Cosenza. All’Annunziata come in un film: l’audace truffa dei “soliti ignoti”. Nomi, protagonisti e retroscena

La sanità calabrese è piena di nefandezze di tutti i tipi. I piani per truffare i soldi pubblici toccano il culmine quando c’è la sanità di mezzo e tra i protagonisti non possono mancare i cosiddetti dipendenti “infedeli” che però vanno divisi in due categorie. Quelli che agiscono in nome e per conto del loro padrino politico e quelli che agiscono per i comodi loro. L’ultima tragicomica vicenda della truffa all’Annunziata gonfiando gli stipendi di un gruppo di dipendenti appartiene a questa seconda categoria ed è un concentrato di lucida follia. Tanto per semplificare, siamo ai livelli del celeberrimo film di Nanni Loy “Audace colpo dei soliti ignoti”, dove un manipolo di faccendieri sogna di mettere a segno un’impresa che li avrebbe resi ricchi.

I fatti ormai sono noti e oggi si apprende che anche il porto delle nebbie ha chiuso le indagini denunciando complessivamente 8 persone e sequestrando circa 220 mila euro. Cinque dipendenti del famigerato ospedale dell’Annunziata di Cosenza sono riusciti a introdursi nel sistema informatico che gestisce la compilazione delle buste paga alterandone i contenuti. I dipendenti per mesi avrebbero aumentato i propri emolumenti assegnandosi indebitamente ingenti somme di denaro. beneficiari di emolumenti non dovuti per complessivi 240.000 euro divisi – per quanto se ne sa – non solo tra loro cinque ma anche con qualche altro “ignoto”.

L’accesso al sistema sarebbe avvenuto utilizzando la password di un dipendente. I finanzieri e il personale dell’Azienda avrebbero ricostruito tutti i passaggi.

Una comunicazione interna dell’Azienda Ospedaliera riferisce che si tratta di quattro uomini e una donna, che avrebbero intascato 101.087 euro, 42.159 euro, 26.665 euro, 66.903 mila euro e 7825 euro. 

Due dei cinque nomi li abbiamo già fatti e li ribadiamo anche oggi. Il “regista” dell’operazione o se preferite dell’audace truffa (o colpo) è l’addetto alle buste paga ovvero colui che carica sul terminale centrale tutti gli stipendi dei dipendenti dell’Azienda Ospedaliera, compresi soprattutto i cosiddetti “accessori” ovvero gli straordinari, i festivi, i notturni, la reperibilità e tutto il cucuzzaro. Lui, secondo il tam tam dei corridoi, si chiama Giuseppe Ippolito ed è uno dei dipendenti dell’Unità Operativa Complessa Gestione Risorse Umane. Per essere più precisi, è l’assistente tecnico dell’Ufficio Economico e quindi quello che materialmente carica i dati relativi agli stipendi-base e agli “accessori” dei dipendenti. Non dev’essere stato difficile per lui corrompere chi gestisce il sistema informatico, entrare nel “meccanismo” e iniziare a gonfiare gli stipendi di un gruppetto di dipendenti “infedeli” come lui che si sono prestati al giochetto. Tra questi, tale Francesco Bonanno, un soggetto che rappresenta una famiglia “chiacchierata” che non si sa come (oppure lo si sta troppo bene) è riuscita a piazzare più soggetti nei generosi ranghi della sanità cosentina.

E così Ippolito, d’accordo con questo soggetto borderline e altri tre amministrativi – Francesco Verrino, Luigi Pellegrino, Franco Perri – ha iniziato a gonfiare pesantemente gli accessori agli stipendi dei suoi colleghi, a botte di 100, 200, 300, 400 e 500 euro di straordinari, festivi, notturni e reperibilità non curandosi evidentemente delle conseguenze che avrebbe potuto avere. Il giochino dev’essere andato avanti per mesi senza intoppi ma alla fine qualcuno li ha sgamati. Secondo quanto si apprende, sarebbe stato il capufficio di Ippolito, al secolo Renato Mazzuca, dirigente responsabile del settore economico previdenziale, a smascherare i truffatori bloccando il marchingegno che avevano creato.

