“Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è favorevole”. Ed è quello che in queste ultime settimane succede a Cosenza. Un casino che non ti dico.
Quello che doveva essere il giorno della riconciliazione e dell’unità, per il nascente partito della nazione, è diventato il giorno dell’odio e della separazione.
Se il buon vecchio Mao fosse ancora in vita, in questa situazione di caos, avrebbe di sicuro piazzato uno dei suoi come candidato a sindaco. Magari una persona seria, onesta, capace e credibile, che direttamente dalle barricate sarebbe salita a Palazzo dei Bruzi, proprio perché la “situazione è favorevole”.
Una specie di terza via ai due poli contrapposti che si scannano. Il quadro che si è delineato, a Cosenza, contiene l’occasione perfetta per liberarsi definitivamente di ogni tipo di fezza che con la politica ci mangia da sempre alle spalle dei cittadini.
Ma a Cosenza, purtroppo, non c’è né Mao, né una società civile, né movimenti politici capaci di proporre una vera alternativa all’indegno mercimonio che da decenni si fa della cosa pubblica. Ogni esperimento in tal senso è sempre miseramente fallito. Segno evidente che la commistione tra il politico intrallazzatore e i suoi votanti è forte e non c’è ideale o opinione che tenga di fronte a questo legame. Non si spezza facilmente.
Perché ognuno di questi deve qualcosa al politico o è in attesa di ricevere qualcosa. Fin quando la loro, la nostra miseria non sarà superata, non ci sarà mai libertà. Niente cambierà. Bisognerà, forse, aspettare un’altra generazione, con la speranza che anch’essa non sia cresciuta nell’apatia, nel qualunquismo e nel bisogno.
La cronaca politica cittadina in questi ultimi giorni è piena di eventi e aneddoti importanti e meno importanti, ma indicativi di un rapporto teso, nervoso, agitato, tra i partecipanti alla Santa Alleanza Civica, che è sfociato in una vera e propria lotta tra bande. Bande politiche che da anni tengono in ostaggio la città. Ognuno vanta la propria piccola forza e il pacchetto di voti che ne deriva. E nessuno è disposto a cederlo gratis. Proprio perché non esiste nessun senso civico. Niente di quella che alcuni, a Cosenza, si ostinano a chiamare “politica”, è fatta per la città o i cittadini.
Il problema di questi giorni, dopo l’incoronazione di Presta come candidato del PD e di altre forze politiche, è come ricucire con i dissidenti. In pratica, quello che i paoliniani vogliono far passare come un problema politico e di democrazia altro non è che una richiesta ben precisa di tipo economico.
Già, perché gli ex consiglieri che non hanno sottoscritto il documento a favore di Presta, hanno il problema di come ricollocarsi per continuare ad esercitare il ruolo di consigliere che qui da noi è visto come un lavoro. Escluso qualcuno ovviamente.
Questo è il problema: hanno capito che con Paolini la possibilità di essere rieletti in consiglio diventa difficile, se non impossibile, e allora armano questa finta guerra politica per salvaguardare il loro patrimonio, sperando che così facendo qualcuno li ascolti e si riapra il tavolo delle trattative, non sul nome, ma sul quantum.
Vogliono essere risarciti oppure avere la sicurezza di essere candidati. Siccome Presta ha detto che non vuole “professionisti della politica” nelle sue liste, questo ha creato scompiglio e agitazione. Ma Presta, mi pare di aver capito, che non li vuole nelle sue liste civiche non nelle liste degli altri che lo sostengono.
Per cui, se questo è il vostro problema, la questione si risolve subito. Chi ha il bisogno di essere rieletto perché non ha un lavoro a cui tornare, si può candidare nelle liste del PD, di Italia dei Valori, del Psdi, di Giacometto, di Incarnato e anche di altri che sicuramente si metteranno a disposizione. Così nessuno resta fuori.
Poi, per le altre cose, andando vedendo. E il problema è risolto.
Con il cinghiale invece la questione si fa complicata perché lui non si accontenta di un posto in consiglio per i suoi, ma pretende di avere il vicesindaco. Cosa che, se concessa, costituirebbe un precedente importante a cui potrebbero aggrapparsi, giustamente, anche gli altri. Io penso che alla fine anche il cinghiale dovrà accontentarsi, altrimenti addio alle deleghe e tutti a casa.
Renzi è stato chiaro con Tonino: io ti dò una cosa a te e tu mi dai una cosa a me. Vedremo come finirà, sempre che nel mentre non arrivi la Legge a mettere le cose a posto, facilitando l’operazione unità e chiudendo definitivamente i giochi. Vida tu cumu simu arridutti!
GdD