuole urlare alla città di non addormentarsi di nuovo e tenere gli occhi bene aperti.Chi spedisce queste foto a mezza città e perché lo fa soltanto adesso? Ecco l’ennesimo mistero dell’affaire Santa Tecla, che resta una ferita aperta ancora oggi nonostante le prime sentenze processuali andate già in archivio. La vicenda sa tanto di partita aperta, è come se si fosse al cospetto di una storia raccontata a metà, appunto. E ora quelle foto inviate ai giornalisti sono un nuovo capitolo da digerire in fretta per sapere davvero cosa è successo a Corigliano negli ultimi anni, per capire soprattutto se ancora può succedere o sta accadendo qualcosa del genere. Così da levarsi ogni peggior dubbio possibile dalla testa.