Le verifiche compiute sia dai funzionari dell’Azienda Ospedaliera che dai finanzieri hanno consentito di individuare  la persona che materialmente ha compiuto l’accesso per “truccare” le paghe: si tratta, appunto, di Giuseppe Ippolito, assistente tecnico dell’Ufficio risorse umane – sezione economico previdenziale. L’uomo ha usato la propria password e il codice fiscale lasciando traccia evidente nel sistema informatico-compilativo.

Ippolito, tanto per chiarire meglio di cosa stiamo parlando, recentemente è finito agli arresti domiciliari per una vicenda di violenza… Ma si tratta solo di un piccolo dettaglio, considerato il soggetto di cui stiamo parlando.

Il nome “eccellente” invece è quello di un noto faccendiere, l’equivalente di “Capannelle” nella banda dei soliti ignoti, che di mestiere fa il centralinista all’ospedale ma è anche consigliere comunale ed è già stato licenziato più o meno per gli stessi motivi alla Telecom (ex Sip dei bei tempi andati) e in una banca di credito cooperativo. Il suo nome è Roberto Sacco e provoca reazioni miste tra le risate e l’indignazione in chi lo sente nominare. Non c’è certezza sulla cifra che avrebbe truffato.

COSENZA, TRUFFA ALL’ANNUNZIATA: COINVOLTO CONSIGLIERE (https://www.iacchite.blog/cosenza-truffa-allannunziata-coinvolto-anche-il-consigliere-comunale-centralinista-roberto-sacco/)

Il vero e proprio braccio destro del “basista” sarebbe invece Franco Verrino, tecnico della Radiologia dell’Annunziata, al quale in questi mesi sarebbero stati accreditati oltre 100 mila euro non dovuti, che sicuramente ha diviso con Giuseppe Ippolito. il capo della banda.

A stretto giro di ruota troviamo il rappresentante della famiglia “chiacchierata” di cui sopra, al secolo Francesco Bonanno, di professione “commesso”, che non fa certo mistero dei suoi agganci con l’ambiente borderline della città e che, per quanto si è capito, ha addirittura altri due parenti impiegati all’Annunziata, forse due sorelle, che sarebbero entrate di striscio nell’audace colpo. La cifra che avrebbe truffato in combutta con la banda e con i suoi parenti si aggirerebbe intorno ai 40 mila euro. O intorno ai 26 mila euro, se la cifra truffata da Sacco fosse veramente 40 mila euro. In entrambi i casi, anche qui, cambia davvero poco.

La donna della banda, la “Claudia Cardinale” del film di Nanni Loy si chiama invece Roberta Chiarello, dipendente amministrativa, e appartiene alla famiglia che gestiva una nota cartolibreria nella centralissima piazza Loreto. Per lei si dice che la cifra accreditata indebitamente sarebbe di 60 mila euro. E su questo dato pare che concordino tutte le “fonti”.

E così abbiamo fatto tutti i nomi degli appartenenti alla “banda” senza fare sconti a nessuno com’è nostro costume. Come legge del contrappasso, quasi per un beffardo scherzo del destino, l’indagine è stata coordinata dal prode magistrato Bruno Antonio Tridico, del quale Sacco è stato per molto tempo un “collaboratore fisso”. Il consigliere, secondo quanto si è appreso, non sarebbe destinatario di provvedimenti di sequestro così come Ippolito e Bonanno… Come da scontato copione, tutto questo polverone si dissolverà presto come in una bolla di sapone. Siamo in Italia, del resto, non dimentichiamolo. E soprattutto a Cosenza, patria indiscussa del porto delle nebbie. 

PS: vorremmo stendere un velo pietoso sull’impenetrabile riserbo delle indagini…