Cosenza 2016: Paolini&de Cicco, c’eravamo tanto amati

Che non ci sia alcun freno inibitorio si sa, che il linguaggio politico si sia trasformato in turpiloquio non è una novità.

Ma dimostrarsi così spudoratamente se stessi è veramente da brivido. A questo punto forse è meglio la recita da “parvenu” che l’evidenza della “tamarria” più arrogante e becera.

Certo, Bossi docet col suo “ce l’ho duro” nordista, ma lo scivolone al Sud è un po’ più profondo. Anche perché qui da noi le imposizioni virili, di forza, si traducono in ben altri messaggi, chiari e inequivocabili.

Ma non siamo puristi, camminiamo per strada e riconosciamo le persone da come ci suonano il clacson nel traffico, non ci tiriamo i capelli dalla disperazione, aspettiamo il corso degli eventi per poi tirare le dovute somme che spesso si dimostrano essere peggiori delle aspettative.

Il duello, si fa per dire perché l’antica sfida presupponeva regole di eleganza a priori, si è svolto tra Enzo Paolini, candidato a sindaco e l’ex assessore Francesco De Cicco, capolista di Cosenza Libera con Mario Occhiuto.

occhiuto de cicco

L’arma usata è Fb, un luogo, che è zona franca per spocchia, arroganza e narcisismo, inutile a dirlo. de Cicco (rigorosamente minuscolo perché se le origini nobiliari non si notano, allora si evidenziano) attacca Paolini.

Motivo del commento: la sua alleanza cinghialesca. Una cosa deplorevole, a detta sua. Sconcia. Noi, che dalla nostra base segreta stiamo lì a guardarli, ne abbiamo riportato integralmente il testo.

Non siamo per la censura, Dio ce ne scansi e liberi, per cui non lo abbiamo epurato nello stile né abbiamo inserito alcun commentato, come normalmente si fa nei giornali.

Ed ecco che la cosa più interessante è avvenuta nei commenti. E’ evidente che il campo della battaglia si sposta. Non si parla più di alleanze, ma il tema diventa il “favore personale”.

Quel tanto ambito “piacere” che in altri luoghi e con altre vesti si traduce in “favoritismo”. Ma tutto dipende dalle angolazioni, dai punti di vista a quanto pare.

Ecco cosa si scrivono i due cavalieri.

“L’unico che è venuto al mio studio ripetutamente a chiedere favori personali – che ha avuto – è stato proprio lui. l’autore degli insulti. Con ciò non voglio rinfacciare niente a nessuno, men che meno a lui. Lo dico per confermare l’inossidabile principio secondo il quale non occorre fare del bene se non si è pronti a sopportare il peso dell’ingratitudine”.

Questo è Paolini, indignato e risentito anche perché lui il piacere lo ha fatto e senza ombra di dubbio lo ha fatto per pura etica del bene.

Puntale arriva la risposta di de Cicco.

“A scanso di equivoci, data la mia trasparenza, anche io informo i commentatori che ci leggono, che il favore personale che ti ho chiesto è il seguente: in tanti conoscono la disavventura capitata a mio fratello Alessandro. Bene, mi ero rivolto a te, quale stimato avvocato e importante rappresentate delle sanità privata regionale, affinché mio fratello potesse essere curato in una struttura vicino a Cosenza, in modo da permettere a noi familiari di potergli fare visita più spesso e con maggiore facilità. Tutto qui, era questo il favore personale che ti avevo chiesto e che tra l’altro non è stato possibile avere”.

Pensavate che le diatribe si consumassero per i progetti sulla città? Sulle idee per migliorare la vivibilità di una città difficile, caotica e senza servizi? Magari pensavate che l’attacco fosse veramente sulle dicutibili alleanze? No.

La questione è: ti avevo chiesto un favore e non me lo hai fatto. Ti ho fatto un piacere e non mi sei riconoscente. Questo è il piano del dibattito. Nessun altro.

Questi i livelli: volgarità, arroganza e mu fa nu piaciri?