La presenza di Otello Lupacchini in prefettura a Cosenza è il segnale dell’importanza del momento storico che si vive in questa nostra Calabria corrotta. Lupacchini sceglie per la sua prima uscita pubblica a Cosenza la conferenza stampa dell’operazione Flumen luto, fiume di fango, che sta ricostruendo tutta l’incredibile vicenda di malaffare e corruzione alla base dell’alluvione del 12 agosto 2015 a Corigliano-Rossano. Lupacchini è il procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro e in questo senso (ecco perché è presente) è il “capo” del procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, con il quale coordina i lavori del briefing con i media.
I dettagli dell’operazione sono impressionanti: 195 indagati (http://www.iacchite.com/corigliano-rossano-alluvione-2015-lelenco-dei-195-indagati/), 100 sequestri di abitazioni, abusivismo dilagante, deviazioni del corso dei fiumi, addirittura ricorso al condono per sanare le posizioni giudiziarie. Un macello. Facciolla ha fatto appendere su una parete i particolari del disastro ambientale provocato dal sistema del potere politico. Sono immagini girate da un satellite nelle quali sono documentate tutte le nefandezze procurate all’ambiente da politici e burocrati con la complicità di aziende che hanno per forza legami con la criminalità organizzata.
Quando il comandante dei carabinieri gli passa la parola, lo chiama “Lupinacci” e la circostanza offre il destro al magistrato per sussurrare – tra il serio e il faceto – che ci deve essere qualche “manovra di oscuramento” nei suoi confronti. Per poi chiosare che, però, chi oscura potrebbe “inciampare sugli zatteroni”. Un simpatico, per noi dolcissimo, siparietto che ha fatto da preludio alla lucida analisi del procuratore.
“Questa indagine è la denuncia della provvisorietà di un territorio fragile e delle disinvolte operazioni umane di manipolazione del territorio, che hanno messo a rischio l’assetto idrogeologico dell’ambiente e gli stessi abitanti. Gli effetti di queste manipolazioni hanno portato a intere modificazioni del territorio, a deviazioni dei corsi d’acqua e all’abbandono di altri per portare a termine i loro affari”.
Lupacchini sottolinea che non vuole puntare il dito contro nessuno in particolare e fa bene perché altrimenti potrebbe sembrare un’operazione “studiata” per punire o azzoppare qualcuno. Ma il coinvolgimento di Oliverio e Occhiuto, tanto per citare i “big” del lungo elenco dei 195 indagati, piuttosto che essere lo specchio di qualche loro interesse particolare, è la fotografia di un sistema degenerato che coinvolge tutta la politica e non certo solo una parte. Tutti colpevoli, nessuno escluso.
Il procuratore di Catanzaro sceglie poi uno dei casi-limite degli abusivismi accertati dall’inchiesta ovvero quello della vasca di laminazione ricadente lungo il Torrente Leccalàrdo, di cui si è abusivamente appropriato un privato, che oltre a colmare la vasca con piantagioni di agrumi, vi ha realizzato addirittura un edificio in muratura. E rimarca i restringimenti dei corsi d’acqua “in misure intollerabili”.
“Non siamo davanti alla cattiveria della natura – ha aggiunto – ma a forzature delle situazioni ambientali da parte dell’uomo. Siamo davanti alla degradazione dell’ambiente, non solo statico, dei territori accoppiato a un vero e proprio inquinamento, determinato dallo sversamento delle condotte fognarie all’interno di fiumi e torrenti. Siamo davanti alla certificazione dell’insuccesso delle attività di prevenzione. Mentre venivano eseguiti i sequestri è stato accertato come nonostante quanto successo negli altri anni si continuasse a costruire in spregio alle regole. A questo punto è meglio capire quando si verificheranno altri episodi gravi”.
“L’ambiente è in uno stato di degradazione generale molto grave – ha concluso Lupacchini – e tutto quanto dipende dalla umana insipienza che ha agito senza minimamente pensare alle conseguenze, ed è grave che il tutto sia continuato anche dopo le esondazioni”.
L’ultimo atto della prima uscita pubblica di Lupacchini a Cosenza è quasi paradossale, come del resto tutta l’informazione calabrese. Il procuratore – che comunque è stato bene informato da Facciolla – risponde alle domande dei media che hanno come riferimenti politici e imprenditoriali Mario Occhiuto e il costruttore rossanese Lapietra ovvero due degli indagati di questa operazione. E torna come sempre l’alibi dei “posti di lavoro”. Sì, dei posti di lavoro. Perché, per giustificare questo disastro ambientale, sollevano ancora l’alibi del “lavoro”. Così vanno le cose nella Calabria Saudita (e non solo, purtroppo).